Anche la casa di Peynet, una deliziosa villetta a Juan-les-Pains, Antibes, sulla costa Azzurra, sembra uscita da una delle sue romantiche vignette. Una bomboniera piena di cose zuccherose. Vetrine da cui ammiccano vasi, tazze, cuori e scatole di porcellana dipinte con i suoi disegni di Valentino e Valentina; dappertutto tendaggi, cuscini, trine, table abillé, paralumi.
Su una parete, un enorme quadro porta-foto, con vecchi ritratti di famiglia, tra cui quelli della figlia Annie e della moglie, Denise Damour. Me le illustra una per una, quasi con commozione. Mi accolgono in casa, Raymond Peynet e sua moglie, con un sincero piacere dell’ospitalità e mi mostrano tutto, ogni particolare. La loro storia racchiusa in quelle pareti.
Poi mi accompagnano nel giardino, piccolo, anch’esso senza spazi liberi, solo fiori, tutti diversi, colorati, profumati. Hanno apparecchiato lì la tavola per il pranzo, un posto anche per me, una bottiglia di champagne già aperta e iniziata. Non la giudico mancanza di bon ton, ma un invito a sentirmi in famiglia. E la tenerezza di quella Coppia mi ci fa sentire davvero.
L’uno segue l’altra, con i passi, i gesti, gli sguardi. Valentino e Valentina, penso, ecco chi sono! E ne ho la conferma quando, gustando i cibi che mi offrono, chiedo a Peynet : Come nacquero i suoi fidanzati? “Per caso” mi risponde con grande naturalezza, quasi aspettasse quella domanda. “Nel 1942, a Valence, schizzai sul mio taccuino la sagoma di un kiosque à musique, un gazebo per concerti che stavo ammirando. Disegnai anche i musicisti e gli unici spettatori: una coppia di innamorati. Lui con capelli a zazzera e bombetta, lei con una bionda e femminile coda di cavallo. Naturalmente, abbracciati. In realtà l’ispiratrice del volto di Valentina fu Denise, mia moglie, un omaggio all’amore che provavo per lei. Inviai il disegno all’amico Max Favalelli, allora redattore della rivista Ric e Rac. Il disegno fu pubblicato e i due personaggi divennero subito famosi come Les amoureux, i fidanzatini di Peynet. Eravamo ancora in guerra e in un periodo storico come quello, non certo idilliaco e felice, Valentino e Valentina rappresentavano la forza dell’amore capace di isolare chi lo vive in un mondo a parte, fatto solo di sogni e di poesia. Ricordo che un giorno, sotto i bombardamenti, vidi una coppia di giovani entrare in un portone e baciarsi appassionatamente, incuranti di quello che succedeva fuori. La vita reale spesso è piena di difficoltà, per questo abbiamo sempre bisogno di sognare. La poesia non è tristezza e solitudine, essa vive tra i fiori e la natura. Io ho scelto di disegnare l’amore e la tenerezza. E Amore, per me, è prendersi per mano e andare a spasso insieme”.
Le parole di Peynet, dette, anzi raccontate, come una favola, non mi stupirono neanche un po’, in quel piccolo giardino, in mezzo ai fiori, nel cuore della Costa Azzurra dalla cui mondanità non era mai stato lambito. Neppure il viso di Denise Damour, ormai mortificato dagli anni, aveva perso l’espressione ingenua e sognante di Valentina, il mitico personaggio da lei ispirato quarant’anni prima.
Dalla pubblicazione di quella vignetta del ’42 la produzione grafica di Les amoureux di Peynet fu continua, stampata sui giornali e dipinta su ogni genere di oggetto. Apprezzata e ricercata dagli innamorati che oggi possono ritrovarne la poesia nei due musei dedicati all’umorista: ad Antibes, dove era la sua casa, e a Karuizawa, in Giappone. L’amore dei “fidanzati” per antonomasia, vive imperturbato da oltre settant’anni e continua ad esercitare su molti di noi, giovani e meno giovani, quel benefico influsso dei sentimenti che ogni anno, il 14 di febbraio, si rinnova con fresca ricorrenza.
C’è qualcosa nell’aria, in quel giorno che ingentilisce gli animi e trasforma due persone che si amano nella tenerissima coppia, Valentino e Valentina, creati dalla romantica mente dell’umorista Raymond Peyet, dai quali appunto deriva la tradizione della festa. Perennemente incollati l’uno all’altra, i fidanzati di Peynet vivono in un mondo bucolico disegnato da cuoricini alati, margherite da sfogliare, cupidi con freccia galeotta, casette costruite sull’albero, cieli stellati e spicchio di luna. I due, che ammiccano mielosi dalle infinite vignette, da statuine, porcellane, scatole di cioccolatini e gadget di ogni tipo, sono rimasti l’emblema dell’amore pulito e duraturo. E -Le Kiosque des Amoureux de Peynet- è diventato monumento storico.
Peynet nasce a Parigi, nel 1908, da una famiglia di commercianti. Viene ammesso al Germain Pilon, poi diventato Istituto di Arte Applicata all’Industria, ed è uno dei fratelli Lumière a consegnargli il diploma. La sua prima occupazione è in uno studio di pubblicità e, in seguito, frequenta un decoratore. Infine trova lavoro presso la tipografia grafica Tolmer dove realizza manifesti, illustra scatole per prodotti, disegna l’espositore e il cofanetto del profumo Succès fou di Elsa Schiapparelli. Contemporaneamente, Peynet è impiegato come disegnatore satirico, realizza scene e costumi teatrali, illustra libri. Muore a 91 anni, il 14 gennaio 1999.
Testo di Teresa Carrubba