Testo e Foto di Teresa Carrubba
Qui la Natura non ha badato a spese. Ovunque un trionfo di vegetazione tropicale, spiagge di borotalco e fondali incantati, profusi con generosità su 115 isole. Tante sono le piccole e grandi terre dell’arcipelago delle Seychelles, mitica costellazione dell’Oceano Indiano, sospesa tra l’Equatore e il Tropico del Capricorno. E sembra che le 43 isole più vicine, le inner islands, siano le isole oceaniche più antiche al mondo, prevalentemente granitiche, tutte raggruppate attorno alle isole principali: Mahè, Praslin e La Digue, le più antropizzate, centro economico e turistico delle Seychelles.
Le altre 72, quelle lontane, outer islands, a loro volta si stringono in sottoarcipelaghi, ma sempre Seychelles sono. Qui è ancora la Natura a dettare i ritmi della vita quotidiana e l’habitat di flora e fauna ha la priorità rispetto allo sviluppo sociale. Le Amirantes, per esempio, tra isole coralline sostanzialmente piatte con lunghe barriere coralline e atolli, che offrono habitat inesplorati per specie rare di piante e animali. Oppure l’arcipelago di Aldabra, sempre tra le outer islands, con l’omonimo atollo corallino che pare sia il secondo più grande al mondo. E’ raramente visitato, ospita la gran parte degli esemplari delle gigantesche tartarughe di Aldabra, circa 100.000, che possono raggiungere i 250 chili, numerose tartarughe verdi, e varie specie di uccelli tra cui il Dryolimnas aldabranus l’ultimo degli uccelli dell’Oceano Indiano incapaci di volare. Endemismi e singolarità che nascono dall’isolamento in cui è vissuto l’atollo. Questo gruppo di isole è stato inserito nel Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO.
Il 50% delle Seychelles è parco naturale tutelato da una politica ambientale ad ampio raggio a scrupolosa salvaguardia e preservazione dell’incredibile ricchezza naturale di tutte le isole che vi appartengono. Soprattutto i fondali, che sono ricchissimi. Rocce granitiche, giardini di corallo e grotte in un paesaggio sottomarino straordinario. Alcionarie e gorgonie, oltre 2500 specie di corallo, 320 specie di conchiglie, tartarughe, più di 800 diverse specie di pesci, dai piccoli tonni alle mante, dai pesci pappagallo ai barracuda, dalle cernie ai pesci spada a squali di tutti i tipi, soprattutto il mako, tipico delle acque tropicali.
La Digue
Di che materia sono fatti i sogni? Forse la stessa che ha modellato l’isola di La Digue. L’interrogativo di shakespeariana memoria sorge spontaneo fin dal primo impatto con quella scenografia onirica che evoca paesaggi lunari, ere geologiche preistoriche, mondi di favole. Le spiagge di La Digue, specie la Source d’Argent, rimandano a tutto questo. Imponenti blocchi granitici, dalle tenui sfumature che virano dal grigio al rosa, si ergono dal mare come sculture levigate da secoli di erosioni dell’Oceano e smerigliate dalla sabbia sollevata dal vento. Maestose canne d’organo, giganteschi piedi d’elefante, tronchi di colonne doriche e quant’altro la fantasia veda in questi massi che circondano e costellano la Source d’Argent e gran parte di questo gioiello d’isola. Più classica Anse Union, la spiaggia che sorge nell’insediamento di un’antica fattoria per l’estrazione dell’olio dalle noci di cocco; le sue acque basse e limpide assieme alla barriera corallina la rendono un ottimo punto per fare snorkeling. Senza tema di smentita, non si può dire di aver fatto un viaggio alle Seychelles senza essere venuti qui, a La Digue, le cui immagini sono assurte a simbolo dell’intero arcipelago. In origine era un’immensa piantagione di cocco, oggi sono soprattutto le piante di vaniglia a ricoprire il territorio dell’isola, lavorate e trasformate da un’antica fabbrica della preziosa spezia. La natura di La Digue trionfa in altro modo alla Veuve Reserve, nella foresta all’interno dell’isola, santuario di molte specie di uccelli. Altro parco protetto, l’Union, fitto di palme gigantesche dove vivono anche le enormi e sonnolenti tartarughe di terra. L’isola di La Digue ha l’atmosfera di un vecchio villaggio dei Tropici: ci si muove a piedi, in bicicletta, su antichi carretti trainati dai buoi o su coloratissimi bus senza tetto con sedili laterali a ringhiera.
Praslin
Praslin, l’isola delle palme e degli alberi takamaka, facilmente raggiungibile dalla principale Mahè con un volo di 15 minuti o con 2 ore di barca. Le sue strade sassose, superabili con una jeep, sono un disagio che si affronta volentieri se la meta sono le splendide foreste tropicali popolate da uccelli rarissimi ed endemici come il Bulbul e il pappagallo nero delle Seychelles. Prima tra tutte la singolare riserva naturale Vallée de Mai, una foresta vergine primordiale che ha la maggiore concentrazione di palme “Coco de Mer” -ben 4000-, una pianta che cresce solo qui, anche se in minima parte presente nell’isola Curieuse.
Si tratta della Lodoicea Maldivica, che produce il seme e le foglie più grandi del mondo vegetale. Un coco de mer, infatti, può pesare fino a 20 kg, è ricco di endosperma, una sostanza molto dura, tanto da essere considerata -avorio vegetale- impiegata in passato per ricavarne bottoni, ciotole e cucchiai. Qui crescono anche le mitiche orchidee vaniglia. Nel mezzo della Vallée de Mai sorge una foresta preistorica di granito, con giganteschi massi fino ad oltre 300 metri, dichiarata Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO. C’è chi sostiene che il biblico Giardino dell’Eden sia proprio questo. Ma Praslin è anche spiagge. La splendida Anse Georgette e le spiagge di Anse Kerlan, dove si possono osservare le tartarughe marine depositare le loro uova in tutta tranquillità. E la spiaggia più ricercata, che sembra essere Anse Lazio, un’ampia distesa di sabbia impalpabile coronata da palme e vegetazione tropicale e disseminata da massi di granito, tipici delle Seychelles, levigati e disegnati dal vento salmastro che li ha resi vere sculture a cielo aperto. Qui si può fare snorkeling lungo il reef abitato da pesci tropicali.