Testo di Teresa Carrubba Foto di Teresa Carrubba e Archivio
La leggiadra Venere di botticelliana memoria che si erge dalle acque su una conchiglia, sembra essere nata proprio qui, a Cipro, nella baia di Petra tou Romiou. La dea dell’amore e della bellezza, Afrodite, l’alias greco della Venere romana, non poteva che emergere da queste acque cristalline in un tratto di costa che, vista dall’alto, rimanda l’eco pregnante del mito e della leggenda. Una vera e propria fascinazione su chi giura di poter trovare l’elisir di giovinezza tuffandosi proprio in questo specchio di mare. Ma altre realtà, ben più tangibili ci restituiscono il potere storico della mitologia. Parliamo ad esempio delle magnifiche testimonianze musive sui pavimenti di ville patrizie i cui visitatissimi resti sono ubicati nella vicina Pafos, antica città inserita dall’UNESCO nel Patrimonio dell’Umanità, che fu capitale di Cipro al tempo dei Greci e dei Romani e che quest’anno è stata insignita del titolo di Capitale Europea della Cultura. La Casa di Dioniso, per esempio, così detta per via dei pregevoli mosaici raffiguranti soprattutto il dio del vino, che coprono una superfice di oltre 500 metri quadrati.
Tra questi, il più significativo rappresenta Dioniso che tiene un grappolo di uva in mano e la ninfa Akmè nell’atto di bere vino. Questi mosaici costituiscono la più ricca serie di narrazioni mitologiche fino ad ora scoperte a Cipro, riguardanti, tra gli altri, i miti di Narciso, Piramo e Tisbe, Apollo e Dafne, Nettuno e Amimone, Fedra e Ippolito. Di pari valore artistico ed archeologico i mosaici della Casa di Teseo, considerata il più vasto complesso residenziale antico di Cipro. Dalla sua planimetria e dalla ricchezza delle decorazioni, si è dedotto che fosse la residenza del proconsole romano. I pavimenti mostrano la levatura artistica di bellissimi mosaici a motivi geometrici, ma anche mitologici, risalenti a periodi diversi nella storia dell’edificio. Il più celebre è la raffigurazione di Teseo che uccide il Minotauro, un mosaico di altissimo livello qualitativo realizzato nel III sec. d.C., che dette il nome alla villa. Ma non mancano, sempre in tema mitologico, altre importanti raffigurazioni, come quelle di Nettuno e Anfitrite. Poco lontano, le Tombe dei Re di epoca tolemaica, tra cui le più interessanti sono quelle scavate nella roccia, l’Odeon di Pafos di età ellenistica e il Monastero di Chrysorrogiatissa, fondato nel 1152 dal monaco Ignazio dopo aver trovato una miracolosa icona della Vergine Maria al largo della costa di Pafos. Non è da trascurare il fatto che la vecchia cantina del monastero produce alcuni dei migliori vini ciprioti.
E la chiesa di Panagia Chrysopolitissa, costruita nel IV sec. d.C. con una pianta a sette navate, ma che subì numerose alterazioni e ricostruzioni. Anche qui, ricchi mosaici sia geometrici sia figurativi in opus sectile, l’antica tecnica che utilizza marmi e paste vitree, risalenti a periodi diversi tra il IV e il VII sec. d.C.. Panagia Chrysopolitissa, insieme all’annessa basilica paleocristiana, fa parte della “Strada di San Paolo” un itinerario a metà tra il pellegrinaggio e la scoperta culturale che Cipro propone ripercorrendo le tappe che il santo toccò nella sua opera di cristianizzazione. Chi viene in quest’isola non può che rimanere incantato dal superbo complesso archeologico di Kourion, l’importante città‐stato dell’antichità nota per il suo teatro Greco‐Romano del II secolo a.C., dall’acustica perfetta, le cui scalinate digradano verso il mare con un notevole effetto scenico. Una suggestione perpetuata fino ad oggi visto che il teatro, abilmente restaurato, viene ancora utilizzato per drammi e spettacoli musicali. Kourion vanta anche una basilica paleocristiana e alcune ville patrizie con raffinati pavimenti a mosaico. Notevoli quelli della Casa di Eustolio, del V secolo d.C., un tempo villa privata romana, composta da un gran numero di stanze.
