Mostra Roma – Ai Musei Capitolini. Centrale Montemartini –
Via Ostiense 106 – ( fino al 5 maggio 2024)
di Luisa Chiumenti
Una mostra molto particolare è allestita a Roma negli spazi della Centrale Montemartini: si tratta di costruzioni assai interessanti perché, pur avendo avuto una presenza importante in determinati contesti territoriali, risultano oggi come “un invito a immaginare un mondo al di là delle limitazioni pratiche”, stagliandosi come icone di una progettazione che supera i confini convenzionali” (Lucia Borgonzoni, Sottosegretario alla Cultura). Ed effettivamente tali architetture hanno avuto un proprio “peso” nell’immaginario collettivo, pur non essendo assolutamente “abitabili”. Si tratta di otto “Architetture inabitabili” che sono ora diventate anche i “personaggi” di un volume edito da Marsilio Arte, in cui esse appaiono negli scatti fotografici di Silvia Camporesi e Francesco Jodice e vengono illustrate dalle parole degli scrittori Edoardo Albinati, Stefania Auci, Gianni Biondillo, Andrea Canobbio, Andrea Di Consoli, Francesca Melandri, Tiziano Scarpa e Filippo Timi. Organizzata e realizzata da Archivio Luce Cinecittà l’esposizione è stata ideata dalla Presidente di Cinecittà Chiara Sbarigia, curatrice dell’esposizione insieme con Dario Della Lana. Foto e filmati presentati in mostra sono provenienti in massima parte dall’Archivio Luce ed altri prestigiosi archivi. E se fra i fotografi non si possono non menzionare figure come Steve McCurry o Gianni Berengo Gardin ecco spiccare anche l’opera di Gianni Leone.
Vediamo quindi Il Gazometro “emergere come un moderno Colosseo”, presenza iconica (visibile anche dalla Centrale Montemartini); come pure sconvolge l’intrinseca bellezza emotiva di luoghi dall’estrema rilevanza simbolica e rinnovata vitalità come la sepoltura della Famiglia Brion, realizzata da Carlo Scarpa. In occasione dell’omonima mostra promossa da Roma Capitale e dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e realizzata da Archivio Luce Cinecittà, ecco anche un volume edito da Marsilio Arte e curato da Chiara Sbarigia, Presidente di Cinecittà, e Dario Dalla Lana, curatore e produttoreesecutivo per il cinema che ha curato molte altre mostre, tra cui, nel 2023, “Venice Mapping Time” (con Gabriella Belli ). Il catalogo della mostra è arricchito da immagini suggestive: un viaggio speciale ed unico che va dal Campanile di Curon nel lago di Resia a Curon Venosta (Bolzano); al Memoriale Brion di Carlo Scarpa a San Vito di Altivole (Treviso); alla Torre Branca di Milano; al Lingotto di Torino; agli Ex Seccatoi del Tabacco di Città di Castello (Perugia); al Gazometro di Roma; al Parco dei Palmenti di Pietragalla (Potenza) ed al “Grande Cretto” di Burri a Gibellina (Trapani). I saggi hanno la forza di rievocare l’origine di queste architetture e le storie che ancora le animano.
La curatrice Sbarigia nel suo contributo spiega come “nellamostra si possano trovare tracce di quello chel’ha ispirata, come la passione per le “water towers” di New York e i teatri di posa di Cinecittà che in realtà rappresentano l’architetturainabitabile per eccellenza, “abitata sì, ma soltanto da personaggi di finzione”. Il contributo del curatore Dario Dalla Lanaaccompagna il visitatore in un accuratoapprofondimento del concetto di “inabitabile” nei confronti dei più noti concetti di: “costruire, abitare, guardare”. Dai saggi degli scrittori, scaturisce così una sorta di “territorio immaginario”. E se ad esempio Francesca Melandri racconta storie di vita del paese che sorgeva dove è stata costruita la diga artificiale da cui spunta oggi il Campanile di Curon, Tiziano Scarpa ci porta invece presso la tomba Brion realizzata dal “demiurgo creatore” Carlo Scarpa. E ancora: Gianni Biondillo fotografa l’architettura del Ventennio con la Torre Branca, progettata da Giò Ponti, a pochi passi da quello che fu il Palazzo dell’Arte, oggi Triennale, ecco che il Lingotto stesso definisce se stesso una “forma pura, il solido perfetto, l’elemento modulare replicato all’infinito fino al punto di fuga”. E ancora Albinati ripercorre quello che il cinegiornale dell’epoca definiva “il fantastico castello d’acciaio”, il Gazometro a Roma.