Charles-François (Franz) KNEBEL(La Sarraz 1810-Roma 1877),
Tempio di Vesta, 1848, acquerello, Museo di Roma
Testo di Luisa Chiumenti
Il fascino delle antiche vestigia portò numerosi i viaggiatori d’oltralpe, fra il Settecento e l’Ottocento, a venire in Italia e soprattutto a scoprire Roma con la sconfinata passione della riscoperta di quanto ogni viaggiatore aveva letto nei testi classici, immergendosi nella grande luce mediterranea che si stemperava sull’Urbe e sulla campagna romana, con la sua gente e gli antichi borghi che punteggiano le dolci colline. Ed ecco in particolare i tedeschi , le cui impressioni sono segnate con grande efficacia ed evidenza nelle immagini di una bella mostra sui “Vedutisti tedeschi a Roma tra il XVIII e il XIX secolo”, che è stata recentemente allestita presso il Museo di Roma a Palazzo Braschi. In particolare poi tale mostra conclude il ciclo “Luoghi comuni” iniziato nel 2012 e nel 2013 con due esposizioni dedicate ai vedutisti francesi e inglesi. L’ esposizione è stata promossa dall’Assessorato al alle Politiche Culturali e CentroStorico–Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, con la curatela di Simonetta Tozzi. E per l’Organizzazione e servizi museali di Zètema Progetto Cultura. Il catalogo, che presenta anche le opere esposte nelle due precedenti esposizioni, è stampato da Campisano editore. Circa 80 le opere in mostra, tutte provenienti dalla ricca raccolta di opere grafiche del Museo di Roma, una collezione molto ampia che viene esposta a rotazione per tutelarne la delicata conservazione. Si alternano vedute del Foro Romano e del Colosseo, di Villa Borghese, di Castel Sant’Angelo e di Ponte Milvio ma non mancano le mitizzate visioni della campagna fuori città, tra Nemi, Tivoli e il lago di Albano. Le opere esposte sono state in gran parte eseguite da pittori che gravitavano nella cerchia di Angelika Kauffmann, artista tedesca che aveva fatto della sua dimora in via Sistina un vero e proprio cenacolo all’avanguardia per intellettuali e personaggi stranieri di passaggio in città.
Joseph Anton Koch (Obergiebeln 1768 – Roma 1839)
Dalli Orti Farnesiani in Roma, 1810, acquaforte,
Museo di Roma
La personalità più carismatica di questo gruppo era senza dubbio quella di Jacob Philipp Hackert, pittore di paesaggi tra i più quotati e meglio remunerati dell’epoca che ricevette committenze da Caterina di Russia e da Ferdinando IV e fu amico e maestro di disegno dello stesso Goethe. Insieme alle acqueforti di Hackert saranno presentate opere di Friedrich Wilhelm Gmelin, di Johann Christian Reinhart, di Jakob Wilhelm Mechau e di Joseph Anton Koch, pittore tedesco che fece parte della cerchia dei Nazareni. “Questi artisti che oggi farebbero reportages fotografici alllora utilizzavano svelti carnets, leggeri quadernetti facili da portare, se ne andavano in giro sempre pronti a cogliere macchiettte,figure,alcontrariodegliaccademicichelavoravanoalchiuso,almassimo copiando gessi o modelli e, tornando in studio, ripassavano a penna o acquerello gli appunti. Dotati di seggiolini pieghevoli, cappello a tesa larga per ripararsi dal sole, scatola dei colori sulle ginocchia a sostenere il foglio o la tela, ecco la tipologia del pittore che, abbandonato lo studio, va in cerca di emozioni nuove e crea un nuovo genere”.Con queste parole Simonetta Tozzi, curatrice della mostra, mette in luce l’identità di queei numerosi paesaggisti attivi in Italia tra la metà del Settecento e la metà dell’Ottocento che cominciarono a soddisfare la grande richiesta (peraltro sempre crescente) di acquerelli ed incisioni delle vedute italiane e romane. Il viaggio “di istruzione e di piacere” in Italia era divenuto così una tappa essenziale per la formazione intellettuale di ogni giovane europeo di buona famiglia e infatti le riproduzioni dei paesaggi italiani erano richieste per “arricchire i volumi destinati ai turisti o venivano vendute in esemplari sciolti”. E, durante i viaggi in Italia, la Roma cosmopolita ed arretrata del tempo diventò vera fonte di ispirazione per i pittori, alcuni dei quali, come lo stesso Hackert, scelsero di rimanervi fino alla morte.
Friedrich Wilhelm Gmelin (Badenweiler 1760-Roma 1820 circa)
Resti del Tempio di Ercole detto villa di Mecenate,
1793, acquerello e seppia, Museo di Roma
Interessante è anche sottolineare come si sia sviluppato in quel periodo un desiderio, da parte di intellettuali e uomini di cultura, di aiutare gli artisti, come è stato sototlilenato in un saggio in catalogo della mostra per quanto riguarda la figura di Franz Catel che espresse chiaramente la sua intenzione di lasciare gran parte delle sue sostanze ad artisti in difficoltà. Tale proposito è anche contenuto “ nella lapide del suo monumento funebre edificato nella chiesa di Santa Maria del Popolo in Roma .Questo il testo: “ FRANCISCO CATEL FRIDER. F.BEROLINEN/PICTORI EGREGIO EQUITI AQUILA BORUSSIACA/IN PRAECIPUA PER EUROPAM ARTIFICUM COLLEGIA COOPTATO/ET IN BEROLINENSI PICTURAE TRADENDAE.DOCTORI/QUI/UT INDIGENTIB.GERMANIS ET INGENUARUM ARTIUM.CULTORIS ITALIS/SUBSIDIA PARARET/PECUNIAM EIS MUTUAM GRATUITAM EX SUBSTANTIA SUA /DARI TESTAMENTO IUSSIT/ MARGARITA UXOR CUM LACRYMIS/ PIUS VIXIT AN.P.MLXXVIII DECESSIT XIV.CALEN.IANUAR.AN MDCCCLVII”
Roma – Museo di Roma Palazzo Braschi – Sale piano terra
Piazza Navona, 2 – Piazza San Pantaleo 10
(fino al 28 settembre 2014)
Per informazioni
www.museodiroma.it; www.museiincomuneroma.it; www.zetema.it
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