Le sue sorprendenti sculture dislocate in quattro suggestive sedi a Venezia
Di Letizia Patròn
La Ravagnan Gallery presenta la mostra diffusa di Bruno Catalano a Venezia. In occasione della 58° Biennale d’Arte di Venezia, i “viaggiatori” di Bruno Catalano, artista italo-francese, saranno dislocati in cinque diverse sedi espositive, tra San Marco e Dorsoduro: Chiesa di San Gallo, Teatro Goldoni, Sina Centurion Palace, la storica Ravagnan Gallery in Piazza San Marco e la nuova sede a Dorsoduro 686. Il progetto espositivo, che sarà corredato da un ricco catalogo con testi di Enzo Di Martino e Lidia Panzeri, vanta il patrocinio del Comune di Venezia, della Diocesi Patriarcato di Venezia, Ufficio Beni Culturali, dell’Associazione Piazza San Marco e dell’Alliance Française. L’esposizione raccoglie all’incirca tranta sculture recenti, figure capaci di instaurare un dialogo con il mondo circostante fino ad identificarsi con esso, abitandolo in questa occasione per sei mesi, creando una nuova connessione con la città di Venezia. “Les Voyageurs” sono sorprendenti sculture in bronzo caratterizzate dalla totale mancanza della parte centrale del corpo “nelle quali le parti vuote assumono la stessa importanza formale ed espressiva dei volumi pieni”, sottolinea Di Martino in catalogo, nel saggio dedicato all’artista.
L’opera plastica di Catalano, artista moderno, cioè contemporaneo a se stesso, ha naturalmente preso atto della storica situazione di crisi della scultura del suo tempo e, forse per una di quelle geniali casualità che l’arte fa talvolta emergere nel corso della storia, ha trovato una sua personale ed inedita via espressiva, manifestando per tale maniera una nuova concezione dell’opera plastica; la sua originale vicenda creativa si colloca naturalmente all’interno di quel processo di straordinario rinnovamento espressivo dell’arte del XX secolo e dichiara un suo personale e ben riconoscibile contributo storico alla contrapposizione ideologica tra i pieni e i vuoti che ha caratterizzato gran parte della scultura del Novecento. In questa prospettiva diventa allora inevitabile rimarcare l’originale “classicità” della scultura di Bruno Catalano, pur nella frantumazione e nell’assenza di parte delle figure. I bronzi di Bruno Catalano intrecceranno il nostro cammino in un viaggio attraverso la città: dal foyer del Teatro Goldoni con “Van Gogh”, alla terrazza sul Canal Grande del Sina Centurion Palace dove troneggerà l’enigmatico personaggio “Blue de Chine”, alle sedi della storica Ravagnan Gallery in Piazza San Marco e a Dorsoduro.
Nella Chiesa di San Gallo, piccolo oratorio cinquecentesco e fulcro dell’esposizione, avviene l’incontro tra bronzo e terracotta con l’installazione intitolata “Poser Ses Valises”: a riflettersi, quasi in un gioco di specchi, le figure non più sole ma messe in relazione tra di loro. Quattro personaggi, tre maschili “Hubert”, “Raphael”, “Bachir” e uno femminile “Lauralou”, con i loro rispettivi modelli in terracotta. Un pieno nella volatilità della terra, un vuoto nella permanenza del bronzo creano un dialogo simmetrico nella loro alternanza. All’interno della chiesa l’artista depone anche alcuni dei suoi bagagli, l’emblema stesso del viaggio: la valigia, dove conservare oggetti ma anche i propri desideri e la speranza di un futuro migliore. Strumenti concreti ma dal forte significato metaforico. In occasione di una sua precedente personale alla Ravagnan (nel 2017) si ebbe ad osservare che “è il ritorno la vera meta del viaggio degli uomini nel mondo”; difatti, come scriveva il grande scrittore John Steinbeck, “le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone”. E tutte le opere di Catalano sono ricomponibili in un unico tema e in una unica ispirazione poetica, che si concreta in quella che può definirsi la “metafora” del viaggio; che di questi tempi, con le trasmigrazioni epocali e gli esodi biblici a cui stiamo assistendo, si impregnano di significati di forte attualità.
E con il viaggio, la nostalgia: “Nel mio lavoro – ha detto l’artista – sono alla ricerca del movimento e dell’espressione dei sentimenti; faccio emergere dall’inerzia nuove forme e riesco a levigarle fino a dare loro nuova vita. Proveniente dal Marocco anche io ho viaggiato con valigie piene di ricordi che rappresento così spesso nei miei lavori. Non contengono solo immagini ma anche vissuto, i miei desideri: le mie origini in movimento”. Nato in Marocco nel 1960, Catalano (che vive e lavora in Francia) è costretto ad emigrare in Francia con la famiglia. Sbarca a Marsiglia e a diciotto anni diventa marinaio. L’esperienza dello “sradicamento” e il periodo passato in mare segneranno profondamente la sua esistenza. Marsiglia, dunque, è il suo punto di approdo, dopo aver vissuto da marinaio per trent’ anni senza una dimora fissa, navigando tra i diversi porti del mondo. Ed è qui che ha iniziato la sua carriera: modellando l’argilla prima, la colatura in bronzo poi; la tecnica utilizzata per queste sculture è il bronzo, trattato a frammenti e colorato con tinte mai brillanti che conferiscono alle figure una patina d’altri tempi. Ispirato ai grandi maestri come Rodin , Giacometti , Camille Claudel, il marsigliese César (César Baldaccini) e soprattutto Bruno Lucchesi, da cui apprende la tecnica di modellare l’argilla, lo scultore riesce a superare la sfida dei suoi predecessori, aggiungendo una quarta dimensione nel suo tentativo surrealista, ben riuscito, di creare il vuoto nello spazio, utilizzando inizialmente l’argilla per evolvere in seguito verso l’uso del bronzo.