Testo e Foto dii Paolo Ponga
Esistono dei posti al mondo che sembrano fatti apposta per scatenare la nostra fantasia. Luoghi carichi di mistero. Per la loro posizione, per la storia, per l’immagine che danno a chi li visita. Luoghi dove senti di essere partecipe di vicende antiche colme di gloria, allo stesso tempo sapendo però che non ti riveleranno tutti i loro misteri, consentendoti di recuperarne solo una parte. Un luogo che raccoglie tutte queste sensazioni e le mette insieme si chiama Angelokastro. Il Castello dell’Angelo, sull’isola di Corfù. Non si sa esattamente quando furono posate le prime pietre di una fortezza in questo luogo; scavi recenti hanno infatti anticipato di molti secoli la sua prima edificazione. D’altronde difficile trovare nella geografia dei luoghi un posto più imprendibile. Da tre lati è impossibile arrampicarsi sulla vetta di una scogliera tanto a picco sul mare da spezzare il fiato. Dall’unico lato accessibile a spezzare il fiato è invece il sentiero che conduce a soli 305 metri di altezza, tanto che quando arrivi in cima ti chiedi come sia alla fine possibile essere già arrivati.
La vista da quassù è però una cosa che ha dell’incredibile, sembra un dipinto impressionista a colori pastello, con il blu del mare e l’azzurro del cielo che racchiudono bianche scogliere e il verde di pini e ulivi. A sud si intravede la turistica baia di Paleokastritsa, il luogo dove risiedevano i Feaci e dove Ulisse, sbarcato a terra, incontrò Nausicaa per la prima volta. Verso il mare una roccia che pare tagliata con il coltello e verso nord, verso la lontana Agios Georgios Pagon, una spiaggia di sabbia bianchissima accessibile solo via mare, bagnata da acque chiare come quelle di una fonte. Il silenzio ovunque, interrotto solo dal fruscio del vento e dal frinire delle cicale. Il primo insediamento militare sembra essere stato costruito addirittura dai Bizantini intorno al VI° secolo; a questo periodo appartengono alcuni ritrovamenti archeologici, la cui origine parrebbe derivare da una fortificazione fatta da Giustiniano durante le guerre gotiche (527-565). Certo è che alcuni secoli dopo, quando terminò nel 1071 il dominio dell’Impero sull’Italia meridionale,
Corfù divenne la nuova frontiera fra Bisanzio e gli uomini dell’ovest e nacque quindi la necessità di fortificarla pesantemente. A decidere di costruire una fortezza imprendibile in questo luogo fu forse l’imperatore Manuele I° Comneno, o piuttosto Michele I° Ducas o il figlio Michele II°. Corfù (o meglio Kerkyra) era infatti soggetta a continue invasioni e scorrerie da parte del Regno Normanno di Sicilia, ed era necessario proteggere l’isola, i suoi abitanti e gli interessi greci da furti e ruberie. I Ducas erano i despoti dell’Epiro, appartenenti alla famiglia imperiale bizantina, ed erano definiti i Komnenoi Angeloi: questo potrebbe spiegare l’origine del nome. L’isola nel 1267 passò a Manfredi, re di Sicilia, ma già nel 1272 Giordano di San Felice ne prese possesso per conto di Carlo d’Angiò re di Napoli: in quell’occasione il “Castello dell’Angelo Santo”, o Castrum Sancti Angeli viene ufficialmente citato per la prima volta. Un secolo dopo, in maniera incruenta, l’isola passò sotto la proprietà della Serenissima Repubblica di Venezia, alla quale appartenne fino alla sua caduta nel 1797.
Fu questo il periodo di maggiore importanza per Angelokastro. I veneziani, principale potenza marittima dell’epoca, avevano da fronteggiare due nemici temibili: i genovesi ad ovest, e l’Impero turco Ottomano nelle terre e nei mari ad oriente. La fortezza serviva per monitorare le rotte marittime dell’Adriatico Meridionale e del Mar Ionio e per proteggere la popolazione locale, che contribuiva a difenderla. Il sistema di difesa di Corfù comprendeva altri due castelli bizantini: Kassiopi nel nord est e Gardiki nel sud dell’isola; a queste i veneziani aggiunsero poi due fortezze nella città di Corfù. Questi castelli si rivelarono un osso assai duro per i conquistatori. Angelokastro resistette ad ogni attacco, rivelandosi imprendibile. Nel frattempo, la fortezza divenne per un paio di secoli il capoluogo dell’isola, sede del Provveditore Generale del Levante, governatore delle Isole Ionie e comandante della flotta locale. Nel 1403 una flotta genovese fece sbarcare a Paleokastritsa oltre 10.000 mercenari, guidati dal famoso Jean II Le Meingre detto Boucicaut, eroe della Guerra dei Cent’anni e Governatore della Repubblica di Genova. Per un anno posero l’assedio alla fortezza, distruggendo e depredando le campagne circostanti, svuotate però dai contadini, che si erano rifugiati dentro le mura di Angelokastro. Dopo furiose battaglie, dovettero andarsene con la coda tra le gambe, battuti da una scarna guarnigione e da un po’ di agricoltori.
