Quando la modernità dei mezzi di comunicazione riesce ad avvicinare gli amanti dell’arte all’arte stessa
Testo e foto di Elena Mandolini
Maddalena penitente, Michelangelo Merisi da Caravaggio
Verderame progetto cultura e Arti Doria Pamphilj s.r.l. hanno presentato il 25 gennaio, presso la Sala del Trono della Galleria Doria Pamphilj, l’ambizioso progetto di restauro I dialoghi dell’Arte – Caravaggio incontra Vasari, che prevede l’intervento conservativo di tre importanti opere d’arte: Maddalena penitente, Michelangelo Merisi da Caravaggio – San Giovanni Battista, copia da Michelangelo Merisi da Caravaggio Caravaggio – Deposizione dalla Croce, di Giorgio Vasari.
“Vorremmo far scendere la cultura dal piedistallo e farla avvicinare al grande pubblico” – afferma Giulia Silvia Ghia, Presidente di Verderame progetto cultura – “Soprattutto i giovani dovrebbero comprendere la bellezza dell’arte. E noi, addetti ai lavori, dovremmo insegnare come condividere l’arte”. L’associazione Verderame, nata nel novembre 2012, si prefigge lo scopo di promuovere le attività culturali e di fornire servizi nel campo della diagnostica, del restauro, della conservazione e della valorizzazione e tutela dei beni culturali.
L’architetto Mario Lolli Ghetti, moderatore della conferenza stampa, si è definito entusiasta: “La salvaguardia del nostro patrimonio storico-artistico, dovrebbe essere uno degli obiettivi fondamentali dello Stato. Oggigiorno, purtroppo, mancano un’adeguata salvaguardia, nonché la vigilanza e la manutenzione che i nostri beni culturali meritano”.
Un particolare della Deposizione dalla Croce di Giorgio Vasari, dopo la venilatura
La vera novità del progetto è l’apertura dei restauri al pubblico, che termineranno il 28 giugno. Amanti dell’arte, curiosi, semplici fruitori: tutti potranno ammirare gli addetti ai lavori mentre lavorano su queste tre importanti opere. “Attraverso un vetro appositamente installato” – prosegue Ghetti – “i visitatori della Galleria potranno seguire i lavori dei restauratori e, grazie a quattro incontri già stabiliti, potranno osservare da vicino i tecnici e porre tutte le domande che desiderano, per meglio comprenderne il lavoro”. Ma non solo. Perché, grazie ad una webcam predisposta all’interno del cantiere, il pubblico potrà seguire i lavori in diretta da casa. Inoltre, è già stato stabilito un ciclo di cinque conferenze, che affronteranno di vota in volta il rapporto che la pittura ha con altre forme d’arte.
L’avvocato Antonio Santini, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e portavoce del Ministro uscente Lorenzo Ornaghi, sottolinea, nel suo intervento, quanto lo Stato Italiano comprenda l’importanza e l’onere di sostenere l’arte: “In questo momento di crisi economica, di emergenza, sono qui come rappresentante dello Stato, per applaudire questo evento. Le opere d’arte hanno una loro vita, che deve essere curata con amore ma anche con le giuste tecniche, in modo tale che possiamo trasmettere questo bene alle generazioni future”.
La Principessa Doria Pamphilj e Claudio Strinati
Il punto focale dell’intervento dell’avvocato Santini, diventa il la che spinge lo storico dell’arte Claudio Strinati a sottolineare l’importanza dell’eredità dell’arte, del ruolo che questa generazione deve sostenere: “Più valorizzazione, più conoscenza, più dignità e valore economico. I beni culturali possono diventare il motore del nostro Paese. Quello che Silvia Ghia e il suo team faranno, sarà unire la scienza alla divulgazione dell’arte. Quest’iniziativa è l’inizio del giusto iter da seguire”.
Chiude la conferenza stampa Claudia Tempesta, membro della Soprintendenza speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e del Polo Museale della Città di Roma: “Questo progetto è un esperimento notevole. Vi è stata un’importante collaborazione fra il privato ed il pubblico. A nome di tutti i presenti, ringrazio i Principi Pamphilj per aver approvato un’iniziativa davvero importante”.
Arte, scienza e curiosità. Potrebbero realmente portare ad una svolta per la salvaguardia dei beni culturali. Non resta che vedere come reagirà il pubblico.
