Le monachine
Una mostra al Chiostro del Brmante. Via Arco della Pace 5, Roma. (fino al 4 settembre 2016)
di Luisa Chiumenti
Il Chiostro del Bramante accoglie nuovamente i Macchiaioli (dopo dieci anni) con una grande mostra dal titolo “I Macchiaioli. Le collezioni svelate” (catalogo Skira, a cura di Francesca Dini). Con il Patrocinio dell’Assessorato Cultura e Turismo del Comune di Roma, la mostra è stata curata da Francesca Dini e prodotta e organizzata da Dart – Chiostro del Bramante e Arthemisia Group.La pittura dei macchiaioli nacque dagli incontri entusiasti e stimolanti di un gruppo di artisti che verso metà Ottocento si riunivano al Caffè Michelangelo di Firenze, costituendosi ufficialmente in “movimento”, sempre a Firenze nel 1855, realizzando tuttavia la prima esposizione soltanto nel 1862. Il “movimento macchiaiolo”, accogliendo artisti non soltanto fiorentini, fu il più importante e significativo movimento artistico italiano dell’Ottocento facendo scaturire subito l’impressione che si trattasse di artisti che volevano opporsi al mondo accademico e rivolgersi al rinnovamento che già si sentiva in Francia, orientato verso una pittura senza dubbio maggiormente “verista”.
Cristiano Banti, Ritratto di Alaide seduta in giardino, antica collezione Banti
Il critico e collezionista Diego Martelli, che amava circondarsi di amici artisti nella sua tenuta in Maremma, fu uno dei critici che meglio seppe presentare lo sviluppo della pittura moderna toscana, che considerava al livello della pittura impressionista; dalla sua preziosa collezione di 92 quadri, oggi conservata presso la Galleria di Palazzo Pitti, l’attuale mostra del Chiostro del Bramante espone alcuni pezzi fra cui, di Giuseppe Abbati, il “Ritratto di Teresa Fabbrini Martelli”, compagna del grande critico dal 1863, che si presenta nell’austero abito scuro, in una composizione piramidale al centro del quadro, che esprime particolare fermezza e serenità al tempo stesso. Centodieci le opere in mostra, quasi tutte di collezione privata, alcune inedite e rare. Come “Ponte Vecchio a Firenze” che Telemaco Signorini presentò all’Esposizione Universale di Parigi nel 1878. Ed ecco in mostra le collezioni di Mario Galli, che comprava e rivendeva a collezionisti più ricchi, come Giacomo Jucker, non potendosi permettere acquisti in prima persona, per mancanza di mezzi adeguati, ma sapeva scegliere opere di grande livello qualitativo come “Ciociara – Ritratto di Amalia Nollemberg”, la giovane amante di Fattori, mai esposto prima. Di grande interesse altresì la collezione di Enrico Checcucci con Raffalello Sernesi, Vito D’Ancona, Fattori, Boldini, che comprende anche documenti, disegni, lettere e caricature e poi la collezione di Camillo Giussani, umanista, giurista, sportivo, banchiere.
Federico Zandomeneghi,Il giubbetto rosso, 1895 circa, antica collezione Camillo Giussani
“Le stanze delle meraviglie” sono in casa del mecenate fiorentino Gustavo Sforni, i cui interessi spaziano dall’antico al moderno, dall’Occidente all’Oriente, alla pittura dei contemporanei, di Ghiglia, di Mario Puccini, di Llewlyn Lloyd. E’ amico di Oscar Ghiglia che con lui pubblica nel 1913 un lussuoso volume dedicato a Giovanni Fattori, appena scomparso, di cui colleziona dipinti di piccolo formato. Ed è interessante quanto sottolinea Rossella Campana, nel suo saggio in Catalogo , a proposito del lussuoso volume che il giovane Gustavo Sforni pubblicava su Giovanni Fattori, allora appena scomparso, povero e misconosciuto (come del resto aveva vissuto). “…per Fattori il dipingere era l’espressione continua e naturale del suo essere. Egli dipingeva con la stessa spontaneità con la quale i fiumi scorrono e le foglie degli alberi stormiscono al vento”. Ecco anche “le vedette” (1863-’65), in cui le figure che tagliano l tela in diagonale di spalle, ne suggeriscono il movimento in una profondità prospettica valorizzata dall’atmosfera assolata e calda. Il medesimo effetto si può cogliere anche nell’acquerello dal titolo “Paese con pagliaio e bovi al pascolo”, dove le stesse figure degli animali divergendo prospetticamente nel loro pur lento movimento, conferiscono alla visione spaziale una profondità eccezionale. Fu un critico a definire i lavori di quegli artisti come “pittura di macchie”, quasi in senso dispregiativo, ma il gruppo ebbe successo fino a circa gli anni ’80, per poi diminuire la foga iniziale nello stemperarsi dei diversi obiettivi di ciascun artista.
Telemaco Signorini, Uliveta (1885 circa), gia collezione Edoardo Bruno
Il collezionista spesso è anch’egli artista, come il ricco mecenate Cristiano Banti, di cui Giovanni Fattori, uno degli artisti più seguiti dal collezionista ebbe a dire : “Il Banti fu il mecenate di tutti noi” . La sua “galleria privata”, di cui per primo scrive Adriano Cecioni, poi conservata a Palazzo Pitti, iniziò nel 1862 con l’acquisto di due dipinti di Fontanesi e “Le Monachine” di Vincenzo Cabianca. E ancora ammiriamo in mostra “Il Ponte della Pazienza a Venezia” di Telemaco Signorini, il “Ritratto di Alaide Banti” dipinto dallo stesso collezionista, Giovanni Boldini, Silvestro Lega. E come non rimanere affascinati dalla ben nota tela di Borrani “Cucitrici di camicie rosse”, che da testimonianza del fervore risorgimentale. e ancora poi dalle grandi tele della Maremma di Fattori, “Marcatura dei cavalli in Maremma”, “Incontro fatale”, “Butteri e mandrie in Maremma” e di Niccolò Cannicci “Le gramignaie al fiume”, un’opera dalla tavolozza argentata di grande formato e bellezza, acquistata dalla Cassa di Risparmio di Firenze nel 1989. Una mostra da visitare con grande attenzione, per potere godere dei colori delle atmosfere, del sentimento che si respira davvero in ogni sala.
Per informazioni:
tel. 06-91650845