Il fascino “indiscreto” della bellezza femminile nella Belle Époque
Un’accattivante mostra al MAGI 900 di Pieve di Cento (Bologna)
Testo di Michele De Luca
Il mito della “Belle Époque”, con la sua immagine di età dell’oro animata da un’incredibile euforia, è il riflesso del respiro europeo e del desiderio d’innovazione che hanno segnato fondamentali cambiamenti nella società, nel gusto, negli stili di vita e nella comunicazione dell’età contemporanea. Questo clima effervescente, ancora capace di coinvolgere il pubblico, rivive al MAGI’900 di Pieve di Cento, in provincia di Bologna, nella mostra “Omaggio alla femminilità nella Belle Époque” curata da Fausto Gozzi e Valeria Tassinari (catalogo Edizioni Minerva). L’allestimento è costruito sul filo sottile della seduzione femminile, uno dei temi più trasversali percorsi dalle arti visive tra Ottocento e Novecento. Bellissime e intriganti, oggetti del desiderio ma anche consapevoli e ormai proiettate verso l’emancipazione, le donne rappresentate nell’arte, nella decorazione, nell’editoria, nella moda e nella pubblicità furono migliaia, e i loro tratti, sospesi tra realtà e immaginario, sono ancora oggi riconoscibili come icone di uno stile ineguagliato.
Il percorso espositivo è scandito da una ricca selezione di materiale fotografico e documentario, che traccia una lettura tematica di apertura internazionale, intorno ad alcuni capolavori molto noti, come il dipinto “Il Cappellino azzurro” di Giovanni Boldini, o quasi del tutto inediti, come le illustrazioni a tempera di Lutz Ehrenberger, che ereditano lo spirito della “Belle Époque” e lo prolungano per i primi decenni del XX secolo. L’immagine della donna e tutto ciò che evoca l’idea di “eterno femminino” sono così ripercorsi visivamente attraverso dipinti, incisioni, manifesti e una selezione di sculture tra le quali figurano opere di Vincenzo Gemito, Edgardo Simone, Elia Sala, Enrico Mazzolani, Tullo Golfarelli, Giovanni Battista Amendola e altri autori che tracciano il percorso della scultura dalla Scapigliatura lombarda al Realismo. Uno spazio particolarmente significativo è poi riservato alle riviste illustrate, pubblicazioni molto diffuse con cui collaboravano i migliori autori dell’epoca.
Si comincia dunque dalle atmosfere parigine, restituite tanto dalle trasgressive ballerine del Moulin Rouge quanto dalle “jolies femmes”dell’alta società, ben rappresentate da due bei ritratti femminili di Giovanni Boldini (Ferrara,1842 – Parigi,1931), e da una serie di opere grafiche del suo amico fraterno Paul César Helleu (Vannes, 1859 – Parigi,1923). In questa sezione figurano le più importanti riviste francesi dell’epoca come “Le Sourire”, “Gil Blass”, “Le Frou Frou”, “L’Assiette au Beurre”, “L’Eclipse”, “La Lune Rousse”, “Fantasio”, “Le Humoristes”, “La Vie Parisienne” e il rarissimo esemplare di “Le Rire” del 1895-96 che contiene alcune delle più ricercate litografie di Toulouse-Lautrec (Albi, 1864 – Saint-André-du-Bois,1901). Un richiamo alla trasgressione torna anche nella serie dei “Sette Vizi Capitali” di Adolphe Willette (Châlons-sur-Marne, 1857 – Parigi, 1926), specchio di una società che si affranca dalla morale perbenista e ammicca ironicamente a una nuova libertà di costumi.
Al costume inteso come moda è dedicata un’altra sezione, che intende leggere l’influenza dei figurini proposti dalle più rinomate case di moda per signora e il forte impatto dei manifesti pubblicitari, tra i quali si distinguevano per modernità e intensità cromatica i capolavori di Marcello Dudovich (Trieste,1878 – Milano,1962), con le cui immagini si apre la sezione dedicata all’Italia. Qui l’idea dell’eleganza femminile è testimoniata da una raffinata cromolitografia di Vittorio Corcos ( Livorno, 1859 – Firenze, 1933), mentre con Aroldo Bonzagni (Cento, 1887 – Milano, 1918), il pittore e disegnatore satirico che Giulio Carlo Argan ha definito “il Toulouse –Lautrec italiano”, l’immagine femminile si carica di umorismo e l’interpretazione della “Belle Époque” milanese strizza l’occhio a una arguta critica sociale. Anche in questa sezione figurano numerosi esemplari delle più diffuse riviste illustrate come “Novissima”, “Poesia”, “Fantasio”, “Italia ride”, “L’Asino”, “Il Mulo”, “La scena illustrata”, “La Grande Illustrazione”, “Il Mondo Umoristico”, “Sigaretta”, “Satana Beffa”, “Il Giornalino della Domenica”, “La Lettura”, “Ars et Labor”, “Il Secolo XX”. Merita infine una puntualizzazione anche la produzione artistica locale, con un approfondimento dedicato alle figure di due artisti nativi di Pieve di Cento, il pittore Remo Fabbri (1890 – 1977) e lo scultore Antonio Alberghini (1888- 1979), la cui qualità esalta la sensualità nell’iconografia femminile.
Ed ecco allora che in questo percorso, non poteva mancare una sezione dedicata “all’eros e ai suoi abissi”, verso i quali la donna fatale conduce le sue “prede”: qui, accanto alle provocanti opere di Francesco Cangiullo (Napoli, 1888 – Livorno, 1977) e Alberto Martini (Oderzo, 1876 – Milano, 1954), sono presenti alcune delle più trasgressive incisioni del belga Felicien Rops (Namur, 1833 – Essonnes, 1898) e i libri dedicati al tema da Eduard Fuchs (Göppingen, 1870 – Parigi, 1940) all’inizio del Novecento. Ma mentre, si diffondeva l’idea della “femme fatale”, disegnata nei celebri album di Charles Dana Gibson (Roxbury, 1867 – New York, 1944) proprio sul crinale tra Otto e Novecento. La sezione dedicata all’Austria e alla Germania offre magnifici esempi di grafica, a partire dalla celeberrima copertina della rivista “Ver Sacrum”, disegnata da Gustav Klimt (Vienna, 1862 – Neubau, 1918) nel marzo 1898 in occasione della mostra che consacrò la Secessione viennese, passando per i numeri unici di Ferdinand Reznicek (Vienna, 1868 – Monaco di Baviera, 1909) tra cui il “Wiener Tanz Album” del 1907, fino alle più belle riviste tedesche come “Jugend”, “Simplicissimus” e “Lustige Blätter”, che furono delle vere palestre di stile e ironia per i migliori disegnatori europei del periodo. E proprio per illustrare questa rivista sono state realizzate molte delle oltre quaranta tempere originali di Lutz Ehrenberger (Sohn eines Weinbauern, Graz,1878 – Saalfelden, 1950) recentemente acquisite dal MAGI grazie all’impegno e alla passione del fondatore Giulio Bargellini.
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