La conferenza stampa presso la Sala del Trono della Galleria Doria Pamphilj
Incontri tecnici (gruppi di massimo 25 persone)
20 febbraio ore 17,00
20 marzo ore 17,00
17 aprile ore 17,00
22 maggio ore 17,00
Biglietto: 11,00€ intero, 7,50€ ridotto (il prezzo comprende anche la visita alla Galleria)
Conferenze tematiche
27 marzo ore 17,00 Le tecniche artistiche e la conservazione
10 aprile ore 17,00 Musica e Arte
24 aprile ore 17,00 Semiologia e Arte
29 maggio ore 17,00 Caravaggio, Vasari: il confronto
19 giugno ore 17,00 Letteratura e Arte
3 luglio ore 17,00 La musica tra Caravaggio e Vasari Concerto conclusivo di Andrea Damiani – Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Per informazioni e prenotazioni:
06/68892499
verderame@verderameprogettocultura.it
www.verderameprogettocultura.it
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LE OPERE
IL LORO STATO DI CONSERVAZIONE
GLI INTERVENTI PREVISTI
La MADDALENA PENITENTE di Caravaggio
olio su tela, cm 122,5 x 98,5
Il dipinto costituisce un’opera cardine della prima attività romana dell’artista Caravaggio (ca 1595) e raffigura la peccatrice che ha appena rinnegato la passata vita mondana: ha abbandonato in terra un filo di perle e dei monili insieme al vasetto di unguento, suo attributo caratteristico. Come nel Riposo nella fuga in Egitto (Galleria Doria Pamphilj), l’artista mostra qui la sua particolare abilità nella pittura di natura morta. La figura è intera e quasi compressa in basso. I toni chiari sono tipici della fase giovanile del pittore, mentre una lama di luce obliqua taglia la stanza spoglia, anticipando quella illuminazione spiovente che avrebbe reso la sua pittura ricca di contrasti e chiaroscuri esasperati, modello in seguito per la pittura di mezza Europa.
“Dipinse una fanciulla a sedere sopra una seggiola con le mani in seno , in atto di asciugarsi i capelli, la ritrasse in una camera, & aggiungendovi in terra un vasello d’unguenti con monili e gemme la finse per Maddalena. Posa alquanto da un lato la faccia e s’imprime la guancia, il collo e’l petto in una tinta pura, facile, e vera, accompagnata dalla semplicità di tutta la figura, con le braccia in camicia, e la veste gialla ritirata alle ginocchia dalla sottana bianca di damasco fiorato. Questa figura habbiamo descritto particolarmente per indicare li suoi modi naturali, e l’imitatione in poche tinte fino alla verità del colore”.
Così Giovan Pietro Bellori descrive questo capolavoro, emblematico della fase giovanile del pittore, per l’atmosfera chiara, lo schema semplice ma innovativo, l’atmosfera malinconica e sognante.
Per molto tempo si è ipotizzato che il dipinto provenisse dalla collezione di Olimpia Aldobrandini, confluita in quella Pamphilj nel 1647 in seguito al matrimonio dell’omonima nipote della Aldobrandini con il principe Camillo Pamphilj. Recenti studi ne indicano invece la provenienza dalla collezione di Gerolamo Vittrici, comune al Riposo nella fuga in Egitto ed alla Buona Ventura (ora al Louvre) donata a Luigi XIV dai Pamphilj.
LE INDAGINI SCIENTIFICHE E LA TECNICA ESECUTIVA
Il dipinto è stato oggetto di interesse tecnico fin dagli anni cinquanta del Novecento, quando Edoardo Arslan lo ritenne un’opera del XVIII secolo sulla base della radiografia, che ne mostrava la fitta tela originale, incompatibile secondo lo studioso con l’epoca di Caravaggio. Le successive analisi tecniche hanno ovviamente confutato quegli argomenti e approfondito le caratteristiche della pittura giovanile di Caravaggio.
Nel corso dei lavori di studio e restauro verrà resa nota e illustrata la recente e ampia campagna di indagini non distruttive (emmebi 2010), che sarà inclusa nel volume di prossima pubblicazione Caravaggio. La tecnica e lo stile (R.Vodret, M.Cardinali, MB. De Ruggieri, G.S.Ghia – Silvana Editoriale) e che ha visto anche l’applicazione della innovativa e sperimentale Macro-XRF, eseguita dal “Center for Micro- and Trace Analysis” dell’Università di Anversa.
