a Roma, Palazzo delle Esposizioni
(fino al 13 settembre 2015)
Testo di Luisa Chiumenti
Un’ampia retrospettiva dedicata al grande artista e fotografo americano David Lachapelle è stata allestita negli spazi straordinari del palazzo delle Esposizioni in Roma.
La rassegna, è stata curata dall’architetto Gianni Mercurio, che, specializzato in arte americana, è stato curatore di importanti mostre monografiche (Andy Warhol, Keith Haring, Jean-Michel Basquiat, George Segal, Roy Lichtenstein) e di mostre collettive su Pop art, Iperrealismo e Graffitismo americano assumendo la carica di direttore artistico del Chiostro del Bramante a Roma (1995– 2002), del Museo Carlo Bilotti a Roma (2006–2008), lavorando altresì come curatore esterno per il Ludwig Museum di Colonia, il MOCA di Lione, il MACRO e il MAXXI a Roma, a Milano per la Triennale, l’Heidar Aliyev Museum a Baku ed altre istituzioni in Italia, Austria, Spagna, Belgio, Finlandia.
La presente mostra, promossa da Roma Capitale – Assessorato alla Cultura e Turismo e prodotta da Azienda Speciale Palaexpo in collaborazione con Madeinart e David LaChapelle Studio, offre ai visitatori un’ampia riflessione sull’artista attraverso ben 100 opere esposte, di cui alcune inedite, altre presentate per la prima volta in un museo e molte di grande formato (oltre sette metri per due). Il visitatore viene a contatto con opere, realizzate dall’artista a partire dal 2006, in un periodo particolare per l’artista che, in un suo soggiorno romano, era rimasto profondamente scosso dalla visione della Cappella Sistina, sulla cui suggestione produceva la sua monumentale serie intitolata “The Deluge” : punto di svolta profonda nel suo lavoro.
Da questi emerge chiaramente come il ruolo del fotografo si allarghi anche alla regia e alla scenografia dei propri lavori. In concomitanza con la mostra sono presentati anche alcuni tra i video musicali più significativi dell’autore, fra cui “Rize” girato nei ghetti di Los Angeles e premiato al Sundance Film Festival, e alla danza mozzafiato di Sergei Polunin sulla colonna sonora “Take me to church”, uno dei video più visualizzati del web. E se, dopo questa esperienza egli si volgerà verso altre direzioni estetiche e concettuali (ricordiamo “la scomparsa dai lavori seriali della presenza umana: i modelli viventi che in tutti i lavori precedenti (unica eccezione è “The Electric Chair” del 2001, personale interpretazione del celebre lavoro di Andy Warhol e le serie Le serie “Car Crash”, “Negative Currencies”, “Hearth Laughs in Flowers”, “Gas Stations”, “Land Scape”, fino alla più recente “Aristocracy”, seguono questa nuova scelta formale), molto interessante appare il suo interesse per la composizione del set cinematografico: LaChapelle cancella clamorosamente la carne, elemento caratterizzante della sua arte” (Mercurio).
E’ il momento in cui l’artista “torna a concepire un lavoro con l’unico scopo di esporlo in una galleria d’arte o in un museo: un’opera cioè “non commissionata” e “non destinata alle pagine di una rivista di moda o a una campagna pubblicitaria”. L’esposizione ospita anche una rassegna di filmati di backstage che illustrano il complesso processo di realizzazione dei set fotografici di LaChapelle.”Un altro corpus interessante comprende poi ritratti di celebrità del mondo della musica, della moda e del cinema, scene con tocchi surrealisti basati su temi religiosi, citazioni di grandi opere della storia dell’arte e del cinema; una produzione segnata dalla saturazione cromatica e dal movimento, con cui il fotografo americano ha raggiunto la propria riconoscibile cifra estetica e ha influenzato molti artisti delle generazioni successive”.
Segnaliamo il bel Catalogo, di cui si avvale la mostra, curato da Gianni Mercurio in collaborazione con Ida Parlavecchio, Giunti Editore
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