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Testo di Anna Maria Arnesano e foto di Giulio Badini
L’immagine stereotipata che noi abbiamo del Giappone è quella di una nazione dell’estremo oriente che, grazie all’ingegno e alla laboriosità dei propri abitanti e allo straordinario dinamismo della sua economia, costituisce il paese tecnologicamente più progredito e avanzato in assoluto, e quindi anche il più “occidentalizzato”. Sicuramente risulta corretta l’immagine di enormi megalopoli sovraffollate di grattacieli tutto vetro, cemento e luci al neon, dove si stipa l’ 80 % della popolazione perché il 67 % dei giapponesi vive nel 3,3 % appena del territorio, producendo densità limite di 4 mila persone per km2, dei treni superveloci che spostano ogni giorno decine di milioni di pendolari, di una vita scandita tra orari, fast food e case in miniatura, il tutto dominato da una tecnologia sofisticata presente ovunque. Ma il Giappone è il paese per antonomasia delle contraddizioni e dei contrappassi, a cominciare dal fatto di un’economia – seconda nel mondo – pressoché priva di risorse naturali e energetiche e per giunta su un suolo ballerino come nessun’altro, per cui è bene abituarsi fin da subito al tutto e al suo contrario. Esiste infatti, meno noto, anche un Giappone rurale e decongestionato, dominato da paesaggi di una bellezza struggente che paiono usciti da stampe antiche, con verdissime foreste montane (il 67 % del territorio risulta piantumato, il 14 protetto), risaie terrazzate, case rurali con il tetto di paglia, paesini e borghi dove l’orologio si è fermato da secoli, castelli e fortezze di legno risalenti al Medioevo e all’epopea romantica dei samurai, templi, pagode e monasteri buddisti e shintoisti, veri capolavori d’arte e meta di pellegrinaggi a riprova di una fede e di una spiritualità ben radicate, nonostante il progresso.
Un po’ più grande dell’Italia, ma con una popolazione più che doppia e una densità tra le più alte (343 ab/km2), il Giappone è un arcipelago al largo delle coste orientali asiatiche situato tra il mare omonimo e l’oceano Pacifico, di fronte a Russia, Corea e Cina. Disposto in un arco lungo oltre 3 mila km, è formato da quattro isole principali ravvicinate (e dal 1988 collegate tra loro da ponti e tunnel sotterranei stradali e ferroviari a formare un unico territorio per il 97 % del totale), nonché da una marea di isole e isolette, oltre 3 mila in tutto. La sua ubicazione nel punto di contatto e di frizione tra le placche tettoniche continentali e sottomarine di Asia, Pacifico e Filippine giustifica la sua intensa attività sismica e vulcanica, che ne fa una terra ballerina, la meno stabile del pianeta, con 290 vulcani di cui 60 ancora attivi (compreso il Fuji Yama, la vetta più alta a 3.776 m), 1.500 terremoti all’anno e maremoti periodici di intensità anche catastrofiche. Il territorio è montuoso per tre quarti, con versanti scoscesi e piccole pianure costiere, per cui soltanto un quinto del terreno risulta abitabile e produttivo. Data la sua struttura morfologica, quella giapponese può essere definita una civiltà del mare: abili pescatori e grandi consumatori di pesce, con le loro immani navi-officine pescano in tutti gli oceani, in patria hanno sviluppato un’intensa acquicoltura, sono primi per la cantieristica navale e per flotta marittima commerciale. Fino al 1868 il Giappone è stato un paese feudale chiuso in sé stesso e privo di contatti con l’esterno, ma in pochi decenni seppe diventare una potenza economica e militare in grado di sconfiggere la Cina (1895) e la Russia (1905), dando inizio ad un impero d’oltremare che occupò in successione Corea, Manciuria, Cina, Indonesia, Malesia, Filippine e Indocina: furono i prodromi della 2° guerra mondiale, risoltasi con la disfatta dell’impero sancita dai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki.
Ma lo straordinario dinamismo di questo popolo seppe risollevarsi da un baratro che pareva senza via d’uscita, arrivando in breve tempo a diventare la seconda potenza economica mondiale. Tra 1950 e 1990 è stata capace di aumentare di venti volte il reddito pro capite, con il risultato che il 2,5 % della popolazione mondiale produceva il 10 % del PIL planetario e controllava il 12 % del commercio internazionale. Risultati strabilianti e insuperabili, affiancati sul piano sociale da parametri come un altissimo livello medio di istruzione, il tasso più basso di mortalità infantile e la più alta speranza di vita, con il primato di longevità ad 82 anni. Quale la chiave del successo per un paese quasi privo di risorse naturali e energetiche e con un territorio ostile ? La risposta sta essenzialmente nel carattere dei suoi abitanti: ubbidienti, gregari e sociali, nazionalisti e tradizionalisti ma anche aperti alle sfide del futuro, laboriosissimi, parchi e risparmiosi, orgogliosi fino allo stoicismo e all’abnegazione più assoluta nel compiere con diligenza il proprio dovere. Un popolo singolare, forse unico.
Un viaggio di 14 giorni alla scoperta dei due volti del Giappone, tradizionale e moderno, prevede la visita della capitale Tokyo, una delle più moderne e popolose metropoli del mondo, dove il visitatore si trova spaesato in un intrico di strade senza nome e di edifici senza numero, il parco nazionale del vulcano Hakone, di Takayama, antica cittadina seicentesca fortificata, di Shirakawago e Gokayama, antichi paesini rurali di montagna con le vecchie cascine di legno e i tetti di paglia (patrimonio Unesco), di Kanazana, importante centro culturale d’epoca feudale. Si prosegue con la città martire di Hiroshima e l’isola di Miyajima, sede di un famoso santuario scintoista patrimonio Unesco, con il castello medievale di Himeji dalla straordinaria architettura lignea (patrimonio Unesco), con le antiche capitali Kyoto e Nara (patrimonio Unesco) e Osaka, la più antica città nipponica, per finire con la città santa del Monte Koya e i suoi 120 templi buddisti risalenti al IX secolo.