Testo e Foto di Teresa Carrubba
Ha l’eleganza di un salotto nobiliare e la ricchezza sedimentata della storia, Piazza del Popolo, scrigno di bellezza architettonica racchiuso da due filari di logge che accompagnano lo sguardo in un contesto di grande suggestione. Probabilmente area forense in epoca romana, nei secoli qui si concentrarono cultura, potere politico e autorità religiosa di cui rimangono singolari testimonianze, pezzi di storia come tessere di un mosaico nel complesso quadro di stratificazioni urbanistiche. Il magnifico Palazzo dei Priori, nel duecentesco edificio frutto di annessioni di un’abitazione privata e dell’antica chiesa di San Martino, luogo per eccellenza della vita politica della città, mantiene oggi gli elementi del rimaneggiamento avvenuto nel Cinquecento con la raffinatissima doppia scalinata d’accesso e l’imponente statua bronzea di Papa Sisto V di Andrea Sansovino. Ora è sede della Pinacoteca comunale e della sezione picena del museo archeologico allestita nel Duemila in occasione dell’iniziativa “Piceni, popolo d’Europa” con corredi funerari, gioielli in bronzo di pregiata fattura, anfore in ceramica e una rara collezione di fibule.
La Pinacoteca ospita opere di notevole pregio come il polittico di Andrea da Bologna e la raffinata Madonna dell’Umiltà di Francescuccio di Cecco Ghissi, che introducono al periodo d’oro dell’arte gotica culminante nelle storie di Santa Lucia di Jacobello del Fiore. La sala del Cinquecento permette di ammirare l’espressione artistica dei maggiori protagonisti del XVI secolo fermano, Vittore Crivelli con la Crocifissione e Vincenzo Pagani. L’Adorazione dei Pastori di Rubens e le imponenti Storie della Vergine di Andrea Boscoli introducono invece all’arte del Seicento nella sala dedicata a quel periodo. Infine la sala di storia locale, caratterizzata da una curiosa statua in legno localmente chiamata “Lu Marguttu”, apre un percorso iconografico sulla vita politica della città.
Il Palazzo dei Priori è collegato al Palazzo della Biblioteca (o Palazzo degli Studi), risalente al XVII secolo, di elegante gusto barocco, attraverso una loggetta con affreschi sotto le volte, visibili anche dalla strada. E questa partecipazione diretta dell’arte e della storia al cittadino e al visitatore, tramite le testimonianze “a vista” di palazzi e monumenti, fanno di Fermo una sorta di -museo diffuso- dall’atmosfera preziosa. Un progetto ambizioso ma agevolato dall’impianto urbanistico che raccorda armoniosamente elementi architettonici e storici attraverso percorsi naturali che si viene spontaneamente invitati a seguire.
La Biblioteca civica di Fermo, istituita nel 1688, si è arricchita grazie a lasciti di illustri personaggi fermani e ad acquisti di intere collezioni private. Fortemente suggestiva la Sala del Mappamondo, la più antica biblioteca pubblica delle Marche, commissionata dal cardinale fermano Decio Azzolino e realizzata nel 1688 dall’architetto Adamo Sacripante. Disposta su due livelli, completamente ricoperta da scaffali in noce, ospita parte del fondo antico della Biblioteca Comunale di Fermo donato principalmente dal fermano Romolo Spezioli, medico personale della regina Cristina di Svezia. L’imponente mappamondo realizzato dal geografo Silvestro Amanzio Moroncelli nel 1713, caratterizza l’intera sala e incuriosisce per la sua minuziosa descrizione geografica. Il patrimonio librario antico comprende 127 codici pergamenacei, 11 corali, 3.000 manoscritti, 681 incunaboli e 15.000 cinquecentine. Il fondo moderno della biblioteca, invece, è organizzato anche con funzionalità multimediale.
L’atmosfera elegante che si respira tra questi palazzi è profusa in tutta Piazza del Popolo, morbidamente condotta dalle arcate di quelle logge che proteggono negozi dal prezioso gusto d’altri tempi e chicche come l’Enoteca, un raffinato luogo d’incontro e di “simposi” scanditi dalla mescita sapiente dell’oste che sceglie per te anche l’abbinamento dei vini con i piatti del territorio, all’insegna del profondo senso dell’ospitalità che contraddistingue i fermani. Una sensazione che trova conferma anche passeggiando in Corso Cavour, considerato la via dello struscio e dello shopping, magnificamente raccolta tra due pareti di bei palazzi d’epoca, del XV e XVI secolo, ma anche di edifici più antichi come il trecentesco ex Monte di Pietà in stile gotico veneziano, con portale del Quattrocento di Giacomo di Giorgio e, a fianco, la duecentesca torre Matteucci. Nel suo complesso la città mostra un impianto urbanistico rinascimentale intatto, con architetture ben armonizzate anche se affiancate o sovrapposte nel tempo.
