A Mantova una bella antologica curata da Arianna Sartori
Opere grafiche e sculture dell’artista trevisano dal 1950 al 2015
di Michele De Luca
“Con i propri mezzi, che nel caso di Benetton sono ormai da moltissimo tempo quelli di ritmiche trame d’una grafia spaziale configurata appunto tagliando e flettendo il metallo bruto, la scultura viene a insinuarsi fra le possibili componenti segniche dell’immaginario collettivo ambientale attuale”; l’essenza dell’arte scultorea di Simon Benetton (Treviso, 1933), al quale la Galleria “Arianna Sartori – Arte & object design” di Mantova (Via Ippolito Nievo 10) dedica una bella mostra antologica curata da Arianna Sartori, che propone una selezione di opere grafiche e scultoree, oltre a sculture di recente realizzazione da cui emerge, complessivamente, con vera “prepotenza” la rinnovata e sempre entusiasta energia creativa del Maestro, è racchiusa in queste poche ma illuminanti parole dello storico e critico d’arte Enrico Crispolti che da sempre ha seguito la nascita e le stagioni evolutive del suo iter artistico. Un lavoro portato avanti con una sorta di “sfida” a se stesso nello sperimentare ed immaginare nuove forme on cui trasfondere una sorta di frenesia comunicativa affidata alla “scrittura” nello spazio, nel suo studio-laboratorio dove tuttora abita e lavora
Fin da giovanissimo il ferro ha rappresentato per lui un mondo infinito. Ha frequentato i corsi liberi dell’Accademia delle Belle Arti di Venezia, per poi avventurarsi in una solitaria, liberissima ricerca individuale. Diversi sono i periodi della sua formazione: dal figurativo alla vibrazione plastica nello spazio, dal modulo come simbolo dell’impulso alla dinamica spaziale, dalla piastra alla macrostruttura come elemento ed espressione della volontà e della conquista dell’uomo moderno. Infatti negli ultimi suoi studi la scultura ha preso nuova dimensione, proiettandosi nello spazio urbano come espressione di libertà e di progresso fino ad arrivare al connubio tra ferro e cristallo. Le sue opere sono state esposte in mostre temporanee, collettive e personali, organizzate in spazi pubblici a cura di Enti e Città italiane e straniere (Germania, Francia, Inghilterra, Spagna, Finlandia, Stati Uniti, Brasile, Cina, Austria, Giappone, Polonia, Cecoslovacchia, Belgio). Numerose sue opere sono permanentemente esposte in prestigiose collezioni, musei pubblici e privati, in luoghi pubblici sempre accessibili, piazze e giardini di molte città: 1993 sculture “Icaro”, città di Bonn; “Molteplicità”, Industrie Muller, Bunde (Germania); 1995, Toronto (Canada) Istituto di Cultura Associazione Veneta, “Volontà di credere. Monumento a Giovanni Caboto”. 1998 monumento al lavoro “Armonie”, Francavilla Fontana (Br). 2002 “Fonte di Armonia” Stadio ECOPA, Aino, Parco Sport, Ogasayama, Città di Fukuroi, Campionati mondiali di calcio in Giappone. Per il Comune di Cesena, “La grande foglia”. Per la Banca Popolare di San Felice sul Panaro (Mo), “Determinazione”.
Per Polesine Innovazione, Taglio di Po (Ro), esegue “Oasi del tempo”. Nel 2011 gli viene dedicato un Palazzo, Centro Storico, Valdobbiadene, palazzo “Simon Benetton” con relativa antologica nella Associazione culturale “Papa Benedetto XI”. Oltre quindi ad un raro successo sul piano espositivo, che lo ha visto come ammirato protagonista su scala internazionale, Benetton ha da sempre stato ricompensato da una eccellente fortuna critica, che lo ha visto oggetto di un’attenzione da parte dei maggiori critici e storici dell’arte, tra cui Umbro Apollonio, Mirella Bandini, Dino Buzzati, Raffaele De Grada, Floriano De Santi, Marco Goldin, Luigi Lambertini, Carlo Levi, Giuseppe Marchiori, Aldo Passoni, Carlo Sala, Marco Valsecchi, Marcello Venturoli. Benetton è tra i pochissimi scultori italiani contemporanei che ha la capacità di organizzare una composizione grande, nitida e compiuta anche nella visione lontana; egli, come ha scritto Floriano De Santi, intervenuto all’inaugurazione della mostra mantovana, “usa il concetto della geometria come un controllo mentale sulle forme” con una determinazione plastica rigorosa, che fa lievitare l’acciaio quasi fino a “smaterializzarsi” e a mettere a nudo la sua anima e il suo respiro caldo e palpitante, che disvela un mondo carico di significati simbolici e rimandi culturali, echi di storie perdute e remote.
Artista singolare e solitario, egli lavora a una scultura che si cala nel paesaggio e s’insinua nella struttura urbana con naturalezza, come riflesso di una grande sensibilità estetica e rispetto per l’ambiente; dice bene Paolo Levi: “Entrare nelle sue sculture, partecipando al loro moto ascensionale, è come aggirarsi in un mondo mutevole e popolato di presenze infere, sconcertanti, preponderanti, ma morbidamente espressive. Così, una materia antica e ardua che, per sua natura, evoca inevitabilmente la durezza del maglio, la brutalità del martello, e la voracità della fiamma, si tramuta in volatilità, in freschezza aerea”. Piegando, infatti, il ferro come un maestro antico, pur nel solco della tradizione, il suo lavoro svela una palese ascendenza cubista e futurista, con forte attenzione. Un altro aspetto che connota il lavoro di Benetton è la “monumentalità” della sua scultura, qualunque sia la dimensione di ciascuna opera. Molte delle sue opere, infatti, sono state concepite e progettate “in grande” ed eseguite per una collocazione all’interno di un tessuto urbano, altre ancora sono diventate “ambiente” esse stesse, dei precisi punti di riferimento, parte “essenziale” ed imprescindibile di una visione nuova, in cui natura ed artificio si completano, si sorreggono e finiscono per confondersi. In sintesi, come bene ha scritto Sergio Garbato, “Benetton riesce a rivelare le possibilità nascoste di ogni forma … ma la forma perde immediatamente la sua staticità e la sua corposità per introdurci in una dimensione entro cui parlano il mito e la metafora”. Simon Benetton quindi ritorna Mantova per la quinta volta e per l’occasione propone anche le sue due ultime opere “sonoro vibranti”: l Icona di Luce e La Voce del Ferro; opere che sembrano sospese, quasi in assenza di gravità terrestre, che vibrano di una “eterna energia cosmica”.