Testo e Foto di Marco De Rossi
Se non fosse per il clima infame, (anche – 30 l’inverno e + 35 l’estate), Toronto sarebbe una delle città più vivibili del mondo. Di fatto lo è, dato che nell’apposita classifica si piazza sempre ai primissimi posti, insieme a Vancouver e Montreal.
Superato l’impatto clima, si parte alla scoperta di una città che, grigia all’apparenza, si rivela invece multicolore. E quella che sembra una normale metropoli nordamericana, solo cemento, grattacieli e asfalto, piena di formiche umane che camminano a testa bassa con le cuffiette del cellulare per isolarsi dal mondo, è invece una città “altra”.
La prima cosa di cui ci si accorge è la bellezza della razza umana. Niente a che vedere con la moltitudine di obesi che popola gli agglomerati urbani del Nordamerica. Toronto è la città più multiculturale del mondo, priva di quelle enclave etniche che di fatto creano delle città nella città, veri ghetti di isolamento umano. Sono 200 le etnie e 140 le lingue censite.
La tradizionale esilità della popolazione asiatica, ad esempio, stempera la tendenza degli anglosassoni all’ipertrofia, e i risultati si vedono, anche perché la popolazione è mediamente giovane. Disoccupazione quasi inesistente, alla faccia della crisi globale, e qualità della vita elevata fanno di Toronto una meta molto ambita.
Parchi, giardini, musei, metropolitana e rete tranviaria efficientissime, la città sotterranea più grande del mondo dove trovare ricovero l’inverno, sanità pubblica gratuita, diritti civili e personali fra i più garantiti del mondo. Appoggiata sulle rive del lago Ontario, la capitale dello stato omonimo guarda i dirimpettai statunitensi con una punta di snobismo.
A ragione, peraltro. Se a livello di tolleranza razziale e religiosa Toronto è una città faro nel mondo, anche per quanto riguarda la godibilità tiene alta la bandiera. Il “Toronto film festival” e il “Jazz festival” sono i fiori all’occhiello di una città che ha una vita culturale movimentatissima, come peraltro la sua collega francofona, Montreal.
Certo, non ha neanche 200 anni, e il turista non può aspettarsi di trovare il Colosseo o la Torre di Londra. Ma alla mancanza di monumenti e meraviglie architettoniche del passato la metropoli canadese (4 milioni di abitanti) rimedia con una vita post-lavorativa effervescente per cui, una volta esaurite le visite d’obbligo, come il Royal Ontario Museum, il Bata Museum (è il museo delle scarpe, ma vale la pena) , il “castello dei sogni Casa Loma”, la Hockey Hall of fame, per gli appassionati, la Bc tower, mostro cementizio dove si può pranzare nel ristorante girevole a 400 metri di altezza, un giro sul lago, una sosta sul boardwalk ad ammirare il tramonto sull’acqua, ci si può dedicare a scoprire la città dal basso.
I suoi mille negozi, assai convenienti (tanto per dire: i prodotti Apple costano dal 10 al 30% in meno), la tipica Chinatown piena di cianfrusaglie e ortofrutta, e Kensinton, colorato quartiere freak che ricorda molto da vicino la Carnaby Street londinese degli anni ’70. E poi, da non mancare, un bel giro nel West Queen West, un quartiere rimesso a nuovo e assai trendy, pieno di gallerie d’arte e piccole botteghe di artigiani-stilisti, che espongono pezzi unici di abbigliamento a prezzi contenuti. Occhio alle pasticcerie, ce ne sono di deliziose.
Il West Queen West viene chiamato Design District, e si estende per 15 isolati fra Bathurst Street e Gladstone Avenue. Da non mancare la visita a due alberghi “anomali”, il Gladstone e il Drake Hotel. Perché oltre ad esercitare la loro normale funzione alberghiera, peraltro a prezzi assolutamente abbordabili, sono gallerie d’arte permanenti. Nelle loro sale, nei corridoi, nella lobby, nel bar, sono esposti quadri, fotografie, istallazioni di artisti contemporanei.
Il Gladstone è il più antico albergo della città, ha una sofisticata atmosfera retrò, tutto legno e parquet, ed ogni stanza è stata arredata da un diverso designer. Stesso discorso per il Drake, arredato in perfetto stile America anni ’60, molto vintage, frequentato da appassionati di arte e musica.
Da non mancare un aperitivo sulla terrazza. Oltre al cemento, non si può dire che a Toronto manchi il verde. Molti i parchi cittadini, curati come reliquie, ma basta uscire dalla cinta urbana per immergersi in una natura lussureggiante. Una curiosità: per bonificare le brutture cittadine, due giovani designer hanno dichiarato una guerra floreale ai poster abusivi che ricoprono pareti, semafori, lampioni.
Il manifesto si taglia, si apre, si riempie di terra e si semina, diventando una istallazione verde (posterpocketplants.blogspot). Dunque, tornando alla natura, non può mancare un giro alle cascate del Niagara, le più famose del mondo, anche se non le più belle. Un’ora di viaggio e si arriva sul luogo.
Le cascate sono un affare miliardario, migliaia di visitatori al giorno affollano l’area, vengono stipati come sardine nei vaporetti turistici, fanno la doccia sotto le cascate e tornano a casa felici. Quindi, bisogna andare, non farlo sarebbe peccato. Osservare comunque con occhio critico. Decisamente interessante, invece, un bel giro nei deliziosi villaggi limitrofi e nelle cantine dei dintorni, dove si producono dei bianchi di ottima qualità. Dopodiché si può tornare a casa.
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