La pittrice abruzzese in mostra a Venezia
Le sue ultime opere nella settecentesca Schola dei Tiraoro e Battioro
Testo di Michele De Luca
La settecentesca Schola dell’Arte dei Tiraoro e Battioro in Campo San Stae a Venezia fa da suggestiva cornice, fino al 9 novembre, alla mostra “Luce acqua vento”, opere pittoriche inedite di Gabriella Capodiferro (Chieti, 1942), presentata in catalogo dallo storico e critico d’arte Enzo Di Martino. Luce, acqua e vento vengono percepiti dall’artista non solo come gioia di godere gli elementi della natura ma anche come meditazione sull’essenza simbolica dello spirito: “luce” come intelletto e sapienza, “acqua” come purezza, “vento come mistero trasfigurante. Tre elementi affascinanti i cui contenuti simbolici vengono tradotti e manifestati in un linguaggio altro, quello della pittura, attraverso cromie, pigmenti e sovrapposizioni materiche e gestualità nello spazio. Il progetto della mostra non si limita all’esposizione delle opere dell’artista ma intende coinvolgere attivamente in un percorso formativo ragazzi e adulti: lo scopo di tali laboratori è quello di sperimentare e realizzare con i partecipanti effetti visivi collegati al tema, molto affascinante della mostra. Scrive Di Martino nel catalogo: “Nell’opera di Gabriella Capodiferro appare evidente che la pittura non è semplicemente il linguaggio della rappresentazione ma, nella sua straordinaria autonomia formale ed espressiva, può essere invece la pura rappresentazione di se stessa. L’artista, infatti, mette in atto una sua personale strategia all’interno della quale i pretesti ideativi – nel suo caso, in modo solo evocativo, anche la figura e la natura – si equivalgono e dichiarano di essere, per l’appunto, puri e semplici pretesti visivi … si tratta di opere d’arte che non necessitano di letture esplicative nel dettaglio perché configurano una sorta di canto silenzioso e poetico volto a comunicare e mozioni piuttosto che a descrivere o narrare alcunché”.
La formazione artistica avviene prima presso l’Istituto Statale d’Arte a Chieti e poi all’Accademia delle Belle Arti di Venezia sotto la guida dei maestri Bruno Saetti e Carmelo Zotti. Fra il 2006 ed il 2007 l’attività espositiva dell’artista si arricchisce di significative partecipazioni: invitata al 40° Premio Vasto “In corso d’opera: Itinerari abruzzesi” e alla 52° Mostra Nazionale d’Arte Contemporanea “Haisthesis: memoria e presente” promossa dal Comune di Termoli (CB); Nell’estate del 2007 la mostra allestita al Museo delle Arti del Castello di Nocciano (PE) intitolata “Gabriella Capodiferro: cum discipulis” e curata da Leo Strozzieri, si costituisce come un evento dal carattere assai particolare. Essa è il frutto di venti anni di attività di promozione culturale, sociale e artistica del “Laboratorio per adulti studio d’arte MGC”. Lo Studio d’Arte diviene ben presto riferimento per quanti, amando l’arte, vogliono avere strumenti per conoscerla più approfonditamente e cercano mezzi tecnici ed esecutivi per sviluppare la loro creatività. Nel 2008 è tra gli artisti invitati al 59° Premio Michetti “I labirinti della bellezza” ed espone a Pescara, alla Casa natale di Gabriele d’Annunzio nella Mostra personale “Sulle tracce di Gabriele d’Annunzio”. Nel 2009 è tra i 21 artisti abruzzesi selezionati dal Soroptimist International Club per la mostra “Sacralità dell’acqua, sacralità di vita” e nel 2010 è artista invitato al 37° Premio Internazionale d’Arte di Sulmona, presieduto da Vittorio Sgarbi.
Nell’opera della Capodiferro la pittura non è, dunque, il linguaggio della “rappresentazione” ma di una personale, autentica e originale visione, in cui – pur alimentata dall’apparire del mondo reale, con i suoi segni e i suoi colori – si traduce e trova espressione il proprio mondo interiore; nelle sue pitture, che in fondo esprimono solo se stesse, non vi è nulla di naturalistico, anche in quelle che sono le sue visioni di paesaggio, né nei richiami figurativi, perché, in entrambi i casi, le immagini altro non sono che manifestazioni autonome e immediate di invenzioni cromatiche. In particolare, come si evidenzia nella sua più recente produzione a partire dal 2010, nella fase creativa più matura di una incessante e appassionata ricerca durata praticamente tutta la vita (dagli inizi figurativi dovuti alla sua formazione in Accademia), il suo “sconfinare” nei stimolanti e accattivanti territori dell’informale (meta e oasi agognata e inseguita da tanti – se non da tutti – gli artisti che hanno operato nel secolo appena archiviato), l’artista prende sempre più la sua distanza dal tempo e dallo spazio naturale, si potrebbe dire dalla “storia” (e ancor di più dalla “cronaca”) e dalla “geografia” per approdare ad una nuova fase poetica, in cui la “soggettività” prevale definitivamente sul mondo oggettivo e in cui si addensano connotazioni simboliche e metaforiche.
Sempre attenta e partecipe alle sollecitazioni più autentiche e innovative dell’arte contemporanea del suo tempo, la Capodiferro – la cui pittura può decisamente definirsi “colta” – non solo ha avvertito le contraddizioni artistiche (ma anche culturali, sociali, nonché esistenziali del suo tempo), ma le ha metabolizzate, se non sofferte, nella sua personale esperienza, nella quale, come fa ben notare Di Martino, si assiste ad una specie di “combattimento per l’immagine … tenuta sempre in bilico tra astrazione e figurazione, in una sorta di indecisione espressiva”. I suoi dipinti, conseguentemente, come scrive ancora il critico veneziano, “appaiono infatti intensi ed accidentati campi emozionali del vissuto all’interno dei quali hanno trovato un ordine, misterioso e miracoloso ad un tempo, esplicite citazioni figurative e segnali di una riflessione del tutto distaccata dal reale”. Ma come la pittrice è oggi riconosciuta come pittrice informale di rara raffinatezza, è bene ricordare – come cu suggerisce in un suo saggio Chiara Strozzieri, “non si può ignorare il valore di un momento di passaggio dalla figurazione all’astrazione, avvenuto tra gli anni ’80 e ’90, in cui a una profonda crisi personale si è accompagnata una vera e propria svolta professionale”.
Nei suoi più recenti lavori si avverte un particolare afflato poetico e spirituale e la sua indagine si dirige, come lei stessa suggestivamente ci dice, verso “confini che non conosco, ma che percepisco proiettata verso l’Oltre”.