Testo e foto di Anna Alberghina
Impossibile condensare in poche righe la storia di una terra che ha visto transitare condottieri ed eserciti, sorgere e cadere imperi e che ha influenzato per millenni la cultura di molti popoli.I luoghi interessanti sono innumerevoli. Non basterebbero mesi per scoprirli tutti. In questo viaggio decidiamo di visitare la Cappadocia e parte dell’Anatolia sud-orientale, ove, maggiormente, potremo apprezzare lo straordinario connubio fra cultura e bellezze naturali. Da Istanbul, poco più di un’ora di volo ci trasporta in Cappadocia dove ci aspettano case, chiese e villaggi scavati nella roccia.
Uno straordinario patrimonio di testimonianze rupestri realizzate tra il V ed il XIV secolo da monaci e contadini che, per sfuggire a persecuzioni ed assalti, costruirono le proprie dimore nelle formazioni di tufo, modellate dall’erosione, dando vita ad un mondo più vicino a quello delle fate che a quello reale.
Per primi cominciarono i vulcani che, in dieci milioni di anni, depositarono due o trecento metri di cenere e lapilli per fabbricare tufo di tutti i colori, poi vennero il vento e l’acqua per scolpire nell’altopiano le forme più bizzarre, quindi arrivarono gli uomini che, davanti a tanta bellezza, decisero di viverci letteralmente dentro!
Si inventarono un’architettura “in negativo”, ed è difficile immaginare come abbiano potuto ricavare stanze, navate, archi e capitelli, lavorando “per sottrazione”. Il modo migliore per ammirare questi panorami strabilianti è un volo in mongolfiera, quando le prime luci dell’alba tingono di rosa scenografie che sembrano tagliate in una torta millefoglie ed i famosi “camini delle fate” si ergono impudichi, facendo sorridere le signore.
Ed ecco che dall’alto, nel silenzio interrotto solo dal vento, si sorvolano Goreme ed il suo museo a cielo aperto, la rocca di Uchisar, la valle dei piccioni, disseminata di piccionaie, la valle rossa, la valle di Devrent, quella dei monaci. Altrettanto entusiasmanti sono le escursioni a piedi fra canyon, crepacci e pinnacoli per visitare Zelve, la città rupestre, aliena e misteriosa, abitata fino agli anni ’50 o le città sotterranee come Derinkuyu o Kaymakli, imponenti cantine-rifugio, opera della paura.
Nella suggestiva cornice di un caravanserraglio, assistiamo alla danza dei Dervisci Rotanti, chiamati anche “ Semazen”, una simbiosi di arte e forte spiritualità. La parola “ derviscio” significa “ colui che cerca il passaggio” ossia la soglia, l’entrata che conduce da questo mondo materiale ad un differente mondo spirituale.
I Dervisci appartengono all’Ordine dei Mevlevi, una confraternita Sufi, fondata a Konya nel 13° secolo da Mevlana Celaleddin Rumi che dedicò la sua intera esistenza alla ricerca dell’illuminazione religiosa. Il Sufismo propone un’interpretazione dell’Islam focalizzata sull’amore, la tolleranza e l’abbandono dell’ego. Muovendosi al suono di antichi strumenti, i Dervisci eseguono una coreografia sempre uguale che ha lo scopo di condurli all’estasi ed al ricongiungimento con Dio.
Lasciata la Cappadocia, un lungo trasferimento via terra ci porta al Nemrut Dagi, il più alto rilievo della Mesopotamia settentrionale con i suoi 2150 metri. Sulla sua sommità si erge la tomba-santuario fatta costruire intorno al 61 a.C. dal re Antioco I di Commagene, un tumulo di pietre frantumate alto 150 metri e tre terrazze sormontate da statue gigantesche.
I personaggi, alti 9 metri, raffigurano il re Antioco I in mezzo a divinità greche e persiane, all’aquila ed al leone, simboli della dinastia di Commagene. Fulmini e terremoti hanno decapitato le statue e le teste giacciono a terra, sparse ai loro piedi. La leggendaria camera funeraria non è ancora stata ritrovata. Le ragioni che spinsero Antioco ad erigere il santuario monumentale sono ancora avvolte nel mistero e non mancano fantasiose ipotesi che suggeriscono addirittura un contatto con i “viaggiatori delle stelle”.
Ed eccoci, quindi, a Gobekli Tepe, un sito archeologico presso il confine siriano, risalente all’inizio del Neolitico.Vi è stato rinvenuto il più antico esempio di tempio in pietra, costruito più di 11.000 anni fa. Questo monumentale santuario megalitico comprendeva quattro recinti circolari, delimitati da enormi pilastri in calcare. Sono state riportate alla luce circa 40 pietre a forma di T che raggiungono i 3 metri di altezza, incise con raffigurazioni di animali, che hanno permesso di ipotizzare un culto di tipo sciamanico.
La scoperta di Gobekli Tepe è stata rivoluzionaria perché ha dimostrato che la religione è apparsa sulla terra prima della vita organizzata in centri urbani, prima che i cacciatori – raccoglitori si trasformassero in agricoltori stanziali. Tappa successiva Sanliurfa, l’antica Edessa dei Romani, città sacra per tre religioni, luogo natio di Abramo. Qui visitiamo la grotta dove nacque il Profeta e la vasca che ricorda la leggenda secondo la quale egli fu catapultato nel fuoco dal crudele re Nimrod ma salvato da un miracolo che trasformò il fuoco in acqua.
Quindi raggiungiamo Harran con le sue case ad alveare, di epoca biblica e la splendida Hasankeyf destinata ad essere sommersa dalle acque del Tigri una volta ultimata, nel 2014, la colossale diga. Ed, infine, Mardin, con le sue case in pietra dorata che dominano le piane della Mesopotamia e Diyarbakir, la capitale del cosiddetto Kurdistan turco, con la sua cinta di mura in pietra nera e la splendida moschea.
I giorni sono trascorsi troppo velocemente ed il cammino da percorrere sarebbe ancora lungo. Ottima scusa per ritornare.