In questa curiosa mescolanza tra arte, cultura, mitologia e fede, ben s’inseriscono le chiese bizantine sparse tra i Monti Troodos, dieci delle quali sono state dichiarate dall’UNESCO Patrimonio Culturale dell’Umanità per via dei notevoli affreschi. La Regione dei Monti Troodos costituisce l’altra faccia di Cipro, complementare e non contrapposta a quella litoranea fatta di baie solitarie sormontate e protette da impressionanti scogliere artisticamente disegnate da vento, acqua e salsedine. Una natura incontaminata, a tratti brulla, ma perlopiù coperta da un manto di vegetazione mediterranea, pini, ginepri, carrubi e vigneti terrazzati, gole e ruscelli e il cosiddetto Complesso di Ofiolite dei Troodos, una formazione geologica formatasi 90 milioni di anni fa che è fatta oggetto di studi scientifici internazionali. Così come la sorprendente flora che annovera circa 800 diverse specie di piante, più di 70 endemiche, 12 delle quali crescono solo qui per via del particolare microclima dovuto all’altitudine che raggiunge fino i 2000 metri e la singolare composizione geologica.
Motivo in più perché botanici, scienziati o semplici amanti della natura esplorino i numerosi percorsi segnalati, alcuni dei quali fanno parte del Sentiero Europeo a lunga distanza E4. Simile alternanza di rocce e vegetazione lussureggiante è offerta dalla penisola di Akamas, parco naturale protetto incluso dal Consiglio europeo nel programma di protezione del Mediterraneo, meta di trekking attraverso i sentieri che partono dai Bagni di Afrodite, nei pressi di Latchi, conducono all’immensa baia di Lara, scelta dalle tartarughe marine per deporre e sotterrare le uova poi scrupolosamente protette da gabbiette segnaletiche, e, al confine sud-ovest della penisola, la famosa spiaggia di sabbia e ciottoli Coral Bay. Insomma, a Cipro la Natura non ha badato a spese fornendola di una variegata ricchezza ambientale che si traduce anche in una altrettanto complessa tradizione culinaria. Complice l’influenza delle varie civiltà e dominazioni che qui si sono succedute nel tempo. Dal periodo pre-ellenico fino alle influenze britanniche, passando attraverso le culture islamiche e cristiane. Ed è ben noto che la fusione di più elementi, se validi e ben armonizzati, genera un unicum inimitabile. La cucina cipriota è tutto questo.
L’apoteosi della tavola isolana è il Mezè, un vero trionfo culinario che vede avvicendarsi, piatto dopo piatto, un caleidoscopio di colori e di sapori fatto di verdure, carne, pesce, formaggi, legumi e quant’altro seguiti da salsine aromatiche allo yogurt o al sesamo e un eccellente olio d’oliva locale. Senza tema di smentita gli “assaggini” possono arrivare fino a trenta. Un consiglio? Degustare ogni portata “siga siga”, piano piano, approfittando dell’atmosfera rilassante dei locali ciprioti, spesso a conduzione familiare, dove c’è sempre qualcuno che, con affabilità e radicato senso dell’ospitalità, qualità tipiche dell’isola, racconta vita morte e miracoli di ogni pietanza. Con una forte predominanza del gusto greco, questi piatti sanno anche di Turchia, Libano e persino di Italia, Francia e Gran Bretagna. Non sorprenda il fatto che, nonostante Cipro sia un’isola pescosa e con un mare così limpido da offrire la massima garanzia, a tavola da sempre si ammannisce più carne che pesce. Anche se ultimamente le cose stanno un po’ cambiando ed ecco che polpi, branzini e triglie prendono sempre di più il posto dell’agnello, del montone o del maiale, specie nel mitico mezè.
A proposito di carne, girando per l’isola si possono degustare almeno un paio di piatti caratteristici: il tavas, sorta di spezzatino di agnello o manzo con pomodori, cipolle e profumo di cannella e lo stifado, carne di agnello o coniglio fatta stufare con cipolle e vino in agrodolce. Decisamente saporiti, poi, la spanakopita, torta salata con pasta fillo che avvolge un ripieno di spinaci, feta e uova, le kouperia, foglie di vite ripiene di riso o di carne, le yemista, verdure ripiene al forno, la moussaka, simile alla nostra parmigiana di melanzane con in più patate, carne macinata, formaggio e besciamella, l’hummus, una crema di ceci, sesamo e olio di oliva. I dolci ciprioti rivelano l’influenza turca, come Kadeifi, torta di miele e noci, l’Halvas, sempre a base di miele. Una vera delizia del palato sono i loukoumades, palline fritte, soffici dentro e croccanti in superficie, esaltate da una colata di finissimo miele. Da non mancare l’assaggio del particolarissimo soutzoukos, mandorle infilate in lunghissime collane che vengono immerse in mosto d’uva e poi appese lungo una canna per farle addensare e del ppalouze, un budino d’uva. Il pane tipico è la pitta, una forma schiacciata non levitata cotta nel forno di pietra, a volte arricchita da olive.
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Ayii Anargyri Natural Healing Spa Resort Paphos
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Zening Resort
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