Sull’Anawratha alla ricerca del tempo perduto
Testo di Pamela McCourt Francescone
Foto: Holger Leue, Pamela McCourt Francescone e Archivio
Una crociera di lusso sulle placide acque del fiume Irrawaddy, alla scoperta di luoghi sospesi nel tempo, popolazioni sorridenti, e il misticismo millenario del Myanmar.
Abbandonarsi alle linee cristalline dell’Irrawaddy in navigazione sull’Anawratha, un piroscafo di gran lusso in stile coloniale appartenente alla prestigiosa catena Heritage Line, alla scoperta di prospettive nuove e inaspettate del Myanmar: scorci di vita secolari, paesaggi e panorami incantati e centri abitati dove il tempo sembra essersi fermato. Nasce tra i ghiacciai dell’Himalaya la principale via fluviale birmana, chiamata anche Fiume Elefante o Fiume Madre, che scorre per oltre duemila chilometri fino al Mare nelle Andamane, attraversando da nord a sud il paese più vasto del Sud-est asiatico. L’elegante motonave – il cui nome è quello del re che salì al trono dell’impero di Pagan nel 1044 – lunga sessantacinque metri e dotata di tre ponti, sedici cabine e sette suite, ci aspettava ormeggiata poco lontano dal centro storico di Mandalay. “Impressive Gorges” il nome della crociera della durata di dodici giorni che ci avrebbe portato attraverso gli stati di Mandalay, Sagaing e Kachin, percorrendo le tre gole che danno il nome all’itinerario fino a Bhamo, una città di provincia che dista poche decine di chilometri dal confine con la Cina. Tra Mandalay e Bhamo il fiume è spesso non più profondo di pochi metri, ma l’Anawratha manteneva un ritmo sostenuto e armonioso grazie al basso pescaggio e al know-how del capitano e del suo equipaggio. A bordo, a tutte le ore, anche un pilota che conosceva ogni millimetro del grande fiume, le cui competenze tecniche permettevano di individuare ogni minima variazione delle correnti e dei banchi di sabbia in costante mutamento per le condizioni meteorologiche e le fasi lunari. Accogliente, con ogni comfort ed eccezionalmente grande la nostra cabina – le cabine e suite sull’Anawratha sono le più spaziose sul fiume – con boiserie pregiate e tessuti etnici dai colori gioiello, un letto matrimoniale, un comodo daybed, aria condizionata e un bagno in marmo con una moderna cabina doccia.
Una porta finestra a tutta parete si apriva su un’ampia veranda dotata di poltrone fatte per il relax e per osservare in tutto comfort la vita di tutti i giorni che si svolgeva lungo il fiume. L’attenzione ai dettagli e il rispetto per le tradizioni, nella cabina e in tutta la nave, era manifesta nel vecchio telefono a disco accanto al letto, nel telescopio in ottone e nel mini piumino per la polvere e cuscino di velluto da appendere fuori la porta per segnalare al personale del housekeeping che la cabina era libera o che l’ospite non voleva essere disturbato. Nelle suite spazi ancora più generosi e, nelle due Royal Suite, grandi terrazze con Jacuzzi. Rilassanti i massaggi e trattamenti estetici proposti nella spa, una vera oasi di tranquillità, e nelle ore più calde il lusso di abbandonarsi su un lettino all’ombra di un elegante baldacchino accanto alla piscina con Jacuzzi sul Sun Deck superiore. Le raffinate aree pubbliche, dal Kipling’s Bar al Mandalay Lounge e dal Hintha Restaurant al ponte superiore con la piscina, sono di un’eleganza sofisticata da fare invidia ai migliori hotel a cinque stelle, e sono incentrati sui massimi livelli di comfort e di relax con arredamenti coloniali di grande fascino. Con 23 cabine, e quindi un massimo di 46 passeggeri, tra gli ospiti e il personale di bordo – anch’essi 46 e tutti birmani – si stabilisce un rapporto di simpatia e cordialità che scaturisce da quell’accoglienza e gentilezza disarmante dei birmani che rende qualsiasi esperienza nel Paese un vero privilegio. Lasciando Mandalay alle spalle e diretti verso nord, nell’Hinta Restaurant viene servito il ricco pranzo a buffet di tipicità birmane e internazionali, e con grande enfasi sui cibi freschi come il Lhapet Thoke, un’insalata di foglie di tè fermentate, da abbinare a piatti con curry, carni o pesce. Dopo un’ora di navigazione, l’Anawratha ha calato l’ancora davanti a Mingun, e siamo scesi per ammirare il più grande stupa al mondo mai portato a termine.
Quest’opera monumentale, costruita dal re Bodawpaya nel 1790, fu abbandonata quando l’astrologo di corte predisse che ultimata lo stupa il re sarebbe morto. Poco lontano, e di proporzioni davvero impressionanti, la campana in ghisa più grande del mondo che pesa 90 tonnellate e avrebbe dovuto corredare lo stupa. Le conviviali serate a bordo iniziavano nel Kipling’s Bar con un cocktail esotico creato dal barman, chiacchierando animatamente dei luoghi visitati durante la giornata prima di passare a tavola e assaporare le creazioni dello chef, servite con grande attenzione e garbo dal personale. In cucina la fantasia di Chef Nay Lin Tun sembrava non conoscere limiti, con grandi classici della cucina mondiale, ma anche proponendo agli ospiti stuzzicanti sapori nuovi e intriganti abbinamenti orientali. Dopo cena nel Mandalay Lounge le due bravissime guide, Tin e Tun, organizzavano presentazioni su aspetti culturali, storici e contemporanei del Myanmar, spettacoli di intrattenimento con musiche e danze interpretate dal personale della nave, uno spettacolo con un illusionista e la proiezione di film.