Nel 1537 il grande sultano turco Solimano il Magnifico inviò una forza di 25.000 uomini al comando dell’ammiraglio Hayreddin Barbarossa. Lo scopo: la conquista dell’isola di Corfù, trampolino di lancio verso l’Italia. Dopo lo sbarco, l’armata turca dilagò velocemente saccheggiando ogni cosa e facendo schiavi per l’Impero: circa 20.000 persone vennero portate via in catene. Resistevano solo il Vecchio Forte di Corfù Town e Angelokastro. Quando però gli Ottomani attaccarono la fortezza, questa aveva salvato dentro le sue mura circa 3000 abitanti, che si unirono anche stavolta alla guarnigione, contribuendo alla vittoria nei quattro devastanti attacchi che seguirono. La storia si ripetette nel 1571, esattamente allo stesso modo. L’ammiraglio Alì Pasha Kilich dispiegò due terzi degli uomini per la conquista del castello, senza esito. Quando, delusi dalla sconfitta, i turchi si gettarono sulla lontana città di Corfù, i difensori uscirono dalle mura per attaccarli con frecce e rocce dall’alto delle montagne dell’interno. Una vera beffa, ripetutasi nell’ultimo assedio, avvenuto nel 1716. La scarna guarnigione aveva vinto quattro volte contro un nemico ben superiore grazie all’aiuto della gente comune. Ciò che non poterono i nemici, lo fece l’usura del tempo, che ridusse il castello a mere e tristi rovine. I restauri degli ultimi anni stanno portando però alla luce bellezze nascoste e hanno soprattutto reso il luogo usufruibile al pubblico.
La porta principale, rivolta a nord, era protetta da una torre circolare; le rovine di fronte all’ingresso sono quelle degli alloggi della guarnigione. Una volta varcate le mura, si ha una decisa sensazione di rovina, come se una serie di terremoti avesse tentato di distruggere tutto; in più l’area sembra decisamente troppo piccola per riuscire a contenere 4000 persone, pur ammassate. Dopo la fatica del sentiero, si ha decisamente voglia di un premio, dirigendosi così sempre più in alto per la vista sul mare che già si immagina magnifica. Salendo si arriva quindi all’acropoli, con una piccola chiesetta sul lato meridionale, edificata nel 1784; dedicata all’Arcangelo Michele, è costruita sul sito di una precedente chiesa paleocristiana. Durante i restauri sono infatti state rinvenute due lastre con croce bizantina che facevano parte della balaustra scolpita dell’antica basilica. Sul lato nordorientale della fortezza sono ancora visibili i merli dai quali si affacciavano gli armigeri di guardia: la vista non mancava certamente loro, ed è tuttora di grande fascino per qualsiasi visitatore, con lo scenario spettacolare delle pareti rocciose a strapiombo sul mare. Da qui venivano osservate le rotte delle antiche navi.Tre cisterne sotterranee fornivano acqua agli occupanti del castello. Sul lato orientale è invece possibile vedere una piccola cappella dedicata a San Kyriaki, ottenuta scavando nella formazione rocciosa e che era dimora di un eremita. Un ultimo mistero: sul lato occidentale c’era un piccolo cimitero, con sette tombe scavate nella roccia a forma umana, come dei sarcofagi, di origine sconosciuta.
Per giungere al sito di Angelokastro è necessario noleggiare un’auto oppure uno scooter, e venire da Krini oppure da Paleokastritsa attraversando uno splendido paesaggio colmo di ulivi su strade molto tortuose e pericolose. Una volta arrivati al parcheggio, potrete bere un caffè alla taverna presente, oppure acquistare miele e oggetti fatti in ulivo da una bancarella. L’ingresso costa 3 euro, e la salita più breve di quanto faccia temere la vista dal basso.