di Silvio Mitis
Quando si pensa a qualche luogo essenziale, che sa di cose pure e primitive; quando si cercano tutte insieme la poesia del silenzio e del vento, la nudità della terra, la forza del fuoco e del mare; quando ci si vuole mescolare agli elementi e l’andare per isole si trasforma in un viaggio verso un confine ultimo che riconduce al respiro stesso della natura, ecco che prima o poi lo sguardo cade su una fotografia, un libro, un sito web o un documentario che racconta di Lanzarote. E fatalmente si prende quel volo.
Quest’isola Canaria scoperta nel 1312 dal marinaio ligure Lanceloto da cui prese per sempre il nome sulle mappe dei naviganti ha una forma di bellezza tutta sua, che è abbagliante, estraniante, molto selvaggia; richiama più i viaggiatori che i turisti; rifiuta le banalità, gli edonismi e le definizioni dei depliàntsma una volta capita seduce per sempre, soprattutto chi ama le escursioni, le camminate, la fotografia, il giardinaggio, l’arte, il surf.
Lanzarote non a caso è stata dichiarata Riserva della Biosfera dell’Unesco dal 1993 e chi ci arriva ha una certa sensibilità, ama tutti i suoi elementi, cerca la luce, i colori, i paesaggi africani, le spiagge lunghe e silenziose, le onde fredde dell’oceano, le lagune colorate e insieme i vulcani e i cactus. Si comincia col fuocoperché la storia di Lanzarote è segnata dal fuoco e tutto il suo paesaggio è stato modellato dal fuoco. Durante l’eruzione del 1730 che durò circa una settimana fiumi di lava dal nerissimo Cràter del Cuervoarrivarono ovunque, fino a fondersi con le scogliere, resero a seconda dei casi fertili i terreni, lunari i paesaggi, netti e distinti i colori e eterna la sua bellezza.
Oggi la prima tappa obbligata è quindi il Parco Naturale del Timanfayae delle Montanas del Fuegocoi suoi 300 coni vulcanici. Scoprire il vulcano, salire sul vulcano, guardare l’orizzonte di lava e cenere della grande eruzione come se si fosse davanti a un cratere lunare appunto, magari sfruttando la prima luce morbida del mattino che rende rossi come il rame e neri come la pece i pendii, le vette e i calanchi. Per lunghi tratti non si può scendere dai comodi pullman-navetta perché è vietato calpestare l’inferno brullo e pietrificato, però poi ci si consola col tratto percorso a dorso di dromedario come se si fosse su delle dune africane e gustando dai panorami più alti dell’isola un saporito galletto cucinato sui vapori emessi dal vulcano.
La magia prosegue con la visita di Yaiza, il paese sotto il vulcano dove conviene dormire un paio di notti e assimilare fino in fondo lo scenario africano, da sud del mondo. A tratti sembra di stare a Marrakech, con le palme, gli hotel e i ristoranti di charme ispirati ai riad, la terra di vari colori, i mercati; e a tratti in Andalusia, con le casette bianche sullo sfondo ocra, i patios fioriti, la luce calda, le gallerie d’arte, le notti di musica e tapas. Poco lontana si scopre la suggestiva valle di La Geriadove le genti di Lanzarote hanno sempre faticato per ottenere dalle singolari piante di viti nane un dono unico al mondo: un ottimo vino malvasia, un miracolo che nasce in pozze di terra lavica protette dalla cenere di secoli e dagli alisei grazie ai loro muretti a secco. Al tramonto questa scena sembra un quadro. Più a nord il fuoco lascia lo spazio all’elemento terra, la terra della campagna di Teguise,la terra e le piante del meraviglioso Jardin de Cactusoppure le mille palme nel municipio di Haria, piantate nel XVII sec per celebrare come in una favola la nascita di ogni bambino. Figli di questa terra da ricordare per sempre.
Teguise Pueblo– da non confondere con la località balneare di Costa Teguiseche insieme al centro mondano di Puerto del Carmene all’anonimo capoluogo Arrecife trascuriamo volentieri – è l’anima dell’isola e può essere il punto base per scoprire anche Lanzarote nord perché si trova al centro esatto dell’isola. E’ stato uno dei primi villaggi fondati in tutte le Canarie e per questo a ogni passo, muro, campanile, convento, bottega, piazza si respirano le tracce del passato e la cultura della terra. Accecati dalla sua luce bianca che emerge per contrasto dalla terra marrone, ingolositi dalle sue trattorie che servono capretti arrosto, pesci in umido, formaggio di capra, salse ai peperoni, dolci a base di marmellate di cactus e gran finale col rhum al miele che causa più di un simpatico sbandamento, conviene capitarci di domenica perché è il giorno del mercato artigianale e di sicuro i souvenir più autentici così come bizzarri giardini e atelier di artisti li troverete tra questi vicoli.
El Jardin de Cactusè un altro dei segreti di terra e una delle meraviglie dell’isola: situato in località Guatiza, disegnato in una cava di lapilli e costruito su terrazze circolari che ricordano le balconate di un teatro è uno di quei motivi che ti spingono a girare Lanzarote con una jeep o una moto e a fermarti dove l’arte e la natura si incontrano in un connubio incredibile. In un’area di 5000 mq il giardino ospita oltre 1.400 specie di cactus mondiali, alti da 2 cm a 25 metri, provenienti dalle lande del Sudamerica come dall’interno del Madagascar o del Marocco, cactus spinosi e fioriti, resistenti e decorativi, alcuni dalle forme stranissime, una “collezione d’arte naturale” che è un record nel suo genere e un piccolo paradiso per gli appassionati di botanica e di piante grasse. Il grande effetto della scena è assicurato dal contrasto dei colori: la terra e le piante, sullo sfondo un cielo azzurro terso e l’imponente sagoma del vulcano.