Sembra uscita da una favola fiamminga, Utrecht, con i ghirigori della sua architettura dai frontoni triangolari che svettano oltre l’edificio sfidando un cielo tenue con i mattoni rossi e i candidi stucchi decorativi.
Utrechtha un fascino immortalato nel tempo che ben si accorda con il silenzio che aleggia nell’aria. Tra le strade senza traffico dove si percepisce appena il fruscìo di alcune biciclette tra passanti discreti e felpati e dove può capitare che un gruppo di turisti segua la sua guida camminando indisturbato al centro della via.
Nell’intrico dei languidi canali alberati su cui scivolano senza rumore barche di ogni tipo dalle quali si apprezza la magnifica architettura medievale, tardogotica e rinascimentale di Utrecht e la sua vivacità nei numerosi locali a pelo d’acqua, sulla banchina, frutto di un sapiente restauro di antichi magazzini usati nel Medioevo per scaricare le merci di un fiorente sistema commerciale, facilitato dall’ingegnosa canalizzazione che percorreva tutta la città.
Oggi l’Oudegracht, il canale vecchio, e il Nieuwegracht, il canale nuovo, sono un prezioso moltiplicatore del turismo che rimane comunque sobrio e non invasivo. Utrecht fu la prima sede vescovile e centro ecclesiastico dei Paesi Bassi settentrionali. Qui nacque e visse l’unico Papa olandese, Adriano VI, eletto nel 1522, anche se la sua missione durò solo un anno.
E qui sorse un gran numero di monasteri e chiese, ma la diocesi venne di fatto sospesa a causa della Riforma dopo l’iconoclastia del 1566. Fu allora che le chiese passarono alle comunità protestanti o vennero adibite a scopi non religiosi. I cattolici si riunivano nelle cosiddette “schuilkerken”, chiese nascoste, come la cappella di Santa Gertrude e la chiesa Mennonita.
Solo nell’Ottocento si ricominciò a costruire chiese cristiane, tra cui la chiesa di Sant’Agostino, la chiesa di San Willibrordo e la cattedrale di San Martino. La conversione di ex chiese cattoliche ad uso prosaico ha offerto ad Utrecht delle realtà singolari come il caffè ristorante Olivier, che della chiesa Maria Minor ha conservato i simboli originali come il magnifico organo, gli arredi sacri e le statue dei santi nelle nicchie.
All’inizio mette un po’ a disagio lasciarsi andare alle prelibatezze della cucina olandese in un luogo così imponente e con tutti i segni della sacralità, ma a sera tarda, quando il locale si affolla in modo esuberante di giovani chiassosi con in mano un boccale di birra, tutto sembra rientrare nei canoni della mondanità.
E sono proprio i giovani la fonte del magnifico contrasto di Utrecht, una città che rievoca i dipinti del Seicento ma la cui vivacità riempie i numerosi caffè all’aperto delle piazze, i piccoli locali lungo i canali, l’immancabile mercato dei fiori del sabato mattina, un vero tripudio di profumi e di colori, e la piazza del Duomo, eletta per consuetudine a luogo d’incontro.
Giovani provenienti anche da altre città per via della famosa Università di Utrecht, considerata tra le più prestigiose del mondo, da cui sono usciti ben 10 Premi Nobel e che conta 65.000 studenti. Le lauree vengono festeggiate in grande stile nello Academiegebouw, magnifico edificio in stile rinascimentale adiacente al Duomo, a cui è stato integrato il Kapittelzaal dove nel 1713 le potenze europee firmarono la pace di Utrecht, che segnò la fine della Guerra di Successione Spagnola.
Ma Utrecht è anche altro. E’, per esempio, la città della riconversione degli edifici con particolare attenzione alle classi meno abbienti. Un esempio è costituito dalle Beyerskameren, nel Lange Nieuwstraat, una volta orfanotrofio, trasformato dal nobile Adriaen Beyer e da sua moglie Maria van Pallaes in abitazioni per i poveri, oggi case di riposo per anziani.
Poi Springweg; tra il Duecento e il Cinquecento era un complesso di case, panifici, botteghe e stalle utilizzati da persone che lavoravano per un convento. Quando questo fu chiuso nel 1580, Cornelis van Myrop, prete del Duomo di Utrecht, trasformò i diversi edifici in piccoli appartamenti assegnandoli ai poveri.
Questi edifici si trovano nei pressi dei cosiddetti “Sette Vicoli” dove tale Ribbius Peletier, proprietario di una fabbrica di sigari, costruì tra il 1840 e il 1860 le abitazioni per i suoi operai, piccole ma comode. Un gesto dell’altruismo di Peletier tramandato anche a sua figlia Anna la quale fece parte del primo partito socialista S.D.A.P nel Senato battendosi per l’introduzione della donna nel mondo del lavoro.
Oggi i Sette Vicoli sono ancora una singolarità di Utrecht; le casette, ora abitate da privati, rimangono dignitose e discrete pur rendendo partecipi i rari passanti della loro intimità familiare grazie a ninnoli e oggetti cari esposti sul davanzale delle finestre. Un segno di ospitalità e di accoglienza espresso anche da cuori o coroncine di fiori appesi alla porta d’ingresso.
Tuttavia, l’emblema di Utrecht rimane il Domtoren, la Torre del Duomo, tra le più belle dei Paesi Bassi, oltre che la più alta, con i suoi 112 metri. Costruita tra il 1321 e il 1382 è dotata di un carillon, molto amato dalla popolazione locale, che il sabato offre piacevoli concerti. La Torre domina la città e la sua cima, visibile da ogni scorcio, emerge dallo skyline di Utrecht quasi ad imporre la sua simbologia. E quel suono ipnotico del carillon penetra nel silenzio, tra i vicoli, nelle case e nella mente accentuando l’atmosfera fiabesca e sognante della città. Un suono che dagli inizi del Novecento fu molto presente nelle vie grazie agli organi di strada, sontuose costruzioni meccaniche che sprigionavano musica “letta” da una scheda perforata.
Una tradizione degna di un vero artigianato artistico raccolto nel Museum Speelklok dove si viene proiettati in un fantastico mondo musicale generato da monumentali organi da strada, orologi con carillon, pianole e casse armoniche.
Testo e foto di Teresa Carrubba