PALAZZO BONAPARTE ROMA – PIAZZA VENEZIA
(fino al 26 marzo 2022).
di Luisa Chiumenti
Generoso il prestito da parte del Kröller-Müller Museum di Otterlo che ha consentito di proporre una eccezionale selezione di opere che documenta l’intero percorso artistico di Van Gogh.
A introdurre il visitatore nel l’affascinante viaggio tra i capolavori dell’artista, sono alcuni dipinti significativi di altri pittori a testimonianza fra l’altro della enorme ricchezza di una collezione costruita con amore da Helene Kröller-Müller che ha dedicato gran parte della sua vita alla realizzazione del Museo.
La Kröller-Müller, infatti, tra il 1907 e il 1938, apprezzando per prima l’opera del pittore olandese, raccolse una collezione unica in Europa, che comprendeva, oltre alle opere di Van Gogh, dipinti di Picasso, Gris, Mondrian, Signac, Seurat, Redon, Cranach, Gauguin, Renoir, Latour.
E fu sempre Helene Kröller-Müller che espose per prima i quadri di Van Gogh in Europa e negli Stati Uniti, proponendosi così anche di rendere di dominio comune non solo la fama dell’artista ma anche quella della propria collezione, sollecitando altresì lo stesso stato olandese a partecipare alla costruzione del museo.
Ed ecco in questa mostra a Palazzo Bonaparte a Roma, alcuni capolavori degli inizi di quella collezione, uno fra tutti il Portrait of a young woman (The Madrilenian) di Picasso.
E il percorso della attuale esposizione di Palazzo Bonaparte in Roma presentato in ordine cronologico, in cinque sezioni, si può seguire, a mano a mano, nei periodi e luoghi in cui Van Gogh si trovò a soggiornare: da quello olandese, al soggiorno parigino, a quello ad Arles, fino a St.Remy e Auvers-Sur-Oise, dove ebbe fine la sua tormentata vita.
E ci piace soffermarci in particolare sulla prima sezione e con la curatrice apprendere come Helene Kröller-Müller affidasse all’arte il compito di “traghettare la società verso il futuro, espandendo il mondo delle opere oltre il concetto del bello. Se l’arte ha il compito di condurci verso il domani, l’artista diventa il mediatore fra i due mondi, dando voce a sentimenti non ancora registrati e offrendo al mondo la sua visione del futuro attraverso l’esperienza estetica.”
E se la seconda sezione presenta il periodo olandese, la terza abbraccia Parigi, da quando, nel febbraio del 1888, Van Gogh decideva di trasferirsi in quell’ambiente, da cui percepiva l’impulso di moti artistici e culturali molto stimolanti.
Come ricorda M.Teresa Benedetti, curatrice della mostra, con Francesca Villanti Main, “Dipingere a ogni costo” è stato il percorso inimitabile di Vincent van Gogh; “anima fragile” (così come fu spesso definito) ma pur sempre alla ricerca di affetto, amicizia e di quei consensi, che non giungevano mai. E’ quanto chiaramente esprimono i numerosissimi autoritratti da cui si leggono le delusioni di ogni tipo, anche negli affetti più stretti fino alla rottura con il padre, predicatore che giudicava il figlio “eccessivo e fanatico nella sua fede”.
Nel suo estremo interesse per la fisionomia umana, Vincent si pone in contrasto con il nascente sviluppo della fotografia, scrivendo così in una lettera a Theo: “I ritratti dipinti hanno una vita propria che si origina dall’anima del pittore che nessuna macchina può catturare.” Ed è lui che scrive, nel 1885, al fratello ) : “C’è in casa una tale ripugnanza nei miei confronti, come se fosse entrato un grosso cane. Magari entrerebbe nella stanza con le zampe bagnate e poi è così ispido. Darà fastidio a tutti. E abbaia così forte”
E quando Vincent, già a ventisei anni, vivendo con intensità ogni cosa, decide di lasciare il Borinage dove era stato catechista e volontario tra i minatori, e torna a vivere a Nuenen, accanto alla madre e alle sorelle, si abbandonerà, con viva intensità, alla pittura, affascinato dalle tematiche che gli venivano offerte dalla vita contadina e dalla natura, stimolandone il sogno.
Il percorso artistico, così difficile in vita, divenne poi fondamentale nell’imporsi alla cultura artistica successiva, in particolare influenzando vari artisti da Munch, a Bacon che, nel marzo 1957, alla Hanover Gallery di Londra, gli dedicava una grande mostra in cui vennero esposte le sei versioni del suo Studio per un ritratto di Van Gogh essendo stato colpito da una foto del dipinto dell’artista “Il pittore sulla strada di Tarascona”.
Se non ebbe fortuna in vita Van Gogh tuttavia influenzò notevolmente artisti e intellettuali del mondo culturale che seguì nel tempo, dagli espressionisti tedeschi, a Munch, a Bacon, che, (come viene ricordato in Catalogo) aveva letto la corrispondenza di Vincent tradotta in inglese dopo la Prima guerra mondiale dedicandogli poi la mostra.