Ovunque, a Fermo, si respira un’aria di decoro, di dignità e di profondo rispetto per la storia, espresso anche attraverso l’impeccabile restauro dei palazzi. Un’eleganza discreta, così com’è discreta la vita dei fermani, un popolo schivo ma solidale e pieno di iniziative rivolte alla promozione del territorio di cui è estremamente orgoglioso. Negozi ben selezionati dalle cui vetrine fanno bella mostra di sé oggetti raffinati e alla moda, prodotti artigianali, caffè dalla calda atmosfera, sono rappresentativi dell’aspetto migliore di una realtà di provincia, l’accuratezza dell’allestimento e la disponibilità verso i clienti. Una disponibilità che mette a proprio agio e fa sentire ben accolti. In certi casi ci si sente addirittura in famiglia, se per esempio si decide di cenare alla Locanda del Palio, nel centro storico di Fermo, da cui si gode una bellissima veduta sul mare. E’ una trattoria familiare dove si è accolti dalle proposte semplici e ghiotte della cucina territoriale, dagli antipasti a base di salumi, formaggi da degustare con miele, olive ascolane e deliziosi cubetti di crema pasticcera fritta, alla pasta rigorosamente fatta in casa e condita con intingoli di stagione.
Fermo, che si erge dalle pendici del colle Sabulo, fu la prima colonia romana, con il nome di Firmum Picenum e il suo scopo era quello di controllare i Piceni e la loro capitale Asculum, l’odierna Ascoli Piceno. E proprio su quel colle s’impone ieratico l’emblema di Fermo, il Duomo, visibile dal basso in ogni lato in suggestivi scorci, sovrastante in tutta la sua mole. Ci si arriva imboccando Corso Mazzini, da Piazza del Popolo. La strada costeggia in salita un muro in arenaria, qui familiarmente detta sabbione, il materiale con cui fu costruita gran parte di Fermo nei secoli passati, privilegiato per le sue particolari qualità duttili ed isolanti. Lungo Corso Mazzini s’incontra il Teatro dell’Aquila, uno dei teatri storici meglio conservati e più belli della Regione, un vero gioiello architettonico. La cima della salita apre a Villa Vinci, ex convento dei cappuccini poi divenuto dimora nobiliare, con un parco talmente esteso da caratterizzare il profilo della collina. Ecco all’improvviso stagliarsi il Duomo in fondo al viale, immerso nel verde piazzale del Grifalco. La facciata gotica in pietra d’Istria, costruita con blocchi faticosamente trasportati in barca da quella Regione, l’elaborata strombatura del portale a cuspide, l’elegante rosone opera del fermano Palmieri, sono tracce ancora vive dello splendore e della potenza che Fermo rappresentò nel Medioevo. Un potere ribadito al solo volgere lo sguardo dall’immensa terrazza posteriore al Duomo, che domina tutta la città adagiata ai suoi piedi e il territorio circostante. Qui lo sguardo spazia dai Monti Sibillini al Conero e in una giornata limpida si vedono addirittura i monti della Croazia, la Majella e il Gran Sasso che sono molto più lontani e, naturalmente, il mare che fece di Fermo una porta verso l’Oriente e una rocca potente e ambitissima.
Dal Duomo, la via del Teatro Antico costeggia lo spazio un tempo riservato al teatro romano. Gradino dopo gradino, per una stradina tortuosa e acciottolata che si insinua silenziosa tra casette medievali, si scende fino alla duecentesca torre Matteucci, l’unica gentilizia rimasta in piedi. Prima di raggiungere di nuovo Piazza del Popolo, si può visitare Palazzo Azzolino, pensato e realizzato come una vera e propria città autonoma, in grado di contenere persone, viveri e acqua in abbondanza. L’elemento acqua, qui a Fermo, viene subito associato alle famose Cisterne, vero capolavoro di ingegneria idraulica romana. Fu l’imperatore Augusto, nel I secolo d.C., a farle costruire come imponenti riserve d’acqua che rendessero Fermo potente sulle terre limitrofe e per servire palazzi pubblici e privati. Erano costituite da una costruzione autonoma sul Grifalco e da due complessi separati, detti Piccole cisterne e Grandi cisterne. Con il tempo quell’impianto idrico divenne il più importante di tutto il territorio circostante, dotato di una ricca e complessa rete di condutture per il trasporto dell’acqua. Costruite in modo ingegnoso, furono previsti persino dei pozzetti di areazione per la depurazione dell’acqua. Nate con finalità squisitamente idriche, nei secoli le cisterne furono utilizzate anche per altro; alcune stanze come fornace, altre addirittura per produrre vino.