una prestigiosa mostra alle “Scuderie del Quirinale”.
(fino al 12 marzo 2017).
di Luisa Chiumenti
I capolavori sottratti da Napoleone e riportati in Italia dal Canova, sono ora esposti nelle sale delle Scuderie del Quirinale, presentando al grande pubblico tele di Tiziano, Correggio, Guido Reni e preziose sculture e busti del neoclasscismo. Le opere hanno una diversa provenienza geografica, a testimonianza della grande produzione artistica in ogni regione d’Italia, situazione che determinò anche la creazione, dopo qualche tempo di indispensabile “deposito” delle opere stesse subito dopo il rientro, di numerosi musei moderni italiani, anche decentrati, come ad esempio la Galleria Nazionale dell’Umbria o l’ampliamento di altri, come la Pinacoteca di Brera a Milano di cui proprio Napoleone aveva voluto la nascita nel 1805. Ma tutto ciò è senza dubbio anche scaturito da un diverso criterio che a mano a mano si fa strada e si afferma di godimento e fruizione generale e popolare dell’opera d’arte: un nuovo spirito che aleggia non solo nella capitale, ma anche in tutti le altre sedi regionali per il rientro in patria di tutte quelle grandi opere.
Ed ecco, fra le grandi tele, Raffaello con il “Ritratto di papa Leone X con i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’Rossi”(in prestito dagli Uffizi); “La strage degli Innocenti” di Guido Reni (dalla Pinacoteca di Bologna); “La grandiosa tela con “l’Assunzione della Vergine” di Tiziano (dal Duomo di Verona); il “Compianto sul Cristo morto” di Correggio o la “Deposizione “ di Annibale Carracci (dalla Galleria Nazionale di Parma) insieme con tante altre tele di somma fattura e di numerose neoclassiche sculture. Con questa mostra si entra in certo modo nella nuova vita degli spazi delle Scuderie del Quirinale, che, aperte nel 1999, su progetto di restauro dell’architetto Gae Aulenti, si stacca ora dal Palaexpo, per essere definitivamente affidata alla gestione diretta del Ministero peri Beni e le Attività Culturali. Si tratta infatti della prima, davvero eccezionale mostra organizzata da Ales, la società in-house dello stesso Mibact, presieduta da Mario De Simoni, già a capo del Palaexpo e che sottolinea come l’ambizioso obiettivo della importante operazione culturale sia quello di “diventare uno spazio espositivo di primo livello, come il Grand Palais”. L’esposizione racconta, a duecento anni di distanza, il recupero ed il rientro in patria dei beni italiani trasferiti in Francia da Napoleone; a scoprirli e a contribuire alla loro valorizzazione fu Dominique -Vivant Denon, nominato nel 1802 direttore generale del futuro Louvre, che venne in Italia nel 1811.
Il Catalogo narra le vicende spesso avventurose che accompagnarono il rientro delle opere in Italia. Così ad esempio possiamo seguire le vicende del “Ritratto di papa Leone di Raffaello che, al primo rientro in Italia venne ospitata a Palazzi Pitti, passando poi agli Uffizi. Leggendo le “Vite” del Vasari si conosce la storia della sua realizzazione: dipinta a Roma, la tavola, che rappresenta tre personaggi della famiglia Medici, oltre al papa figlio di Lorenzo il Magnifico, due nipoti ( Giulio, figlio illegittimo di Giuliano (futuro papa Clemente VII) e Luigi figlio naturale di una sorella di Lorenzo), il 5 settembre 1518 veniva inviata a Firenze: Più tardi Alfonsina Orsini, madre di Lorenzo de’ Medici, duca di Urbino, rendeva noto come il quadro fosse stato esposto durante le nozze del figlio con Maddalena de la Tour d’Auvergne, facendo quasi intuire come si pensasse di sollecitare così, attraverso la figura stessa del papa, presente all’unione, una sorta di consolidamento del potere della famiglia d’origine si affermò fiorentina e del suo legame con la Francia.
Il principio che imponeva che le opere tornassero nei paesi da cui erano state trafugate, dopo la sconfitta di Napoleone, fece sì che, verso la fine del 1815, tutti i rappresentanti degli Stati italiani si presentassero a richiedere al Louvre il recupero delle opere d’arte requisite, compresi quelli che, nel frattempo erano stati anche inviati nei musei francesi della provincia. Molte le difficoltà, ma grazie le accurate ricerche dei commissari italiani e l’intervento di un valentissimo “ambasciatore” quale fu Antonio Canova ( “l’imballatore”, secondo la definizione di Denon), le opere che tornarono in Italia furono assai numetrose (circa l’80 % ) affrontando spesso viaggi difficili e avventurosi sia per terra che per mare, compiuti sul finire del mese di ottobre del 1815.
Nei primi giorni di dicembre giunse a Milano il primo carico, una processione di 41 carri trainati da 200 cavalli. A Roma giunsero il 4 giugno 1816. L’ultimo trasporto delle opere trafugate da Gioacchino Murat in fuga dalla città partenopea giunse a Napoli nel 1817. Le cronache riferiscono del giubilo popolare, di folle festanti di uomini, donne e bambini, di “dotti e imperiti”, come si legge sulla “Gazzetta” di Bologna a proposito della gente accorsa a vedere le mostre organizzate per celebrare il rientro in patria. Un entusiasmo in qualche modo sorprendente ma che dava la misura del valore attribuito a quei quadri, a quelle sculture. Non solo artistico e di culto quando erano pale d’alt, ma anche identitario.
Come scrive in catalogo Valter Curzi che ha curato la rassegna insieme con Carolina Brook e Claudio Parisi Presicce, è “la nascita di una coscienza collettiva del bene culturale”, visto per la prima volta come strumento indispensabile per l’educazione del cittadino, ma anche per la formazione di una responsabile “identità europea”. Ed è interessante notare come sia stato così proprio dal Louvre, considerato a quel tempo come “il luogo dove ricreare l’estetica nella contemporaneità”, che sono venuti a Roma i prestiti più importanti, che offrono al visitatore una vera e propria vetrina di capolavori, costituenti un patrimonio culturale che avviò la nascita delle maggiori gallerie e pinacoteche, dalle Gallerie dell ’Accademia di Venezia alla Pinacoteca di Brera, alla Pinacoteca di Bologna e a quella che oggi si chiama Galleria Nazionale dell’Umbria.
Per informazioni:
Scuderie del Quirinale, Via XCIV Maggio 16, Roma,
tel. 06-39967500