Una mostra al “Palazzo Blu” di Pisa
(fino al 5 febbraio 2017)
Testo di Luisa Chiumenti
Se Dalì ha senza dubbio aperto la strada alla più ampia evoluzione dell’arte contemporanea , pure il suo legame con la classicità fu così profondo che egli stesso si considerò il “precursore del Rinascimento” sottolineando l’importanza della tradizione in contrasto con altre correnti artistiche che stavano affermandosi. E’ quanto si legge fra l’altro nel suo saggio dal titolo “50 segreti magici per dipingere”, pubblicato a New York nel 1948, dove compie una sorta di “rivisitazione” attenta dei trattati classici sulla pittura, difendendo appunto la tradizione e il primato della tecnica, attraverso una appassionata analisi delle opere di pittori e architetti del Rinascimento, da Raffaello a Leonardo, da Bramante a Palladio.
Ed è così che 150 opere illustrano, al palazzo Blu di Pisa, quanto sia stata seria e profonda la riflessione di Dalì sull’arte, portata avanti con l’attenzione e la sensibilità di un grande artista, che in certo modo ha attuato quanto affermava essere alla base di un bravo pittore, ossia iniziare “a disegnare e a dipingere come gli antichi maestri”, per poi “continuare a fare quello ognuno voglia fare, perché in tal modo si poteva essere rispettati da tutti”. Curata da Montse Aguer, direttrice Musei Dalí – Fundació Gala‐Salvador Dalí, la mostra si avvale di un bel catalogo, edito da Skira. Ed ecco in mostra, tra le sue ultime creazioni degli anni ottanta, proprio a dimostrazione di tale atteggiamento nei confronti del Rinascimento italiano, una selezione di tele straordinarie, ma poco conosciute, quattro delle quali mai esposte in precedenza, come: “Senza titolo. Mosè dalla tomba di Giulio II di Michelangelo”, “Senza titolo. Cristo dalla Pietà di Palestrina di Michelangelo”, “Senza titolo. Giuliano de’ Medici dalla tomba di Giuliano de’ Medici di Michelangelo” e “Senza titolo. Dal Ragazzo accovacciato di Michelangelo”.
Di grande interesse sono poi in mostra tutte le bellissime xilografie con cui Dalì ha illustrato la Divina Commedia, eseguite dall’artista nel 1950 su commissione del Ministro della Pubblica Istruzione. I 102 acquerelli che Dalí dipinse tra il 1950 e il 1952, furono esposti prima a Roma, nel 1954, e in seguito a Venezia e a Milano. A causa delle pressioni politiche dell’opposizione, contraria a che uno spagnolo si occupasse d’illustrare il più grande capolavoro della letteratura italiana, il governo italiano ritirò l’incarico già affidato all’artista, che tuttavia decise diversamente. Dalì infatti offrì i diritti di riproduzione, sia pure con il prezzo raddoppiato, a Joseph Forêt che nel 1960, pubblicò “100 aquarelles pour la Divine Comédie de Dante Alighieri par Salvador Dalí”, con il catalogo della mostra che venne allestita al Palais Galliera di Parigi e successivamente, nel novembre di tre anni dopo, venne pubblicata un’edizione integrale della Divina Commedia con le stampe originali degli acquerelli dell’artista spagnolo.
La mostra di Pisa è inoltre arricchita da quei bellissimi disegni e acquarelli che raccontano la leggendaria vita di Benvenuto Cellini, dando vita ad una immagine completa dell’artista, che si presenta anche come raffinatissimo disegnatore, oltre che pittore, illustratore, intellettuale e appassionato di letteratura. L’artista catalano aveva avuto infatti l’incarico dall’editore Doubleday&Company di illustrare una nuova edizione della Vita di Benvenuto Cellini e ne scaturiscono (nel 1945) quarantuno illustrazioni per l‘”Autobiografia di Benvenuto Cellini”, i cui originali sono oggi conservati alla Fundació Gala‐Salvador Dalí di Figueres, con le relative iscrizioni e citazioni dal testo celliniano. Tutto questo interessante lavoro dimostra anche l’ascendente che ebbe Cellini sull’artista catalano quale genio del Cinquecento da ammirare per la sua grande e poliedrica capacità creativa.
Per informazioni:
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