E’ proprio ai tempi delle Magna Grecia che sembrano risalire anche le origini dell’attuale cucina pugliese. Principale alimento, i cereali, con i quali un tempo si preparavano pane e gallette di farina d’orzo, il maza o le michette, l’artos. Oggi si fa la frisedda, un pan biscotto tipico della colazione contadina, condita con olio, pomodoro e cipolle o semplicemente intinta in un bicchiere di vino, e pizze, focacce come il calzone al forno ripieno di cipolle, olive, pomodori, pecorino, capperi e alici e come il panzerotto fritto, farcito di pomodoro e mozzarella.
Di ricordo greco anche le lagane cotte nel mosto, e la purea di fave con cicoria, la ‘ncapriata, che discende sicuramente dalla Kaporidia ma ha anche influenza egiziana. Nelle Murge i pastori mangiano ancore vari tipi di carne affumicata, le “mescische”, ebbene persino Aristofane racconta che Ercole si cibava di carne affumicate e purea di fave. Infine l’usanza di marinare i pesci nell’aceto nelle preparazioni alla scapece, deriva da quella greca askipeda. Magna Grecia a parte, la cucina pugliese valorizza, con saggia abilità, i prodotti regionali più diffusi.
Naturalmente il grano, egregiamente trasformato in paste fatte in casa tradizionali: la celeberrima pasta a forme di orecchiette, spose per eccellenza alle cime di rapa; le strascenate, rettangoli di pasta passati sull’apposito attrezzo; i troccoli, sorta di maccheroni alla chitarra, i cavatieddi, piccole conchiglie e tante altre. A con¬dire i vari tipi di pasta spesso sono chiamate erbe di campo e ortaggi, oppure un ragù di carne mista di vitellone, maiale e castrato o un ragù di pesce assortito come il popolare ciambotto barese. Caratteristica la minestra maritata alla foggiana a base di verdure e carne. Nei piatti unici si intravede l’influenza della dominazione spagnola specie nelle tielle (tegami).
Tipica barese la tiella di riso, cozze, patate e cipolle, una vera leccornia. Dovunque, nelle località costiere il pesce la fa da padrone. Il mare barese offre splendide possibilità da intenditori. Specie nella zona che delimita il vecchio Porto, ghiotti avventori si avvicinano ai chioschi che espongono cesti di seppioline, polpetti arricciati (pulpe rizze) e frutti di mare ancora vivi per gustarli crudi con una spruzzata di limone. Magnifiche le ostriche e i ricci. Le triglie di Porto Cesareo, Gallipoli, Polignano a mare e Manfredonia, sono una vera tentazione. Senza parlare del pesce che si gusta alle Tremiti la cui cucina conosce pure una splendida zuppa di tartaruga di mare.
Taranto primeggia per ostriche e cozze allevate ancora con i sistemi antichi. Su tutto il litorale polpetti in casseruola, cozze arracanate, dentice alle olive e orate alla san Nicola, scapece di Gallipoli e sogliole gratinate. La carne, qui, è soprattutto ovina. Tipico l’agnello al forno con pomodorl e patate,e ancor di più gli gnummerieddi, gomitolini di budella di agnellino arrostiti alla brace e il quagghiaridde, insaccato di frattaglie di montone preparato dai pastori del Gargano. Le grandi quantità di greggi rende popolare l?uso di latticini e formaggi. Ricotta, ricotta forte, cacioricotta, da grattugia, pecorino delle Murge, mercia, sorta do mozzarella ovina.
Dal latte di mucca: ottimi e ricercati il caciocavallo, il provolone, la scamorza, i burrini e quella meraviglia che è la burrata di Andria, un ghiotto connubio tra panna fresca e la migliore mozzarella. Ricco l?assortimento degli ortaggi locali tra cui primeggiano i lampasciuni, cipollacci selvatici che si preparano lessi, arrostiti sulla brace o in agrodolce con il vincotto. Un accenno ai dolci è doveroso. Si tratta soprattutto di dolcetti e biscotti secchi casalinghi. Tipiche del periodo natalizio le carteddate, nastri di pasta arrotolati a spirale e cosparsi di miele o di vincotto. Vincotto e miele anche nella ricetta dei susumidde, dolcetti arricchiti da mandorle e cannella.
Testo di Viviana Tessa