Testo di Luisa Chiumenti
Per una brillante idea di Barbara Jatta, vice direttore dei Musei Vaticani, è stato possibile ammirare in una sala dei Musei Vaticani alcune opere eccezionali: i modelli creati dal Bernini per la fusione in bronzo delle sue opere. L’esposizione è stata allestita proprio in corrispondenza del periodo (dal 25 novembre al 19 febbraio) in cui la Russia accoglierà per la prima volta la mostra “Roma Aeterna” Galleria Tretyakov di Mosca, in cui saranno esposti 42 capolavori della collezione permanente della Pinacoteca dei Musei del Papa: da Raffaello a Bellini, a Melozzo da Forlì, fino a Caravaggio (con la “Deposizione). Vedere quei modelli da vicino dà al visitatore una grande emozione, ma certo non raffrontabile con quella delle due restauratrici Flavia Callori di Vignale ed Alice Baltera, la cui voce esprimeva tutto ciò mentre descrivevano i vari passaggi di un lavoro attento e meticoloso che le aveva così tanto impegnate e appassionate.
Il finanziamento del restauro è stato sostenuto dal Capitolo di New York e della signora Lee Romanelli dei “Patrons of the Arts in the Vatican Museums” , dando vita ad un laboratorio che ha visto la firma dell’architetto Mari. All’interno di quella struttura cubica trasparente, studiata con la possibilità di ruotare nella sua configurazione stellare, a seconda delle stagioni, i vetri speciali riducendo l’effetto dell’irraggiamento, accompagnato da impianti di climatizzazione ha permesso ai restauratori di lavorare in modo continuativo e confortevole e raccogliendo tutti i dati necessari allo sviluppo del lavoro. Nel frattempo i visitatori potevano osservare dall’esterno e seguire lo sviluppo dei prodigiosi interventi, Ma fermiamoci dinanzi ad alcuni di tali modelli realizzati dal Bernini e dai suoi collaboratori più vicini in terra cruda in scala al vero, appartengono alla Fabbrica di San Pietro, ma situati in deposito presso i Musei Vaticani dal 1980.
Sono molto fragili essendo realizzati con un semplice impasto di creta, paglia, legno, ferro e fascine di viti e quando venne eseguito un intervento di restauro di Fabrizio Mancinelli negli anni ’70, erano giunti ad un punto tale che sembrava ormai che si stessero sfarinando. Ma il vero restauro, con “obiettivi rigorosamente ed esclusivamente conservativi” eseguito sotto la supervisione del professor Paolucci, diretto da Arnold Nesselrath, è riuscito a coinvolgere molti laboratori di restauro, inclusi quelli del metallo e delle ceramiche. In tal modo i modelli sono stati definitivamente messi in sicurezza dal punto di vista statico, eliminando contemporaneamente tutti i rifacimenti e le integrazioni spesso negativi, nonché gli strati di sporco, verniciature e stuccature
Ma i modelli, oltre alle preziose impronte digitali del grande Maestro e dei suoi collaboratori, presentano numerosi segni della lavorazione e inoltre le profonde fessurazioni che hanno in alcuni punti, denunciano il naturale ritiro della creta. Alcuni depositi polverosi particolari hanno inoltre mostrato che alcuni dei materiali, quali il legno e la paglia, sono stati attaccati da insetti e quindi si è dovuto provvedere anche ad una preventiva disinfestazione. Ma ammiriamo ora con emozione i quattro angeli in piedi, due più grandi e due più piccoli e le due bellissime teste di dottori della chiesa, Sant’Atanasio e San Giovanni Crisostomo, che erano destinate alla fusione di statue in bronzo per l’Altare della Cattedra di San Pietro. Ecco ancora l’angelo inginocchiato che si presenta come il modello per la fusione di una delle sculture in bronzo per l’altare della cappella del SS. Sacramento, ordinato nel 1629 da Urbano VIII. Un’altra grande emozione si prova nel rendersi conto di come quei modelli in realtà rappresentino il momento più importante della forza creativa e dell’idea iniziale del grande Bernini, di cui addirittura si sono potute rintracciare le impronte digitali.
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