La recente impossibilità ad accedere, per tensioni interne e il pericolo di possibili sequestri, a nazioni nordafricane come Mauritania, Mali, Niger e Libia, obbliga gli appassionati di esplorazione sahariana a concentrarsi su altre destinazioni oppure ad inventarsi nuovi itinerari in paesi o regioni ancora in grado di offrire condizioni di sicurezza. E’ il caso, ad esempio, dell’Algeria, il maggior stato sahariano e africano (grande quasi 8 volte l’Italia, e occupato per l’ 85 % da deserto), dove le guerriglie ed i casi di brigantaggio nei confinanti Niger e Mali sconsigliano ormai di addentarsi nei magnifici deserti ubicati a sud di Tamanrasset e di Djanet, le due capitali algerine dei tuareg stanziali dell’Hoggar e del Tassili n’Aggher, nonché di compiere le classiche traversate transnazionali Algeria-Mali o Algeria-Niger. Meglio concentrarsi allora, per quanti non vogliono rinunciare all’incolumità personale ma al tempo stesso all’ammaliante fascino delle dune, dei picchi di roccia curiosamente erosi dal vento ed alle volte stellate, sui meno conosciuti deserti che si sviluppano a nord di tali località, meno noti e finora poco frequentati ma decisamente ricchi di attrattive e di peculiarità.
Uno di questi itinerari, proposto da una guida tuareg locale, percorre ad anello i diversi erg ed i rilievi rocciosi che si sviluppano a nord-ovest dell’oasi di Djanet, nell’Algeria di sud-est, e ad occidente del massiccio del Tassili n’Aggher. Quest’ultimo è uno dei maggiori rilievi del Sahara centrale, una catena di arenaria grande due volte la Svizzera che si estende perpendicolarmente per 500 km, larga 50-70 e un’altezza superiore ai 2.000 m, con gli strati fortemente inclinati a formare sul lato occidentale una imponente falesia verticale, mentre su quello orientale si smorzano in prossimità del confine libico. L’omonimo parco nazionale, riserva della biosfera e sito Unesco, accessibile soltanto a piedi, risulta universalmente noto per le sue caratteristiche morfologiche (selve di pinnacoli e torrioni di roccia, archi e ponti naturali, labirinti di pietra, enormi canyon e guelte con acqua), per la vegetazione endemica (olivastri, mirto selvatico e i millenari cipressi sahariani, testimonianze di un clima ben diverso dall’attuale, quando diecimila anni or sono il Sahara era verde) nonché per le straordinarie manifestazione d’arte rupestre preistorica che adornano cavità e ripari sotto roccia a farne uno dei più ricchi musei all’aperto.
L’itinerario parte dal palmeto della verde Djanet, nel passato importante nodo carovaniero e sede di un forte coloniale della Legione Straniera, per attraversare l’erg d’Admer, oceano di sabbia rosata chiamato il deserto di seta con dune alte fino a 150 m, e poi Tin Abaro, labirinto di rocce modellate dal vento in forme fantasmagoriche, toccando alcune oasi ancora abitate da tuareg seminomadi con le loro mandrie di capre e dromedari, diversi uadi disseminati di vegetazione e picchi di roccia curiosamente erosi in forme bizzarre. L’erg di Tihodaine si presenta come un ennesimo oceano di anfiteatri dunari, con all’inizio cordoni bassi cespugliati che tendono sempre di più ad aumentare di consistenza ed altezza, fino ad incontrare al centro una nera montagna alta 1.600 m; tutto l’erg, ricco di tracce di gazzelle, presenta diversi paleolaghi, paleosuoli e tombe neolitiche attestanti una intesa antica frequentazione umana. Ci si innalza sensibilmente di quota per entrare nelle estreme pendici nord-occidentali del Tassili, tra cime dentellate e picchi frastagliati, dove si trovano suggestive e misconosciute manifestazioni di arte parietale preistorica, come i cani, i cavalli, i bovidi e i famosi carri garamantici dipinti dell’oasi di Tamajert, i mufloni, i buoi bicromi e le eleganti figure umane del periodo bovidiano nella grotta di Tin Batulet, oppure le incisioni di Dider ritraenti con incredibile realismo rinoceronti, struzzi, gazzelle, giraffe e buoi, fauna risalente ad una lontana epoca pluviale.
La guelta di Essendilene, pozze d’acqua entro vasche di roccia di un canyon, rappresenta un luogo magico per la vegetazione, ricca com’è di oleandri, tamerici, palme da dattero e acacie. Ultima chicca prima del rientro a Djanet una delle più espressive incisioni rupestri del neolitico sahariano: la cosiddetta “vacca che piange” di Terarat, un bassorilievo di bovini che vorrebbero abbeverarsi ad una pozza ormai secca. Questo interessante percorso ambientale consente anche un insolito contatto con le popolazioni nomadi tuareg, gli uomini blu signori del deserto, e le loro suggestive tradizioni millenarie, in primis l’abbigliamento maschile e l’immancabile rito del tè.
L’operatore milanese “I Viaggi di MaurizioLevi” (tel. 02 34 93 45 28, www.viaggilevi.com), unico in Italia specializzato da 30 anni in viaggi e spedizioni nei deserti di tutto il mondo, propone questo sicuro percorso sahariano di 10 giorni in fuoristrada. Partenze mensili di gruppo con voli di linea Air Algerie da Milano (e altri aeroporti) da ottobre ad aprile 2016, pernottamenti in tenda con pensione completa, accompagnatore di lingua italiana. In Algeria Viaggi Levi propone anche altri itinerari.