Sono 56 le sculture di Picasso realizzate fra il 1905 e il 1964 (sculture in gesso, legno, cemento, metallo, bronzo, e anche in materiali di uso comune come spago, tessuti, bottoni, chiodi, viti e oggetti trovati sulla spiaggia assemblati e fusi) che appaiono in mostra alla Galleria Borghese.
Avvolte da quell’aura speciale di cui Picasso era rimasto tanto colpito nella visita che aveva fatto al Museo durante il suo soggiorno romano, dopo aver visto anche Michelangelo e Raffaello in Vaticano, le sculture sono affiancate alle stupende realizzazioni scultoree di Bernini.
Ricordiamo che Pablo Picasso (1881-1973) soggiornò a Roma, avendo il suo atelier negli studi Patrizi a via Margutta, mentre alloggiava invece all’Hotel de Russie, dove abitava anche Cocteau. Era giunto infatti a Roma con Jean Cocteau per dedicarsi con lui e con il coreografo e ballerino Léonide Massine, agli studi e bozzetti per il balletto “Parade”.
Si tratta della prima mostra in Italia dedicata a Picasso scultore, ideata e curata da Anna Coliva, direttrice della Galleria Borghese e da Diana Widmaier Picasso, nipote dell’artista (figlia di Maia), e inserita nel programma internazionale “Picasso Méditerranée”.
Sostenuta da Fendi, partner istituzionale della Galleria, l’esposizione presenta opere provenienti dal Museo Nazionale Picasso di Parigi, dai musei di Vienna e di Stoccolma, come pure dalla Fondazione Beyeler e da molte collezioni private.
E così, visitando la mostra, possiamo vedere (esposta per la prima volta) quella lamiera tagliata, piegata e dipinta (da collezione privata, datata fra il’28 e il ’29), che si trova al piano superiore della Galleria, conosciuta come “Bagnante” ed una particolarissima testa di donna in bronzo esposta al secondo piano, che fra l’altro evidenzia una didascalia: “Testa rotta”, unica apposta dall’A., che non accompagnava mai le sue opere con le relative didascalie.
E ancora vediamo in mostra come Picasso lavori anche con i frammenti e possiamo fermarci dinanzi alle vetrine che accolgono i calchi in gesso, le impronte della sua mano, come pure le piccolissime chitarre fatte con oggetti appartenuti a Olga.
Colpisce particolarmente, per l’accostamento, accanto alla stupenda “Paolina” di Canova la “Donna che legge”, opera del’51 in gesso, legno, oggetti metallici, chiodi, viti, come pure, in un’altra sala, accanto al David di Bernini, la “Bagnante” in bronzo degli anni Trenta (Marie Thérèse Walter, rappresentata anche in metallo nella sala di Apollo e Dafne).
Di grande interesse è da segnalare, nei locali seminterrati della Galleria, l’esposizione di video, foto e documenti, che mostrano l’artista al lavoro in quell’ultimo periodo che lo vide fortemente dedicato alla scultura mentre si trovava in Costa Azzurra, a Vallauris, culla della ceramica e delle varie tendenze che allora venivano seguite in quel campo e che egli in gran parte riuscì a rinnovare.
E sarà qui che, creando varie manipolazioni e assemblaggi di materiali inconsueti, come quelli ricavati dal recupero dei rottami metallici prodotti da industrie locali, egli darà vita alle sculture tridimensionali in lamiera dipinta, approdando poi, nei primi anni ’50, anche ad assemblaggi in legno, quando si trasferisce a Cannes con Jacqueline Roque.
Per informazioni:
Galleria Borghese
06.84.13.979
Piazzale Scipione Borghese, Roma
Testo di Luisa Chiumenti