Testo di Anna Maria Arnesano e foto di Giulio Badini
Il Nilo, grande anima e fonte di vita per il Sudan quanto per l’Egitto, divide verticalmente in due l’estremo lembo sud-orientale del Sahara: ad est il deserto montuoso e roccioso della Nubia che si conclude sulle rive del Mar Rosso, ad ovest il deserto sabbioso della Nubia, chiamato anche Deserto Libico, che si espande ininterrotto fino ai confini della Libia e del Ciad e anche oltre, e dal confine con l’Egitto fino alla fascia saheliana del Darfur e del Kordofan. Si tratta di un quadrato di 800 km di lato, grande quasi una volta e mezzo l’Italia, composto da sfasciumi di roccia di arenaria (formatasi nel Cretaceo sul fondo di un antico mare) ricoperti da basse dune di sabbia estese all’infinito a formare uno dei più vasti ed aridi deserti sahariani, con calure estive superiori ai 50° C e battuto da tremende tempeste di sabbia, con poche e minuscole oasi disabitate, totalmente privo d’acqua in superficie. Oggi, perché in un passato anche relativamente recente, quando il Sahara era verde, era solcato da alcuni fiumi che arrivano addirittura a versare le loro acque nel Nilo come affluenti di sinistra. Due in particolare, il wadi Hovar e, più a sud, il wadi El Malik (o Milk), anche se ormai fossili presentano ancora una chiara morfologia fluviale, attestata anche da qualche pianta e dai rari pozzi che attingono alla falda freatica, permettendo la sopravvivenza a sparuti nuclei di nomadi Hassanya e Manasir ed alle loro mandrie.
Wadi Hovar, il più consistente (lungo un migliaio di chilometri) tanto da essere chiamato da qualcuno il Nilo Giallo, nasce in Sudan con innumerevoli rigagnoli dalle pendici orientali del Jebel Marra, e in Ciad dalle pendici meridionali dell’Ennedi e da quelle orientali del Waddai. Il Marra, stupendo monolite basaltico di 3.088 m nel Nord Darfur, con una caldera sommitale di 5 km di diametro formatasi durante l’eruzione di 3.500 anni fa, funge da spartiacque tra il bacino del Nilo e quello del lago Ciad e tra il deserto libico a nord e la savana semiarida a sud; le sue acque (assieme ad ingenti depositi di petrolio, urano e rame) rientrano tra i motivi di contenzioso etnico alla base del conflitto in atto nella regione. Nel primo tratto segna il confine tra Ciad e Sud e poi dopo 400 km si perde nelle sabbie del deserto nubiano; ma fino a 3-5.000 anni fa confluiva nel Nilo all’altezza dell’ansa di Debba, poco a sud di Old Dongola. Ancora più indietro nel tempo, all’inizio dell’Olocene (circa 10.000 anni or sono, nell’epoca pluviale postglaciale) il suo paleocorso drenava le acque dal lago Ciad al Nilo. Non risulta quindi azzardato affermare che i primi faraoni potevano andare per via fluviale dal Mediterraneo fino al Sahara centrale. L’altro grande paleo fiume è il wadi Malik, lungo 700 km, che nasce dalle pendici settentrionali del Kordofan e confluiva anch’esso nel Nilo a Debba. Il deserto occidentale della Nubia si presenta oggi disabitato e inesplorato, ma fin verso il 1880 – quando decadde per il divieto inglese allo schiavismo – era percorsa da una delle piste commerciali più antiche e trafficate del Sahara. La cosiddetta Darb el Arbain, la terribile strada dei 40 giorni disseminata di ossa calcinate di cadaveri a due e quattro zampe, che portava cammelli e schiavi neri dal Kordofan fino all’oasi egiziana di El Karga e poi ad Assiut sul Nilo. La presenza di reperti litici e ceramici, di incisioni rupestri e di paleo suoli di età neolitca ubicati soprattutto lungo le sponde di antichi uadi ci raccontano quanto fosse fertile ed abitato questo deserto, quando Il Sahara era ancora verde.
Nel 1984 ricercatori dell’università di Colonia hanno scoperto, e poi messo in luce con scavi negli anni successivi, su un terrazzo lungo la sponda meridionale di Wadi Hovar, 110 km a sud-ovest del Nilo, la presenza dei resti di un’imponente fortezza a base irregolare trapezoidale di m 180x 120, con consistenti muri a secco e bastioni sporgenti alti fino a 3,80 m, nota con il nome di Gala Abu Ahmed. Nel cortile interno e all’esterno sono stati identificati edifici abitativi, pozzi, cisterne d’acqua e granai con anfore per liquidi e derrate alimentari; scoperte anche numerose punte di freccia in selce, resti di ceramica locale, egizia e addirittura greca, monili e oggetti metallici, ossa di animali, conchiglie e frammenti di uova di struzzo, oltre ad una elegante bottiglietta egizia risalente alla XXVI dinastia (672-525 a.C.). Le datazioni al Carbonio 14 assegnano il complesso alla fase di Napata del regno di Kush, collocabile tra 800 e 400 a.C., ma alcune attestano un uso già nel XII secolo a.C., quando esisteva ancora una vegetazione a savana. I ricercatori tedeschi hanno inoltre dimostrato che attorno al 4 mila anni fa nel wadi Hofar scorrevano ancora acque superficiali periodiche. La sua funzione ? In mancanza di testimonianze certe si può ipotizzare un uso di stazione di controllo militare, luogo avanzato di vigilanza e di dogana per il traffico commerciale tra la valle del Nilo e l’Africa interna. La sua unicità, almeno per il momento, non aiuta al riguardo, ma smentisce l’ipotesi che il regno kuscita si limitasse unicamente al corso del Nilo. Nel medioevo, grazie alla sua posizione lungo la Darb el, Arbain, venne invece utilizzata per imprigionare gli schiavi in attesa di essere trasportati in Egitto.