VILLA FARNESINA
Roma – Via della Lungara 230
(fino al 6 gennaio 2021)
di Luisa Chiumenti
Di grande interesse artistico e scientifico è senza dubbio la scoperta che è stata recentemente compiuta dagli studiosi, della singolare adozione, da parte di Raffaello di un particolare pigmento: il “blu egizio”. E’ così che, nell’affresco “Il trionfo di Galatea” dipinto dall’artista verso il 1512 per la splendida villa sul Tevere dell’amico Agostino Chigi, è apparso l’uso di un pigmento inusuale adottato per ottenere quei singolari colori cerulei, che si colgono in particolare nel “Trionfo di Galatea”.Tale pigmento affonda le sue radici non già negli usi rinascimentali, ma in quelli dell’antichità classica, di cui Raffaello, è ben noto quanto fosse approfondito conoscitore e appassionato studioso attraverso le fonti scritte e gli scavi che caratterizzavano l’epoca rinascimentale. Si tratta infatti del “blu egizio” di cui si possono leggere le caratteristiche d’uso e gli specifici elementi compositivi già nel “Trattato del “De Architectura” di Vitruvio.
Il tema è talmente affascinante dal punto di vista artistico, ma anche scientifico, da indurre la prestigiosa Accademia dei Lincei a organizzare prossimamente un Convegno avente per tema “Il blu dall’Antichità al Rinascimento” poiché si tratta in effetti di approfondire le conoscenze su quello che si presenta come uno dei primissimi pigmenti che si conoscano, realizzati con elementi naturali. Ci sarà altresì un seminario in ricordo di Mario Torelli dedicato a: “Il blu egizio dall’Antichità al Rinascimento”. Denominato “caeruleum” il blu egizio venne usato per breve tempo dai Romani, che comunque lo conoscevano; poi fu dimenticato per secoli e quindi la scoperta attuale si presenta proprio come un evento eccezionale, che è messo in luce dalla mostra “Raffaello in Villa Farnesina: Galatea e Psiche”, (catalogo Bardi Edizioni) curata dal professor Antonio Sgamellotti, socio Linceo e dal conservatore della Villa Virginia Lapenta.
La “Loggia di Galatea” offre anche un altro elemento d’interesse. Sono esposti per la prima volta al pubblico (normalmente nascosti da “finti” tendaggi ottocenteschi con gli stemmi del Duca di Ripalta), i disegni su quattro livelli di scialbo scoperti negli anni Settanta sotto la parete con il “Polifemo” di Sebastiano del Piombo (che ha usato lapislazzuli, un pigmento costoso ma più facile da trovare) e con il “Trionfo di Galatea”. Da ricordare è il fatto che il pigmento sia stato trovato anche in dipinti sacri del Garofalo e dell’Ortolano, ma sono da ascrivere a un’epoca successiva. In mostra i disegni preparatori delle scene attualmente visibili, cosiddette celesti, e di quelle mai realizzate, cosiddette terrene di cui esistono esemplari che illustrano il percorso del maestro, rimasto parzialmente non finito.
Dagli affreschi si può osservare anche il lavoro di trasferimento delle immagini sulla carta, in una piccola, ma molto interessante mostra curata da Maria Francesca Bonetti, Giovanna Scaloni e Giorgio Marini. E’ da segnalare anche quanto sia stato approfondito e interessante il lavoro scientifico che si è svolto alla base delle scoperte che hanno utilizzato i più avanzati strumenti scientifici e le analisi tecnologiche non-invasive sia puntuali che per immagini della Loggia di Amore e Psiche e della Loggia di Galatea. Si è trattato di un intenso lavoro interdisciplinare, con una viva collaborazione tra “pubblico e privato” cui hanno partecipato ricercatori di ENEA, IRET – CINR, Laboratorio di Diagnostica per i Beni Culturali di Spoleto e XGLab – Bruker. Entrambe le logge sono state oggetto di indagine; tre anni fa la ”Loggia di Amore e Psiche” a cui seguì la mostra “I colori della prosperità. Frutti del Vecchio e Nuovo Mondo” ed ora la “Loggia di Galatea” e la mostra collegata che ha portato alla sensazionale scoperta della presenza del blu egizio.
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