Testo di Anna Maria Arnesano e Foto di Giulio Badini
Situato nell’estremo nord-ovest dell’Africa, il Marocco è stato definito come il più vicino dei paesi lontani e il più lontano dei paesi vicini, oppure anche l’esotico più a portata di mano. Rabat, Casablanca e Marrakesh si trovano infatti ad appena tre ore di volo dall’Italia, ma il resto del paese dista da noi secoli, per cui un viaggio in questa nazione finisce per costituire più un percorso nel tempo che non nello spazio. Per gli arabi era soltanto Al-Maghreb el Aqsa, l’estremo ovest delle loro terre, il Far West del mondo musulmano, l’ultima frontiera dove cala il sole, mentre per noi rappresenta lo stato africano e la nazione araba più vicini all’Europa: meno di 15 km di mare separano infatti Tangeri da Gibilterra, il Marocco dalla Spagna, l’Africa dall’Europa, il mondo cristiano e quello islamico. Una simile vicinanza ha finito con il tempo per influenzare e contaminare un po’ entrambi, nonostante le profonde differenze intrinseche. Grazie alle sue vaste dimensioni il Marocco, grande 2,5 volte l’Italia, si presenta come una nazione estremamente varia, dalla geografia alla cultura: due mari che la bagnano a nord e ad ovest, quattro catene di alte montagne che l’attraversano al centro, il deserto del Sahara a sud e ad est: tanti ambienti estremamente differenti a farne altrettanti mondi diversi, ma tutti intriganti e coinvolgenti. Un significativo esempio si ritrova nel Sud, separato da tutti i punti di vista dalle fertili e popolose pianure centrali dalla possente catena dell’Alto Atlante.
A prima vista potrebbe sembrare una regione arida e inospitale, dominio prima della riarsa steppa arbustiva e cespugliosa, poi del deserto sabbioso e pietroso. In realtà si tratta di un terra a cui le acque che scendono abbondanti dalle montagne hanno trasformato il deserto in floride e verdeggianti oasi, e il fatto di aver rappresentato per secoli i terminali settentrionali delle carovaniere commerciali transahariane, hanno regalato da sempre una relativa prosperità, tanto che non a caso tutte le dinastie regnanti sul paese – compresa quella attuale degli Alaouiti – provenivano da qui. E i conservatori abitanti del Tafilalet, nonostante la loro inveterata tradizione nomade, ben difficilmente emigrano altrove. Ignorata dal turismo di massa, ma utilizzata come sfondo per tanti film, presenta straordinarie valenze paesaggistiche, ambientali, architettoniche ed etnografiche: si va infatti dagli sperduti villaggi berberi arroccati sui picchi dell’Atlante, tra canyon mozzafiato e impressionanti scenari geologici, al susseguirsi continuo di oasi esuberanti di vegetazione lungo i fiumi che scendono dalle montagne carichi d’acqua, fino alle riarse oasi sperdute tra le dune del Sahara. E’ la terra dei Berberi, popolazione autoctona risalente alla preistoria, che vennero chiamati berberi dagli arabi ma loro si definiscono Imazighen, cioè uomini liberi, ed infatti pur essendo stati costretti nel tempo a subire invasioni ed a mischiarsi con numerose genti diverse, essi sono sempre riusciti a mantenere vivo il loro carattere indomito e ribelle, disposti a riconoscere e ad accettare soltanto le antiche regole tribali, a parlare la propria lingua ed a mantenere vive la loro cultura e le tradizioni ancestrali. Convertiti forzatamente all’islam, mostrano anche in questo la loro diversità: sono monogami e le donne, che portano sul volto i tatuaggi tribali, godono di una discreta libertà, possono uscire di casa con i loro abiti colorati di broccato e non portano il velo, anche se al mercato vanno gli uomini e non possono ereditare. A dominare i paesaggi sono gli ksour, imponenti fortezze quadrate simili ai nostri castelli costruite con tanto di torre di avvistamento con fango e tronchi di palme, a difendere persone e beni dai frequenti assalti dei predoni di un tempo.
Un itinerario nel Sud parte dalla frizzante Marrakesh, la folcloristica e monumentale capitale meridionale, e punta sulla costa atlantica ad Essaouira, la bella cittadina racchiusa con le sue case bianche (con porte e finestre turchesi) entro possenti bastioni portoghesi, ex paradiso per artisti, hippies e surfisti e sito Unesco. A sud la costa offre un succedersi di falesie e di stupende spiagge deserte, come la suggestiva Plage Blanche lunga 40 km e disseminata di dune di sabbia candida e piccole lagune. Quasi al confine con l’ex Sahara spagnolo e all’altezza delle Canarie si punta all’interno a Tafraoute, ai piedi dell’Anti Atlante, per visitare villaggi berberi con i loro caratteristici granai fortificati e le incisioni rupestri neolitiche di Tamanart: Si entra in contatto con il Sahara marocchino percorrendo le dune dell’erg M’Zhil, frequentate da nomadi che pascolano cammelli e capre, e l’oasi di M’Hamid. Non distante Tamgroute, antico centro religioso e culturale famoso per una delle più ricche biblioteche del deserto, con testi anche scritti su pelli di gazzelle a partire dal XIII sec.
L’oasi di Zagora, antico terminale sahariano famoso per il cartello “Tombouctou 52 jours” introduce alla valle del Draa, uno dei più lunghi fiumi marocchini (anche se si perde nelle sabbie prima di giungere all’Atlantico), un lungo nastro lussureggiante di palmeti carichi di datteri (i migliori del paese), di kasbah, di imponenti ksour e di operosi villaggi berberi. Scavalcata la selvaggia catena del Jebel Sarhro, si visitano due tra i più spettacolari monumenti naturali del Marocco, le gole del Todrà e del Dades, enormi canyon che scendono dall’Atlante come colpi di spada nella roccia. Si raggiunge quindi Ouarzazate per ammirare la famosa kasbah di Ait Benhaddou, patrimonio Unesco, una delle meglio conservate e scenario di parecchi famosi film, prima di scavalcare l’Alto Atlante e ritornare a Marrakesh, la magica città rossa.