Testo di Anna Maria Arnesano e Foto di Giulio Badini
Con una serie di itinerari originali e spesso unici, il tour operator milanese “I Viaggi di Maurizio Levi”, specializzato con il proprio catalogo Alla scoperta dell’ignoto in percorsi di scoperta a valenza ambientale e etnografica negli angoli più remoti del pianeta, propone in Asia e Africa incontri con alcune delle più interessanti ed integre minoranze etniche dei due continenti. Nelle provincie cinesi del Fujian e Guizhou un viaggio per incontrare gli Hakka, che vivono in enormi edifici collettivi circolari di terra battuta, e i Miao, le cui donne indossano abiti tradizionali e complessi copricapi ricoperti da ornamenti d’argento, nel nord del Laos le innumerevoli etnie di montagna che convergono a Luang Prabang, protetta dall’Unesco come patrimonio dell’umanità, per celebrare il folkloristico capodanno buddista, oppure in Vietnam dove le isolate popolazioni dell’altopiano settentrionale hanno conservato usi e costumi ancestrali. In Birmania le popolazioni del Triangolo d’Oro e quelle del lago Inle, che vivono in villaggi palafitticoli e coltivano orti galleggianti.
Quell’enorme caleidoscopio ambientale ed etnografico rappresentato dall’India offre al riguardo infinite possibilità, dalle comunità nomadi pastorali del Gujiarat, la terra di Gandi, ai sikh del Punjab dagli incredibili turbanti e gli abiti dagli intensi colori blu e zafferano, dagli ex tagliatori di teste Nocte e Wancho del Tirap e dell’Assam fino alle comunità adivasi celate nelle foreste dell’Orissa, come i Bonda le cui donne sono vestite unicamente da un gonnellino di paglia e da grandi collane. Nel Bangladesh, ignorato dal turismo tradizionale, tra le montagne al confine con la Birmania si possono visitare i villaggi delle popolazioni Charkma e e Bhom, di origine tibeto-birmana, le cui donne indossano abiti piuttosto vistosi. Per l’Africa le foreste pluviali di sud-est del Cameroun, dove vivono i gorilla di pianura, ospitano i pigmei Ba Aka, una delle comunità più antiche del continente. Lo sconosciuto arcipelago delle Bijagos, al largo della Guinea Bissau, oltre ad ospitare i rarissimi ippopotami marini offre popolazioni isolate che praticano riti ancestrali quali l’iniziazione, il culto degli spiriti protettori e danze con maschere zoomorfe.
Nei villaggi fortificati di fango sulle montagne di Togo e Benin vivono i Tamberna ed i Somba, popolazioni che cacciano ancora con arco e frecce, mentre la gran parte della popolazione animista dei due paesi pratica il vudu, una religione che permea ogni momento della vita dei credenti. In Burkina Faso si incontrano i Garunsi, etnia di artisti che concepiscono le abitazioni come monumenti alla fantasia, con architetture in fango di raffinata bellezza e grandi affreschi murali, mentre i Lobi sono famosi per le loro ricercate sculture in legno. Il sud dell’Etiopia è rinomato per ospitare nella valle del fiume Omo un concentrato delle popolazioni più primitive del continente, pastori molti dei quasi vivono completamente nudi con il corpo ricoperto di cenere, mentre le donne Mursi hanno la bocca deformata per la presenza di piattelli labiali.
Dove l’isolamento raggiunge il massimo è certamente nella regione desertica attorno al lago Turkana, tra il nord-ovest del Kenya e il Sud Sudan, stato di nuova formazione, dove vivono le selvagge popolazioni di pastori Turkana e quelle sudanesi dei Toposa e degli Jie, per i quali decenni di guerra hanno consentito di mantenere integri i loro tradizionali costumi ed a continuare a cibarsi unicamente del proprio bestiame; a causa delle condizioni ambientali per visitarli occorre allestire una vera spedizione antropologica. A concludere con quel coacervo di etnie rappresentato dal Madagascar, dai pastori dell’interno con le loro mandrie di zebù fino ai pescatori nomadi Vezo con le loro velocissime canoe a bilanciere.
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