di Luisa Chiumenti
La bella rassegna che si può visitare al Vittoriano fino al 16 luglio 2017, fa conoscere al grande pubblico il periodo d’oro di Giovanni Boldini , ma illustra anche ampiamente la graduale ascesa della sua creatività, affiancando alle tele, anche una ricca e significativa produzione grafica. Dalla esposizione, egregiamente curata da Tiziano Panconi e Sergio Gaddi (curatori anche del prezioso catalogo edito da Skira – Arthemisia), scaturisce chiaramente la figura di un artista che pur essendo molto ammirato da uomini famosi e da donne di spicco come la marchesa Casati, o la principessa Bibesco o l’americana Consuelo Vanderbilt, sempre molto affascinato e colpito da quell’ universo femminile che seppe indagare e rendere, meglio di qualunque altro artista del suo tempo, raggiunse tuttavia il successo molto tardi, verso la fine della sua vita terrena.
Nato a Ferrara, in via Volta Paletto, in quell’incantevole atmosfera che tuttora si capta nel centro storico di quella città, egli assorbì senz’altro, nei primi anni della sua formazione gli impulsi artistici che gli derivarono dal padre pittore. Ed è veramente da sottolineare, a mio parere, la particolare raffinata indagine psicologica che i curatori della mostra hanno messo a punto nella stesura della “Cronologia biografica”, dell’artista, come pure nella presentazione dell’interessantissimo Epistolario. Sappiamo così che Boldini si allontanò inizialmente da Ferrara solo per raggiungere Firenze e più tardi iniziò i viaggi che tutti gli artisti compirono in quel periodo, verso Londra e poi, naturalmente Parigi. Infatti, dopo un viaggio a Londra e una prima breve visita a Parigi nel 1867 in occasione dell’Esposizione dei “Salons “, Boldini era giunto a Parigi nel 1871, in un periodo in cui la città tutta era in grande fermento per le notevoli trasformazioni urbanistiche che la stavano trasformando in quella grande metropoli che continuava a richiamare artisti da tutto il mondo.
A Parigi, dove era venuto a contatto con gli impressionisti e con artisti come De Nittis e Zandomeneghi, venne chiamato a lavorare presso la ben nota “Maison” del mercante Goupil, dando vita a tele molto particolari come le belle vedute all’aria aperta, i paesaggi lungo la Senna e le bellissime piazze. Ed ecco “Berthe che legge la dedica sul ventaglio”, o la bellissima “Place Clichy”: immagini miste di tenerezza e forte senso della realtà.
Ma forse fu proprio il grande impatto con l’Esposizione Universale dell’89 a determinare l’impulso fondamentale che egli sentì verso quella “nuova maniera” che gli veniva prospettata dal fermento artistico della Parigi del tempo. Ecco così nascere i famosi ritratti del conte de Montesquiou, o del conte di Charlus di Proust, o di Consuelo Vanderbilt duchessa di Marlborough.
E’ ben noto che il successo di pubblico e di critica nei riguardi di un artista, ha in genere periodi diversi nel corso del tempo, ma nel caso di Boldini, il riconoscimento è avvenuto, come sopra si è detto, davvero molto tardi, poco prima della sua morte (a 89 anni, nel 1931), iniziando in particolare tra gli anni ’30 e gli anni ’50 del ‘900, per giungere al grande successo all’inizio degli anni ’60, con la mostra al Musée Jacquenar – André di Parigi e in tempi recenti con le grandi mostre a Forlì, e poi a Roma (nel 2005 alla Gnam).
L’ esposizione, sotto l’egida dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano, con il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MiBACT) e della Regione Lazio, è stata organizzata e prodotta dal Gruppo Arthemisia in collaborazione con l’Assessorato alla Crescita culturale-Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali di Roma Capitale.
ed annovera più di 150 opere, con prestiti prestigiosi dai più grandi musei nazionali e internazionali, e da numerose collezioni private.
La mostra si articola in quattro sezioni che così si intitolano: “La luce nova della macchia (1864-1870)”, “La maison Goupil fra ‘chic’ e ‘impressione’ (1871-1878)”, “La ricerca dell’attimo fuggente(1879-1890)”, “Il ritratto Belle Epoque (1892 – 1924)”. Lungo le sale, accanto a quelle di Boldini si ammirano anche opere di amici del periodo fiorentino, fra cui Cristiano Banti, Telemaco Signorini ( frequentati a Parigi come Zandomeneghi, Tissot, Corcos) . Ma ecco anche De Nittis che viene presentato attraverso tele come “La dama con l’ombrello” o “La convalescente”. Splendidi i ritratti, ma anche i paesaggi come “Marina a Castiglioncello” o gli affreschi della sala da pranzo della Villa La Falconiera nella campagna pistoiese.E ricordiamo anche la eccezionale presenza in mostra del capolavoro simbolo della Belle Époque: la grande tela dedicata a Donna Franca Florio, realizzata tra il 1901 ed il 1924, chiamata “Donna Franca, la Regina di Sicilia” e definita da D’Annunzio “L’unica. Una creatura che svela in ogni suo movimento un ritmo divino”.
E vorrei invitare i lettori ad una visita accurata della bella mostra e ad una profonda lettura del Catalogo, sottolineando le parole del Ministro Franceschini, riguardo alla gran parte della produzione dell’artista ”…i suoi ritratti” – dice l’on. Franceschini – “sono palpitanti di vita, quella vita che Boldini visse intensamente quale protagonista del suo tempo, viaggiando e traendo ispirazione dai luoghi e dai personaggi con i quali venne in contatto. Una vita che ora il grande pubblico della capitale potrà ammirare in questa grande e importante mostra al Vittporiano.”
Per informazioni:
tel. 06 – 871511
Complesso del Vittoriano, Ala Brasini, Via San Pietro in Carcere, Roma.
(fino al 16 luglio 2017).