DI ELOISE LONGO
218 pagine
14 euro
ARACNE EDITORE
Testo di Mariella Morosi
Dopo un trauma tutto è diverso. Se la cosa importante è stata vincere la scommessa con la vita, come si torna alla normalità ritrovata, come ci si rapporta con i familiari, con la gente, con la propria casa? Le tracce che spesso restano, la disabilità o una menomazione, sono più evidenti negli sguardi degli altri, perché è l’altro a restituire l’immagine di ciò che siamo. Oggi il mutamento del concetto di malattia nella cultura e nel sistema sociale è strettamente legato alla diversa percezione e interpretazione che dello stesso evento hanno medici, pazienti e familiari coinvolti nel percorso terapeutico, considerati non come figure marginali ma attori che facilitano il processo stesso. La riabilitazione non è più solamente fisica o cognitiva. Negli ultimi anni si è passati da un modello prevalentemente sanitario a un modello sociale che prevede un approccio interdisciplinare in cui trovano spazio interventi antropologici, culturali, di relazione. E’ un’alleanza terapeutica, un percorso complesso che coinvolge le strutture sanitarie e i loro operatori, (medici, psicologi, logopedisti, fisiatri, volontari e sociologi) ma anche i familiari di quelle persone che sono definiti “pazienti”. Sperimentazioni in questo senso si sono svolte un po’ ovunque, ma c’è chi è andato oltre cercando risposte più particolareggiate alle esigenze del malato e al processo lento del suo rinserimento. Alla Fondazione Santa Lucia di Roma, Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, è stata realizzata una ricerca a cura della dr.ssa Eloise Longo, docente dell’Università di Tor Vergata, sociologa e ricercatrice presso l’Istituto Superiore di Sanità. Ne è nato questo libro, frutto di un lavoro lungo che ha coinvolto un intero reparto della struttura romana di Via Ardeatina, di rilievo nazionale ad alta specializzazione finalizzata alla riabilitazione neuromotoria. Attraverso la narrazione delle loro esperienze, i singoli pazienti e i loro familiari hanno mostrato l’impegno primario di recuperare l’unicità e l’irripetibilità dei percorsi soggettivi e qualche volta persino di metterli in discussione. Sono emersi dati significativi e anche riflessioni sui diversi modi di percepire la drammatica esperienza della malattia e della menomazione nell’influenza negli affetti, nella considerazione di sé, sul mutato ordine di priorità di ogni aspetto della vita. In questo volume, di forte impatto emotivo, viene data voce soprattutto ai pazienti. Le storie della vita “precedente” si intrecciano e spesso si confondono con le fasi del trauma che vengono raccontate loro dai familiari e che diventano un puzzle da riordinare, in cui impegnarsi per ritrovare se stessi, per ricostruire un’identità persa. In ospedale tutto è attutito dalla condivisione del proprio stato con quello di altri pazienti, non è un trauma nel trauma quello di muoversi su una sedia a rotelle. Qualunque disabilità è invisibile all’interno del contesto ospedaliero, con intorno una rassicurante equipe interdisciplinare, ma è visibile e ghettizzante se vissuta al di fuori. Una delle tematiche della narrazione è la solidarietà che trasforma, umanizzandoli, i rapporti e le relazioni interpersonali. Le problematiche affrontate da Eloise Longo cominciano quando la medicina tradizionale ritiene di aver finito il suo compito. E’ sempre più necessario sfuggire alle generalizzazioni e individuare i percorsi di sostegno più appropriati. Questa narrazione diventa una diagnosi indiretta degli aspetti socioculturali e psicologici che condizionano la vita del paziente e interagiscono con le cure mediche. La riabilitazione è la nuova frontiera della medicina e il libro ci presenta un tema affascinante e ancora inesplorato. E’ soprattutto una ricerca sul campo utile a far progredire ancora quel processo di umanizzazione dell’assistenza sanitaria che vogliamo.
(La copertina: è un inno alla vita: “Dance to the Music of Time” – di Nicolas Poussin 1634-1635)