di Federica Pagliarone
La storia di Mariangela Cerasi, nata nella Valle del Reno dove vive e lavora, è da sempre profondamente intrecciata alla storia dei luoghi e delle terre nelle quali l’artista è nata e cresciuta. I paesaggi appenninici e le acque del fiume Reno hanno fatto da sfondo ai suoi giochi di bambina e quelle terre e acque, quei sassi ed elementi naturali che hanno accompagnato i suoi pomeriggi spensierati, si tramutano nei grumi di materia e colore che danno origine a pitto-sculture o sculto-pitture, rappresentative della cifra stilistica dell’artista. Ancora oggi la Cerasi trae ispirazione dagli elementi naturali che circondano la sua casa nel verde, ricerca emozioni nei depositi di cose dismesse, nei vecchi cassetti di famiglia, tra le polveri di magazzini abbandonati. Scarti di ferro, plastica e legno assumono connotazioni oniriche, entrano in un immaginario artistico fatto di memorie da consegnare al futuro, si fondono in una miscellanea magmatica dalle forme ora nette e spigolose, ora avvolgenti e sinuose.
“Il mio percorso pittorico – racconta la Cerasi – inizia negli anni ’70 con varie sperimentazioni artistiche. Dopo una pausa di circa dieci anni in cui ho “vissuto altro” diventando mamma e dedicandomi al restauro, ho ripreso il lavoro, scrivendo una nuova pagina artistica sempre più legata ai materiali che sono diventati indispensabili, ricercati e variegati”.
Nello specifico, i materiali utilizzati da questa poliedrica artista sono tutti di recupero, a volte naturali (appartenenti al mondo minerale, vegetale e animale); altre volte resti di manufatti elaborati dagli esseri viventi, ormai dimenticati o deteriorati dal tempo e dagli eventi. Poi ci sono anche materiali artificiali, come le plastiche, sebbene tutto parta sempre da qualcosa di naturale.
“Come collante utilizzo il poliuretano, – prosegue l’artista – le plastiche sono essenzialmente un pretesto ecologico, perché le riciclo e le faccio diventare altro. I colori sono tutti pigmenti in polvere di derivazione naturale, come pure le polveri di argento e di oro zecchino che uso spesso come luce, come riconoscimento di preziosità, come una luminosità quasi ultraterrena”.
Attraverso le sue opere la Cerasi si augura di stimolare nel pubblico un pensiero, un’idea, un’emozione, positiva o negativa che sia. “Il passato ci dà la certezza del buono, mentre il futuro è un’incognita. Ma in tutto io vedo una trasformazione che è comunque vita, mai morte: deve essere solo un cambiamento”, commenta Mariangela. Risulta calzante a questo proposito, il commento di Monica Miretti: “…la Cerasi recupera i quattro elementi primari come fondamento del proprio operare: acqua, aria, terra e fuoco, alla cui frenesia distruttiva sostituisce però la luce, resa dal diffuso utilizzo dell’oro zecchino. Questo oro-luce, così prezioso ed elegante, coniuga in sé qualcosa di magico e mistico insieme, accentua e rende fastose le rotondità vibranti delle forme, arricchisce e scalda le “zolle” di terra, illumina le “marine” e, al contempo, le eleva oltre la sfera puramente terrena. Nulla è dunque in balia del caso, come quel dilatarsi degli alberi ricreati con rami di vite – ancora un simbolo di vita ma anche di divino – su cui si aprono folte chiome nate da materie di scarto industriali”.
Quello che le opere di Mariangela Cerasi suggeriscono allo spettatore è la forza di un contatto diretto tra lo sguardo e gli altri sensi, il tatto, in primo luogo: lavori che hanno valori materici e che non sono fini a se stessi e non hanno nulla a che vedere con l’informale.
In particolare, gli argomenti trattati dalla Cerasi sono sostanzialmente l’ecosistema e la metamorfosi, il divenire di una potenziale evoluzione-trasformazione. Non solo, ma l’artista si diverte anche a rivisitare in forma materica, e con risultati davvero sorprendenti, opere di autori famosi come Picasso, Chagall, Van Gogh, El Greco.
Vladimiro Zocca parla di visioni di Mariangela che “si materializzano in una danza creativa di cose, di vegetazioni, di corpi, di figure che irrompono esplosive dall’avamposto del caos primordiale. Informe, difforme e deforme plasmano il poliuretano che così Mariangela restituisce alla sua origine biologica. E’ una gestualità quasi demiurgica quella con cui l’artista intride plasticamente la sua materia di tutti i colori della terra: terra bruna sotterranea, terra ocrata di magma rappreso, terra fulva di crete infuocate, terra vivente di umori vegetali. Si potrebbe parlare di un “morandismo” rovesciato: nei paesaggi della propaggine appenninica Morandi depura, Mariangela rende impuro: cala, impasta, manipola nel magma della terra. La Cerasi quando libera le sue potenzialità espressive, si trova in prossimità del mito. Trascinata dal principio cosmico che spinge ogni cosa a mostrarsi, percorre i sentieri originari del sentire e del pensare femminile. E’ un volo nel tempo e fuori del tempo, sopra la terra, attraverso la materia, in un eterno ritorno che indugia verso ciò cui noi siamo già da sempre”.
La Cerasi vuole far recuperare il passato, non farlo morire, e assurgerlo a pretesto per una nuova idea, per un nuovo pensiero. “Qualunque cosa io faccia – spiega Mariangela – è sempre un recupero di qualcosa che c’era già. Non è solo un’idea che ho in mente e che sento il bisogno di sviluppare. Qualsiasi cosa io veda, che sia il greto di un fiume o un albero, un segno nel muro o un vecchio merletto, nella mia mente rappresenta un recupero di qualcosa che poi si trasforma, diventa altro. In questo modo il reperto non muore, diventa nuova vita, trasformato dalla nuova idea che è riuscito ad ispirarmi. Il mio quadro lo puoi toccare, puoi riconoscerlo e sentire la sua storia toccandolo. Il colore è solo un cenno che deve stimolare un ricordo. Tutto ha un’anima ed è quella che voglio cercare e recuperare”.
Numerosi lavori dell’artista sono presenti in collezioni private e pubbliche, inoltre, ha collaborato con l’Università di Bologna, “Museo di Mineralogia”, dove sono presenti alcune sue opere artistiche anche ad uso didattico. Svariate anche le recensioni che ha ricevuto su quotidiani, settimanali e riviste cartacee oltre a servizi televisivi.
Molteplici le esposizioni tra cui quelle di: Ania, Firenze, Ferrara, Helston, Milano, Vergato, Riccione, Padova, Pescara, New York, Bologna, Mantova, Casalecchio di Reno, Camugnano, Sasso Marconi, Porretta Terme, Castel San Pietro, Abbazia di Monteveglio e Bazzano.
Dal 22 gennaio al 22 febbraio 2020, in occasione di ART CITY 2020, a Bologna è stata allestita la mostra d’arte contemporanea dell’artista, “Le Forme dell’Acqua”, presso le Terme San Petronio e il Salute Più Concept Store del Gruppo Monti Salute Più. www.maretermalebolognese.it