STATO DI CONSERVAZIONE
A seguito delle indagini diagnostiche eseguite per la pubblicazione in corso di stampa (Caravaggio. La tecnica e lo stile), il dipinto è risultato in un buono stato di conservazione e questo soprattutto per il numero limitato di interventi di restauro che ha sostenuto. L’opera presenta un’alterazione della lettura cromatica dovuta all’invecchiamento superficiale della vernice che ossidatasi rende visibile una patina giallastra. Da sempre custodito nell’attuale sede, il quadro subì il primo intervento di restauro documentato nel 1713 ad opera del restauratore Domenico Michelini che lo foderò, lo ripulì, lo stuccò e ne curò certamente la presentazione estetica ritoccandolo. Un secondo intervento, di cui si hanno scarse notizie, venne eseguito dal restauratore Frattini nel 1926. Le numerose esposizioni a cui il dipinto ha preso parte negli ultimi sessant’anni fanno presupporre ulteriori interventi di restauro quantomeno estetico. Certamente soltanto dall’osservazione della tipologia della struttura di sostegno e del supporto ausiliario si può dedurre un intervento non troppo in là nel tempo.
INTERVENTO PREVISTO
Per ovviare all’alterazione tonale dovuta all’invecchiamento della vernice e ristabilire la cromia originale, l’intervento consisterà nell’eliminazione della vernice ossidata attraverso una pulitura estremamente superficiale, per mezzo di soluzioni non tossiche e all’avanguardia.
SAN GIOVANNI BATTISTA (Caravaggio, da)
olio su tela, cm 132 x 98,5
L’iconografia della composizione è tuttora motivo di dibattito, valido sia per il dipinto della Pinacoteca Capitolina sia per la versione Doria che la critica prevalente ritiene essere copia. Se l’opera della Collezione Pamphilj, nominata a partire dalla guida del 1787, viene costantemente interpretata come San Giovanni Battista, il dipinto capitolino, proveniente dalla Collezione Pio (già Mattei prima e Del Monte poi) viene descritto in antico come San Giovanni Battista (inventari e testamenti di Giovan Battista Mattei e del Cardinale Del Monte, 1616-1623-1627), come Pastor friso (Gaspare Celio, ca. 1620) e nuovamente come pastore – Coridone, dall’ Idillio IV di Teocrito – nella vendita Del Monte del 5 maggio 1628. Successivamente la prevalente lettura di San Giovanni Battista si alternerà a quella di Giovane nudo.
E’ stata notata la scarsa attinenza dell’immagine rispetto a quella di “San Giovanni Battista, almeno nel senso tradizionale, e non tanto per la carenza di alcuni attributi iconografici certi, quali la ciotola e la croce, quanto proprio per un’atmosfera di ambiguità e di forte coinvolgimento che il dipinto esercita sullo spettatore” (Varoli Piazza, 1990).
Il dipinto pervenne probabilmente nelle raccolte Pamphilj nel 1644, lasciato in eredità dal cardinale Mario Filonardi alla Camera Apostolica Vaticana e poi giunto nelle raccolte di Camillo Pamphilj. In antico entrambe le versioni sono state generalmente riferite a Caravaggio, fino alla guida de La Galleria del Campidoglio di Adolfo Venturi del 1890 che escluse il dipinto capitolino dagli originali della collezione e agli Studi su Michelangelo da Caravaggio di Lionello Venturi del 1910, che riconobbero nel dipinto Doria l’originale da cui era stata tratta la copia capitolina. La recente storiografia critica ha ribaltato l’attribuzione in occasione della riscoperta del San Giovanni Battista capitolino da parte del grande conoscitore Denis Mahon (1956).
LE INDAGINI SCIENTIFICHE E LA TECNICA ESECUTIVA
Uno studio tecnico e una campagna di analisi scientifiche, condotte in parallelo sulle due versioni, hanno confermato la derivazione della versione Doria da quella Capitolina (Identificazione di un Caravaggio, 1990), relegando la seconda versione nel campo complesso e quasi indistinto della replica-copia contemporanea.
Le indagini hanno evidenziato sotto la pittura la presenza di profili disegnati, alcuni incisi. Essi sono apparsi riconducibili al procedimento esecutivo del copista, dal momento che allora le conoscenze tecnico-stilistiche della pittura di Caravaggio escludevano il ricorso da parte del maestro lombardo allo strumento del disegno. In aggiunta a questi dati desunti dalla riflettografia IR, altri elementi tecnico-esecutivi – rilevati dalla radiografia e dall’analisi XRF – confermavano l’ipotesi della versione di derivazione: l’assenza di sovrapposizioni tra campiture (ad esempio del panneggio sull’incarnato o del corno dell’ariete sull’avambraccio) come anche di modifiche redazionali (pentimenti), presenti invece nel dipinto Mattei; l’impiego di differenti miscele di pigmenti per ottenere analoghi valori cromatici, rispetto all’originale capitolino.