Ogni mattina, prima della partenza a bordo della pilotina verso nuove avventure, la prima colazione a buffet offriva una ricca selezione di pietanze internazionali e tipicità birmane come il Mohinga una minestra a base di pesce gatto. E ogni giorno ci aspettavano nuove sorprese. Nel piccolo villaggio di Nwe Neyin abbiamo assistito alla lavorazione manuale delle grandi pignatte di terracotta, usate per trasportare e conservare cinquanta galloni di liquidi, per le quali gli abitanti sono famosi. A Tagaung abbiamo visitato il santuario di Bo Bo Gyi, un spirito molto venerato e le rovine dell’antica fortezza. Tra le tante visite a villaggi e cittadine particolarmente apprezzata quella a Katha dove abbiamo rivissuto la storia di George Orwell, che qui ha scritto il suo “Giorni in Birmania”, negli anni un cui era di servizio come ufficiale della polizia britannica.
Nell’edificio che era il club degli ufficiali inglesi abbiamo trovato un gruppo di ragazzi che studiavano l’inglese, e nella bella casa in legno di tek che fu la residenza del commissario di Sua Maestà, abbiamo apprezzato il piccolo museo con fotografie e artefatti degli anni coloniali. E fuori sul prato i camerieri della nave ci aspettavano per un graditissimo rinfresco con canapè e champagne. Durante le ore di navigazione, rilassandosi sul balcone della propria cabina, o su una comoda poltrona nella lounge, si respirava l’atmosfera dei paesaggi bucolici e dei panorami lungo il fiume. Semplice, e cadenzata dal tempo e dal mutare delle stagioni, la vita nei piccoli villaggi e nelle casupole su palafitte con i tetti di paglia. Nelle grande distesa di riso, arachidi e sesamo i contadini lavoravano con aratri e carretti trainati da buoi, mentre a tutte le ore sul fiume passavano fragili barche da pesca. Sulle sponde donne e bambini sorridenti, per i quali il grande corso d’acqua è un teatro di lavoro e di divertimento, salutavano allegramente il nostro passaggio, e nei piccoli insediamenti svettavano le guglie di pagode candide e templi dorati, e s’innalzava il dolce soffio dei canti ritmati dei monaci buddhisti. Sulla via di ritorno, durante la sosta a Bhamo, il punto più settentrionale navigabile per le navi da crociera sul fiume, e punto di partenza del famoso caravanserraglio verso la Cina conosciuto da Marco Polo nel 13° secolo, abbiamo visitato il vivace mercato locale dove etnie Kachin, Lisu e Shan vendevano frutta, verdure e oggetti di artigianato locale.
La notte della Grande Luna gli ospiti sono stati invitati a cenare a lume di candela sul ponte superiore, dove il personale aveva preparato uno splendido banchetto barbecue per festeggiare Thadingyut, la festività birmana delle luci. E a fine serata, un momento di grande emozione quando il personale ha rilasciato sull’acqua migliaia di piccole lanterne luccicanti fatte di foglie di banana, creando un’atmosfera da Mille e Una Notte. La penultima sosta era Innwa dove abbiamo visitato il monastero di Bagaya Kyaung con i suoi bellissimi legni intagliati e il grande monastero Mal Nu Ok Kyaung costruito nel 1818. Nel pomeriggio un’altra sosta, questa volta a Sagaing, il centro religioso più devoto del Myanmar, e poi Amarapura per fotografare al tramonto il ponte U-Bein, il ponte in legno più lungo e antico al mondo per il quale sono stati utilizzati mille massicci tronchi di tek. La nostra splendida avventura sull’Anawratha giungeva a termine con una sosta di due notti a Bagan, il più spettacolare sito culturale del Paese, con oltre 2.200 templi costruiti tra il 9° e il 13° secolo. Per alcuni compagni di viaggio il brivido di un volo in mongolfiera di prima mattina per ammirare dall’alto templi, stupa e pagode dai nomi arcani, Shwezigon, Htilominlo, Schwesandaw, Dhammayangyi, Ananda, Thatbyinnyu. E per tutti il privilegio di perdersi nelle bellezze incomparabili di Bagan.
heritage-line.com
Il fotografo Holger
Holger Leue è considerato uno dei più bravi fotografi di viaggio. Le sue foto sono state pubblicate in oltre 100 libri, guide e calendari e in molte riviste. Lavora per pubblicazioni, editori, enti del turismo, compagnie da crociera e tour operator. “Il benessere che sento quando sto fotografando si riflette nella qualità delle mie foto”. Holger ha visitato oltre 100 paesi per lavoro. www.leue-photo.com
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