Una mostra alla Centrale Montemartini
Roma. Via Ostiense 106. (fino al 15 settembre ’21).
di Luisa Chiumenti
Fra le suggestive, storiche turbine della Franco Tosi, che si presentano al visitatore che entri negli ampi spazi della Centrale Montemartini in Roma, ecco apparire, valorizzate da un ottimo allestimento e una rinnovata illuminazione, numerosissime, le opere in mosaico delle collezioni capitoline. Realizzata per volontà della Sovrintendente Capitolina ai Beni Culturali Maria Vittoria Marini Clarelli, la mostra espone particolarmente i reperti collegati con i ritrovamenti effettuati durante i grandi lavori iniziati dal 1870, per la costruzione degli edifici pubblici relativi all’organizzazione della nuova Roma da poco proclamata capitale d’Italia. Avvenne infatti in quegli anni una sostanziale trasformazione urbanistica che, per realizzare l’apertura di nuovi spazi edificabili, aprì la strada, parallelamente, al recupero di notevoli reperti archeologici, nell’ambito delle stratificazioni edilizie di quei complessi che nei secoli avevano segnato lo sviluppo della città romana con scoperte archeologiche di grande importanza storico-artistica. Queste scoperte, confrontate poi e in certo modo anche avvalorate dalla corrispondenza con molti documenti d’archivio (rilievi, disegni e schizzi), fornirono interessanti dati per la conoscenza della città e della sua storia.
Fu così che, durante i lavori per l’apertura di via Nazionale e la costruzione del Palazzo delle Esposizioni, nel 1877, furono rintracciati notevoli resti delle terme di Costantino, quelli della ‘domus’ di Claudio Claudiano e anche di un’altra ‘domus’ e di costruzioni in opus reticulatum, a cui fa riferimento anche il Lanciani nei suoi scritti. E ancora in zona, particolarmente nei pressi di Via Genova, e in via Milano, accanto al Palazzo delle Esposizioni, apparvero alcuni affreschi ed un mosaico con una quadriga trainata da due cerbiatti. Suggestiva fu anche la scoperta di un ninfeo: esso era parte di una prestigiosa abitazione di proprietà di un ricco commerciante che, sotto Settimio Severo e Caracalla, si occupava di traffici intensi fra l’Italia e l’Egitto. Tali ritrovamenti, che dopo la chiusura dell’Antiquarium del Celio nel 1939, pur restaurati in anni recenti ( 2011-2012), vennero presentati in una esposizione temporanea ad Ostia nel 2013 e poi ancora nel 2019 in una mostra itinerante a Sofia, Yerevan e Tbilisi.
Ma solo l’attuale esposizione romana, così ampia e complessa, si presenta come un evento davvero eccezionale, come ha sottolineato il direttore dei musei archeologici e storico-artistici romani, Parisi Presicce, perché non solo riporta alla vista del grande pubblico questo vasto e interessante patrimonio artistico e culturale, ma valorizza opere musive colorate che fino ad ora non erano mai state esposte e mette in evidenza altresì i contesti originari di rinvenimento. Infatti, accanto ai mosaici, si sono ritrovati gli affreschi e le sculture di quegli edifici, che esplicitano anche quali fossero le tendenze di gusto dei committenti dell’epoca. Il valore artistico e la bellezza del mosaico in sé è messo in luce molto bene dalle parole del direttore Presicce, che, così si esprime in Catalogo ( ed. Campisano) : “ All’inizio dell’età moderna il mosaico era apprezzato per la sua policroma brillantezza e per la sua maggiore resistenza rispetto alla fragilità della tecnica pittorica, ma era messo in secondo piano rispetto all’architettura, alla scultura e alla pittura, considerate nella ‘communis opinio’ le arti maggiori”.
Curata da Parisi Presicce, Nadia Agnoli e Serena Guglielmi, con l’allestimento degli architetti della Sovrintendenza, l’esposizione è organizzata in quattro sezioni, contrassegnate ciascuna da un colore diverso delle pareti a cui sottendono, secondo il seguente percorso: la storia e la tecnica del mosaico presso i romani; le consuetudini di vita e abitative nella Roma della fine dell’età repubblicana; le dimore di lusso e i contesti domestici dell’età tardo-antica; fino agli spazi del sacro e la basilica Hilariana ed infine gli edifici funerari nelle necropoli del suburbio. E si possono così ammirare in mostra, oltre alle varie tecniche e tipi di mosaico (a colori o in bianco e nero), o gli “emblemata” che, da porre al centro di un pavimento o di una parete, erano realizzati con tessere minutissime.
A questi lavori si lega anche la scoperta di alcuni ambienti fra cui un ninfeo di una ricca dimora aristocratica che occupava una delle alture del Quirinale di proprietà di Claudius Claudianus, un illustre personaggio di origine africana che rivestiva numerose cariche politiche sotto Settimio Severo e Caracalla, impegnato in commerci marini fra Italia ed Egitto. Successivamente sepolta dalle Terme di Costantino, quella domus è stata poi riscoperta svelando preziosi mosaici alle pareti, di cui esiste un bell’acquerello di Vincenzo Marchi. Viene dalle Terme della zona di Santa Croce in Gerusalemme (Terme Eleniane), il mosaico pavimentale con busto di atleta rinvenuto nel 1879. Si lega ancora ad un edificio termale, il complesso rinvenuto presso Termini nel 1872 per i lavori stradali in Via Marsala, il mosaico pavimentale con pianta di edificio in tessere di palombino, basalto e paste vitree della metà del III sec. d. C. che, nel “Balneum”, identifica nei vari colori delle tessere la disposizione in pianta dei diversi vani e delle finestre, indicando così anche le dimensioni stesse degli ambienti.
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