Testo di Luisa Chiumenti e Foto di Giovanni De Angelis
Da Palazzo Reale a Milano, dove ha visto un grandioso successo di pubblico e di critica, la mostra “Warhol”, prima grande monografica dedicata a Andy Warhol (fino al 28 settembre 2014), è stata allestita in Roma, nella prestigiosa sede del Museo Fondazione Roma a Palazzo Cipolla.150 le opere esposte, provenienti dalla “The Brant Foundation”, di cui è fondatore e Presidente il curatore della mostra Peter Brant, amico di Warhol e noto collezionista, la cui curatela è accompagnata dal contributo di Francesco Bonami. Ed è proprio il saggio prodotto in Catalogo da Francesco Bonami, che precisa alcuni punti della visione che Andy Warhol aveva dell’arte, riportando fra l’altro alcune sue interessanti parole:..”Non pensare di fare arte, falla e basta. Lascia che siano gli altri a decidere se è buona o cattiva…” e ancora “non ti preoccupare, non c’è niente che riguarda l’arte che uno non possa capire” e inoltre…” Tutte le Coca Cola sono sempre uguali e tutte le Coca Cola sono buone. Lo sa Liz Taylor, lo sa il Presidente degli Stati Uniti, lo sa il barbone e lo sai anche tu”. Sono espressioni che permettono di comprendere quale sia stato l’evolversi dell’arte proprio con la Pop art e particolarmente con Warhol, proprio nella consapevolezza che l’arte venga “liberata”, offrendole “l’opportunità di dimostrare tutta la propria esteriorità e offrendo allo spettatore, perla prima volta, l’occasione di affidarsi semplicemente alla propria meraviglia,potendosi identificare con gli oggetti”.
Visitando la mostra è possibile cogliere l’intero percorso professionale di Warhol, artista americano, padre della Pop Art, attraverso i capolavori di ogni periodo artistico poiché infatti, come scrive Francesco Bonami nel suo saggio in catalogo (edito da 24 ORE Cultura), “la mostra è un’occasione rarissima per il pubblico di poter vedere uno dei gruppi di opere più importanti dell’artista americano” … “raccolto non da un semplice, per quanto appassionato, collezionista ma da un personaggio, Peter Brant, intimo amico di Warhol con il quale ha condiviso gli anni artisticamente e culturalmente più vivaci della New York degli anni ‘60 e ‘70”. Si iniziano così a scoprire i lavori degli anni Cinquanta, quando Warhol si impegnava nella “commercial art” e cominciava poco dopo a lavorare come illustratore per riviste prestigiose (da Harper’s Bazar al New Yorker) e come disegnatore pubblicitario. E nasceranno in quel periodo quelle particolarissime “scarpette a foglia d’oro” che si possono vedere in apertura della bella mostra. L’idea era scaturita appunto dal lavoro che egli eseguiva in quel periodo per un famoso negozio di scarpe, da cui poi sarebbero scaturite molte altre idee. Ed ecco, in mostra, le prime Campbell’s Sup e Coke, insieme a Disaster. Moltissime, com’è noto, le tematiche trattate da Andy Warhol, quasi tutte presenti nelle collezioni Brant, , opere pittoriche, ma anche importanti disegni e dipinti di francobolli, come S&H Green Stamps, 1962,” fatti con stampini ripetuti e più e più volte sulla carta (l’iterazione è uno dei codici linguistici prediletti di Warhol perché rende semanticamente più “neutro” il soggetto) e, dello stesso anno, i Red Elvis e il grandioso 192 One Dollar Bills; così come ci sono due splendide Marilyn, una del 1962 (poco dopo la sua morte) e una delle 4 Shot Marilyn del 1964, i dipinti trapassati in fronte dal colpo di pistola sparato in studio da un’amica del fotografo Billy Name.
Presenti in mostra anche le famosissime icone di Warhol: le Brillo Box e i primi Flowers, 1964, esposte a suo tempo nella prestigiosa galleria di Leo Castelli e poi i Mao (del 1972), con i quali Warhol inaugurava una nuova pittura forse “più gestuale”; le “Ladies and Gentlemen”, la serie dedicata alle Drag Queens di New York e un gran numero di Skulls, i teschi che dal 1976 si moltiplicarono poi nel suo lavoro. Un’intera sala è stata dedicata alle polaroid (simbolo della New York anni ’60. Andy Warhol ha saputo “trasformare in arte i feticci dell’immaginario collettivo americano, anticipando l’instaurarsi del potere dei mass media” trasformando in “ icone” la Coca Cola come Elvis Presley, la Campbell’s Soup come Liz Taylor e Marilyn Monroe, il biglietto del dollaro come Jackie Kennedy.
). E concludiamo con un suo pensiero sulla fama, che, com’è noto, era una sorta di ossessione per Warhol, tanto da esprimerla nella famosa frase: “15 minuti di celebrità”. La mostra, promossa dalla Fondazione Roma, dalla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della Città di Roma e dal Comune di Milano-Cultura, è stata prodotta e organizzata da Arthemisia Group e da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE.
“Warhol”
Museo Fondazione Roma Palazzo Cipolla
(fino al 28 settembre 2014).
Per informazioni e prenotazioni:
tel. : 0698373328
www.ticket.it/warholroma