una grande mostra al Palazzo dei Diamanti (fino al 28 febbraio 2016)
di Luisa Chiumenti
Viaggiare in Italia si propone a chiunque come un grande mondo da sfogliare, da percepire in ogni sua piega, perché ogni città o campagna, grande monumento o semplice abitazione o giardino, non solo si offre nella sua realtà, ma da sempre viene anche esaltato e interpretato dal pennello di grandi artisti. Ed eccoci a Ferrara, la città che ha così fortemente suggestionato la fantasia di Giorgio De Chirico: a cent’anni dalla nascita della Metafisica, i capolavori dell’artista tornano nella città estense, dove sono stati realizzati tra il 1915 e il 1918. L’esposizione, dal titolo “De Chirico a Ferrara. Metafisica e avanguardie”, allestita al palazzo dei Diamanti, inaugurata recentemente dal presidente Mattarella, raccoglie “il massimo numero di dipinti mai messi insieme”, come ha anche sottolineato il ministro dei Beni culturali Franceschini. Circa trenta i capolavori presenti, fra cui il “Trovatore” e le “Muse Inquietanti”, opere che resteranno a Ferrara fino al 28 febbraio. Dalle parole del Sindaco di Ferrara, Tagliani, cogliamo la forte volontà nell’allestimento di questa esposizione, Ferrara, Palazzo dei Diamanti per la cura di Paolo Baldacci e Gerd Roos, e l’ organizzazione della Fondazione Ferrara Arte e della Staatsgalerie di Stoccarda in collaborazione con l’Archivio dell’Arte Metafisica, Milano / Berlino il “duplice anniversario dell’entrata in guerra dell’Italia e del riconoscimento del ruolo che Ferrara ha avuto nella pittura metafisica”.
In occasione del centenario dell’arrivo di de Chirico nella città estense. Palazzo dei Diamanti celebra quindi, con questa grande mostra, un momento davvero vitale della storia dell’arte del XX secolo. E infatti, come ha detto il ministro Franceschini, “De Chirico stava passando in corso Roma (l’attuale Corso Martiri della Libertà), dove il negozio Martinetti stava rifacendo le vetrine e per questo aveva messo tutti i manichini in strada. Da lì, l’idea di De Chirico”….Il prezioso Catalogo, edito da Ferrara Arte, è corredato dai saggi dei maggiori specialisti di quel periodo storico, che effettivamente segnò un momento particolare nello sviluppo dell’arte di De Chirico, giunto a Ferrara nel 1915, quando, in seguito allo scoppio della prima guerra mondiale, lasciò Parigi e, raggiunta la città estense, vi prestò servizio militare e vi soggiornò per tre anni e mezzo. Una città simbolo per il Rinascimento, con la sua perfetta concezione urbanistica, non poté fare a meno di colpire fortemente e di essere comunque poi profondamente studiata e “interpretata” , con la più suggestiva ed emozionante riproposizione di sé da un artista che “conobbe Carlo Carrà e iniziò a chiamare la propria pittura “metafisica”, influenzando profondamente la coeva arte italiana, ma anche i movimenti internazionali come il dadaismo, il surrealismo e la Nuova Oggettività. Ed eccolo quindi a trovarsi di fronte al desiderio di dipingere “un mondo irreale popolato di meraviglie: piazze fuori dal tempo immerse in tramonti fantastici o stanze segrete dalle prospettive vertiginose” che facevano “da sfondo agli oggetti enigmatici scoperti nelle peregrinazioni tra i vicoli del ghetto, diventando il “palcoscenico su cui recitavano manichini da sartoria e personaggi muti e senza volto”. A un importante nucleo di dipinti realizzati da de Chirico negli anni ferraresi, fanno eco, in mostra, le composizioni ispirate alla pittura metafisica di Carlo Carrà, Giorgio Morandi e Filippo de Pisis e alcuni dei capolavori dei più grandi artisti delle avanguardie europee, da Raoul Hausmann a George Grosz, da René Magritte a Salvador Dalí fino a Max Ernst, i quali rimasero affascinati dal suo stile unico e dalla capacità di mostrare nelle tele il mistero impenetrabile delle cose.
La Mostra, curata da Paolo Baldacci e Gerd Roos, organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e dalla Staatsgalerie Stuttgart in collaborazione con l’Archivio dell’Arte Metafisica di Milano/Berlino è la prima in senso assoluto dedicata all’indagine e all’approfondimento delle peculiarità artistiche e culturali di questo periodo cruciale per l’arte italiana ed europea ed offre la più completa rassegna che si sia mai potuta vedere dei capolavori dipinti da de Chirico e Carrà nel 1917 a Villa del Seminario, l’ospedale psichiatrico militare per la cura delle nevrosi di guerra, dove i due artisti furono ricoverati nella primavera-estate del 1917 sviluppando un intenso sodalizio di lavoro. Ed ecco allestiti in mostra, gli originali dei grandi manichini di Giorgio de Chirico del 1917-18 insieme alla serie quasi completa delle opere metafisiche di Carrà: “Il gentiluomo ubriaco”, “Composizione TA”, “Penelope”, “Natura morta con la squadra”, “La camera incantata”, “Solitudine”, “Madre e figlio”, “L’idolo ermafrodito”, “L’ovale delle apparizioni”, “Il cavaliere occidentale”, “Il figlio del costruttore”.
Giorgio Morandi
Importante è la presenza di Giorgio Morandi, il cui percorso verso la sospensione metafisica e il realismo magico è documentato da un selezionatissimo gruppo di opere realizzate tra il 1916 e il 1919: dalla famosa “natura morta rosa” fino a quelle coi busti di manichino e con i vasi sul tavolo rotondo del 1919. Da segnalare ancora la presenza in mostra di opere del primo, grande “amico ferrarese” di de Chirico, Filippo de Pisis, oltre ad opere di Man Ray, Raoul Hausmann, George Grosz, René Magritte, Salvador Dalí e Max Ernst, che realizzarono straordinari capolavori ispirati ai temi e alle iconografie ferraresi di de Chirico e di Carrà. Terminiamo riportando, accanto alla emozione del visitatore della mostra, quella che esprimono i commenti lasciati su De Chirico, da altri grandi artisti che molto lo ammirarono: “…originale”, secondo Salvador Dalí, “commovente fino alle lacrime” nelle parole di René Magritte, colui che ha saputo “conquistare “
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