La non completa sovrapponibilità delle due composizioni, coincidenti per ampie parti della figura ma non per il braccio destro e per alcuni elementi della vegetazione, lascia aperto il problema della tecnica impiegata nella replica dell’immagine, cui la presente campagna di analisi (imaging multispettrale ed esami chimico-fisici) tenterà di fornire nuove informazioni, insieme a una generale riconsiderazione e contestualizzazione dell’opera rispetto al Caravaggio e alla sua Schola.
STATO DI CONSERVAZIONE E INTERVENTO PREVISTO
Allo stato attuale dei fatti, il dipinto non denota particolari problematiche conservative e non necessita di un intervento di restauro vero e proprio; pertanto verrà eseguito solo un intervento di manutenzione che comporterà la revisione delle parti costitutive del dipinto, dal telaio agli strati pittorici, una spolveratura e una probabile nuova verniciatura protettiva finale.
La DEPOSIZIONE DALLA CROCE di Giorgio Vasari
olio su tavola, cm 297 x 188
L’opera venne firmata dall’artista-letterato (”GIORGIO ARETIN FACIEBAT”), che la cita nelle proprie Ricordanze. Promise di finirla entro il 1534, ma passarono oltre dieci anni fra l’avvio e il compimento, al pari della quasi contemporanea Sacra Conversazione di Pisa, perduta nel 1595.
Il dipinto fu largamente impostato fra il 1533 e il 1538, come indicano l’influenza di Salviati e – nel Cristo – gli accenni alla Pietà di Michelangelo. All’ultima fase, verso il 1544, pare risalire lo sfondo di tenebra, quasi senza spazio, in linea con certe tendenze antirinascimentali dell’arte toscana.
La pala rimase nella chiesa romana di S. Agostino fino al 1661, quando fu comprata da Camillo Pamphilj per 150 scudi, dopo aver finanziato dei lavori nella chiesa.
STATO DI CONSERVAZIONE
La grande tavola, costituita da nove assi longitudinali unite da tre traverse, è purtroppo in un pessimo stato conservativo.
Collocata nella sala Aldobrandini in alto, patisce le infiltrazioni dalla sovrastante copertura. Le assi del tavolato risultano lievemente imbarcate e i movimenti del supporto hanno provocato gravi sollevamenti nonché diffuse piccole cadute di pellicola pittorica e preparazione.
Lacune di piccola entità si trovano anche lungo il margine destro della tavola, presumibilmente da imputare, come il graffio sulla figura di San Giovanni, a movimentazioni del dipinto.
Si riscontrano difetti di adesioni con sollevamenti a bolla in corrispondenza dei chiodi che ancorano le traverse sul verso del supporto e si riconoscono degli inserti nella zona in ombra della Maddalena e sul braccio della Vergine. Diffuse abrasioni superficiali interessano la parte inferiore della tavola specie nell’angolo in basso sulla destra.
Sono anche presenti fenomenologie di degrado da “cottura” del colore, forse provocate da candele e sembrerebbero proprio colature di cera quelle fortemente ingiallite che si vedono sul panneggio azzurro della donna al centro e sulla mano della Maddalena.
Sulla pellicola pittorica si nota uno spesso e uniforme strato di vernice ossidata che altera le cromie originali e copre eventuali ridipinture e ritocchi di vecchi interventi che tuttavia risultano evidenti in quanto alterati.
LE INDAGINI SCIENTIFICHE E L’INTERVENTO PREVISTO
L’opera verrà sottoposta ad un’accurata campagna di analisi multispettrali (RX-IR-UV) e di caratterizzazione chimico-fisica (Analisi XRF, FT-IR, analisi stratigrafica su sezione lucida, microanalisi SEM-EDS).
Il recupero conservativo dell’opera comporterà il consolidamento strutturale, ove ritenuto necessario, seguito da un’accurata pulitura secondo le metodologie meno tossiche e più all’avanguardia. Nelle parti che lo necessiteranno saranno eseguite le stuccature e la loro reintegrazione estetica.