Seguici in questo viaggio in Armenia. Forse il destino degli armeni fu segnato proprio dal biblico Noè quando scampò al Diluvio Universale arenando l’Arca sul Monte Ararat.
Salvarsi dalla catastrofe, cadere e rialzarsi. Forse da lì nacque il profondo spirito di sopravvivenza e di continua rinascita di un popolo a lungo tormentato come quello armeno. Oggetto di successive invasioni nei tempi antichi, l’Armenia è stata contesa da Romani, Parti, Bizantini, Medi, Persiani, Arabi e Mongoli.
Poi fu a partire dalla fine del XIX secolo che la durissima opera di snazionalizzazione degli armeni, condotta dalla Turchia in nome dell’affermazione della propria egemonia, culminò, in un vero e proprio genocidio nel 1915. Da allora la “Grande Armenia” che copriva tutta la parte centro-orientale dell’Anatolia, ponte strategico tra Occidente e Oriente, crocevia di grandi civiltà come l’europea e l’asiatica, si è ridisegnata in un Paese grande circa un decimo, incastonato fra Turchia, Georgia, Azerbaigian e Iran.
Viaggio a Yerevan e i suoi dintorni
Yerevan, la capitale, uno degli insediamenti più antichi del mondo. Si rimane sorpresi dalla maestosità di questa città dagli spazi enormi e dalle imponenti costruzioni di gusto sovietico. Impossibile non essere coinvolti dal fascino incredibile della piazza principale, piazza della Repubblica, in cui gravitano le sedi amministrative, il museo Statale di Storia e palazzi particolari come un sontuoso ufficio postale dall’atmosfera mistica come una cattedrale, con tanto di vetrate molate e istoriate.
Da piazza della Repubblica si snodano i rami per il fulcro vivo della città, le vie commerciali ricche di negozi, i giardini, i monumenti. Una città molto giovane e vivace dove i ragazzi sembrano impegnati nella loro crescita sociale anche attraverso la cultura.
Grandi frequentatori del Teatro dell’Opera e del Balletto, simbolo della parte settentrionale della città, inserito in un contesto molto piacevole con parchi, caffè, locali notturni e negozi alla moda. Lunghi viali alberati conducono ai principali centri d’interesse che spesso dominano la città dall’alto quali la gigantesca statua della Madre Armenia in una piazza di stile sovietico, l’emozionante Museo del Genocidio con il suo monumento stilizzato in un piazzale dalla vista spettacolare.
Ancora, la cosiddetta Cascata, un’enorme rampa di scale intervallata da aiuole e cascatelle che divide in due il centro di Yerevan e porta al monumento del 50° anniversario del Soviet dell’Armenia. E la Biblioteca di manoscritti, Matenaradan, un imponente istituto di ricerca e di restauro, oltre che di raccolta ed esposizione, in cui sono conservati più di sedicimila manoscritti miniati dell’Armenia datati dal VII al XV secolo.
E furono proprio i codici miniati il primo strumento di una cultura autoctona grazie alla creazione dell’alfabeto armeno nell’anno 404 da parte di Mesrop Mashtotz, un monaco appunto. Alfabeto visto come “dono di Dio” e quindi subito sperimentato per tradurre la Sacra Scrittura e le opere dei Padri gettando così anche le basi della letteratura armena.
Cultura a parte, c’è anche la Yerevan produttiva, fatta di attività commerciali e fabbriche come quella del Brandy Ararat, famoso e molto esportato, che dà lavoro a molte famiglie armene. La Yerevan Brandy Company, che oggi fa parte del gruppo francese Pernod – Ricard, organizza visite guidate nelle proprie cantine che contengono botti risalenti al XIX secolo, una delle quali doveva essere aperta solo al raggiungimento di un accordo definitivo di pace nel Karabakh.
Da Yerevan, una prima meta può essere il Tempio di Garni, dedicato ad Elio, il dio del sole dei romani, eretto dal re armeno Tiridate I nel primo secolo a.C. e che dopo la conversione al cristianesimo divenne residenza estiva dei reali armeni. Un tempio immerso in una natura ruvida e verdeggiante insieme dove le rocce sono state disegnate dall’acqua e dal vento in curiose lamelle verticali e allineate, simili a canne d’organo. Quasi a raccordarsi con le iscrizioni cuneiformi urartiane risalenti alll’VIII secolo a.C. di cui si trovano tracce. E qui ci sono ancora i resti delle Terme Romane costruite per la residenza reale, soprattutto di un bel mosaico pavimentale che raffigura la dea dell’oceano.
Si prosegue per il suggestivo Monastero di Geghard, fondato nel IV secolo, incastonato in una gola spettacolare. Qui un tempo era conservata la lancia che ha trafitto il corpo di Cristo, ora nel sacro tesoro di Echmiadzin, una sorta di Vaticano armeno. La più antica delle sue chiese rupestri, San Gregorio, risale al VII secolo e rimangono ancora visibili le grotte che ospitavano le celle monastiche. Se si è fortunati, e noi lo siamo stati, in una di quelle grotte si può assistere ad un coro di fanciulle in tunica tradizionale che intonano dolcissimi canti sacri.
Da lì è facile raggiungere il famoso Lago Sevan, a 2000 metri d’altezza. Un lago da cui sono emersi tratti di terra, ora diventati Parco Nazionale, con forti, case e manufatti di duemila anni fa trasformando l’isola di Sevan in una penisola.
All’estremità di questa penisola, con una lunga scalinata si raggiunge la cima della collina. Vale la pena, non solo per la magnifica vista sulle due anse del lago divise dalla lingua di terra, ma per due antiche chiesette, parte di un monastero: Arakelots (Apostoli) e Astvatsatsin (Santa Madre di Dio), che ha un cortile disseminato di croci di pietra, le khatchkar, simbolo per antonomasia dell’arte cristiana armena, anche se, secondo gli studiosi, sembrano ispirate ad antichi modelli di età pre-cristiana. Le khatchkar, splendidi bassorilievi su tavole di tufo, sculture rudimentali e capolavori di miniatura allo stesso tempo, in cui la fede trova la sua più elementare espressione nell’arte e viceversa. Continua… tra poco disponibile la seconda parte del nostro viaggio in Armenia…
Testo e foto di Teresa Carrubba