(fino al 25 ottobre 2015).
di Luisa Chiumenti
La tecnica creativa di Alaja risalta molto bene dal rapporto-contrasto fra le sue “statue” e quelle di cui è “scrigno” eccezionale la Galleria Borghese. E’ stato detto che si è verificata una sorta di sfida tra “forbici e “scalpello”. Con la mostra “Azzedine Alaïa. COUTURE/SCULPTURE”, la Galleria Borghese, considerata in certo modo “per antonomasia, la casa della scultura”,sotto la direzione di Anna Coliva, curatrice della mostra con Mark Wilson, porta avanti un particolare progetto espositivo. Tale progetto si propone di mettere a confronto opere scultoree appartenenti ad epoche diverse, realizzate con materiali diversi da artisti di altissimo livello. In particolare ora, con questa mostra programmata per il 2015 e aperta al pubblico da sabato 11 luglio, la “vocazione scultorea” della Galleria è entrata “nella multiformità delle varianti che offre il Museo e negli incandescenti contrasti di cui vive, la variante del tutto inedita della “scultura soffice”.
Le mostre programmate alla Galleria Borghese negli ultimi anni sono state infatti concepite “in alternanze storico filologiche e contemporanee, con l’intento di indagare non solo le opere scelte della collezione”. E del resto la Galleria ha ormai assunto la fisionomia di “luogo principe dell’opera scultorea”, intesa come una entità in sé, “un magma in attesa di forme, lungo un tempo storico che prosegue nella contemporaneità”. I marmi dai bianchi molteplici e colori diversi, le pietre, anch’esse di varia cromia, i gessi, i bronzi variamente patinati e cromati, si confrontano così, negli stupendi saloni della Galleria, con la “couture sculpture” di Azzedine Alaïa, in una equilibrata e armoniosa “coerenza tematica, coloristica, formale”, quasi in “continuità”, con le classiche sculture presenti da sempre nella preziosissima collezione della Galleria.
La Galleria Borghese sembra così diventare una sorta di palcoscenico aperto alla couture di Alaïa, messa appunto “in scena” con il coinvolgimento dell’intero museo. Il fatto che, nel suo complesso, il lavoro di Alaïa possa configurarsi come la materia (tessile o di cuoi e pellami, metalli accessori e quant’altro), presta i suoi colori e la sua duttilità alle forme, “intese quali fibre in tensione”, in questo “esordio nel luogo privilegiato della scultura”. Alaïa mette nel suo lavoro un’attenzione particolarissima alle forme e quindi al “corpo” così come appare nelle “statue” dei grandi artisti di cui la Galleria Borghese è da sempre ideale scrigno.
Particolarmente suggestivo è l’effetto della Galleria, dei suoi spazi e della sua scultura, nella “esaltazione della donna e nell’immaginazione di plasmare al suo corpo tutte le risorse del materiale, che sia tradizionale o sperimentale, nobile o modesto, stimolato dai colori e dalle materie del museo”: una sorta di “mitizzazione del corpo”, perché “l’arte scultorea si manifesta come un “modo, progressivo nel tempo, di scoprire il corpo, di liberarlo dall’ombra, un modo altrettanto sovversivo di quel lavoro di seconda pelle del corpo che per lui è l’abito”. E se questo è stato “il processo che ha determinato la scelta dei modelli esposti, è da sottolineare come i modelli siano stati prevalentemente eseguiti proprio per la presente mostra.
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