Di Teresa Carrubba
“Un mare di cultura”, è il titolo accattivante ed esplicativo di un tour voluto dalla Regione Campania con la collaborazione di AIGAE, Associazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche, l’unica riconosciuta dal Ministero dello Sviluppo Economico. Il tour ha coinvolto la stampa internazionale alla scoperta di tutte le aree marine protette della zona: Santa Maria di Castellabate, Punta Campanella, Regno di Nettuno e i parchi sommersi di Baia e Gaiola, con la finalità di incentivare il turismo archeologico subacqueo. “L’obiettivo è valorizzare tale patrimonio sommerso” ha dichiarato Antonio Miccio – Direttore delle Aree Marine Protette di Punta Campanella e del Regno di Nettuno “e contribuire a una diffusione del senso civico sulla sua tutela e salvaguardia in un mondo dove la caccia al reperto archeologico è ancora molto diffusa”. E da proteggere, qui, c’è veramente un ingente patrimonio visto che la Campania vanta ben 80 dei 120 siti archeologici sommersi esistenti da Gaeta fino alla Calabria tirrenica.
E il turismo subacqueo, che in tutte le Aree Marine Protette campane è già assistito da circa 20 diving center che organizzano in media 6000 immersioni l’anno, è certamente un elemento di crescita per l’economia. Ma i diving center forse potrebbero fare molto di più. “Si potrebbe valutare l’ipotesi di dare i reperti archeologici subacquei in affidamento a diving o ad altre società che ne mantengano lo stato di conservazione e ne abbiano ritorno con delle visite guidate” ha dichiarato Alessandra Benini, l’archeologa che ha seguito il tour “Naturalmente ciò presuppone una preparazione scientifica di chi accompagna e materiale esplicativo di buon livello”. Insomma, le potenzialità dei siti archeologici sommersi della Campania che, a buon diritto, fanno “sistema”, sono ancora in parte inespresse ma, con un’adeguata preparazione ed organizzazione degli operatori del settore, potrebbero davvero costituire un punto focale per lo sviluppo economico della regione. Fare “emergere” il sommerso, dunque, alla dignità storico-scientifica che merita.
Area Protetta Marina Santa Maria di Castellabate
La costa cilentana tra Agropoli e Punta Tresino è stata oggetto nel tempo di molti rinvenimenti archeologici. Nei pressi della spiaggia di Santa Maria di Castellabate si osservano impronte semicircolari che testimoniano lo sfruttamento del banco di arenaria per la realizzazione di macine e colonne. A San Marco di Castellabate sono visibili i resti di un molo dell’antico porto romano e lungo la costa tra il porto romano e Licosa sono stati rinvenuti numerosi ceppi d’ancora in piombo, alcuni dei quali con incisioni beneauguranti, e molte anfore che testimoniano un traffico commerciale datato dal V secolo a.C. alla tarda antichità. Reperti esposti nell’Antiquarium. Di fronte al promontorio di Licosa, l’omonimo isolotto conserva tracce di una villa di epoca romana e di una struttura adibita probabilmente alla lavorazione del pesce.
Area Protetta Marina Punta Campanella
Un territorio, questo, dall’aura fortemente legata a miti e leggende. Il promontorio, abitato dai Greci che vi costruirono un tempio dedicato ad Athena, dea protettrice dei naviganti, e gli isolotti de “Li Galli” furono legati alla figura delle sirene mezze donne e mezze uccello che ammaliavano i naviganti facendoli naufragare. Una simbologia per segnalare la reale pericolosità dei fondali della zona, con scogli e gorghi marini. Il tratto di costa da Punta Campanella a Miseno fu descritto da Strabone come una vera e propria città visto il susseguirsi di ville romane di cui oggi restano tracce come mura, ninfei, banchine di attracco. A ridosso della costa nei pressi di Sorrento, sono visibili i resti della villa di Agrippa Postumio e la villa annessa al Bagno della Regina Giovanna, due tipici esempi di ville romane marittime.