Al platino e al palladio le 36 fotografie di Alfredo Matacotta Cordella in mostra in Via Giulia 87 a Roma
Di Pamela McCourt Francescone
Per questa mostra il fotografo Alfredo Matacotta Cordella, ha scelto un procedimento monocromatico molto antico, in grado di restituire la più ampia gamma di tonalità che si possa realizzare con uno sviluppo chimico, considerato il punto di arrivo qualitativamente nella stampa in bianco e nero.
“Le stampe vengono realizzate a contatto con il negativo. Infatti l’emulsione è troppo poco sensibile per essere impressionata dalla luce di un ingranditore, e quindi con una soluzione di ossalato ferrico, potassio, sale di platino e sale di palladio si sensibilizza un foglio di carta che, a contatto con il negativo, viene esposto a una sorgente di raggi ultravioletti che riduce lo ione ferrico producendo una debolissima immagine. Nel successivo sviluppo con del buon potassio ossolato, il sale ferroso riduce a sua volta il sale di platino, formando l’immagine finale”.
Una tecnica scritta nei testi sacri che trova una nuova interpretazione nelle foto di Cordella, nato a Fermo nelle Marche e quattro volte ambasciatore d’Italia, che ammette che forse è stato grazie a un suo trisnonno Nicola Cordella, uno dei primissimi fotografi italiani, che si è sempre dedicato alla fotografia. In passato ha tenuto mostre in tutti i paesi dove ha servito il proprio Paese – Sri Lanka, Portogallo, Tunisia, Gabon, Jugoslavia, Tanzania e Vietnam – oltre che in Italia dove, nel 2009, chiusa la carriera diplomatica con quattro missioni come ambasciatore, ha aperto lo studio in Via Giulia dove esegue ritratti formali soprattutto di famiglia.