In mostra a Roma, presso l’ex Cartiera Latina, sulla via Appia. (fino al 16 ottobre 2016)
Testo di Luisa Chiumenti
In occasione del Giubileo della Misericordia, l’installazione dell’artista di origini polacche da anni attivo in Germania, “ Woytek “Habemus Papam. Il gallo è morto”, viene ospitata nella suggestiva struttura di archeologia industriale dell’Ex Cartiera Latina dal 1° al 16 ottobre 2016. L’evento, che si avvale del Patrocinio dell’Ambasciata della Repubblica Federale di Germania, dell’Ambasciata del Granducato di Lussemburgo, dell’Ambasciata della Repubblica di Polonia, è a cura di Stefania Severi e Maria Luisa Caldognetto. “Habemus Papam. Il gallo è morto” é un insieme formato da un’alta scultura in bronzo di cm. 250 , raffigurante un Vescovo con in una mano un gallo, e da pannelli con immagini correlate alla scultura. Il tema si lega al famoso episodio narrato in tutti e quattro i Vangeli e legato alla figura di Pietro, e del suo “rinnegamento” . Con la sua rappresentazione, ricca di contenuti umani, sociali e religiosi assai profondi, l’artista ha voluto portare l’osservatore a riflettere sul delicato concetto del “libero arbitrio”, con cui si trovò a lottare Pietro, il primo Vescovo di Roma. E, come leggiamo nel saggio scritto da Stefania Severi, colei che, come curatrice dell’evento in Italia, ha avuto il particolare compito di “portare a Roma, nel periodo del Giubileo della Misericordia, “Habemus Papam. Il gallo è morto” di Woytek, forse il compito iniziale più delicato fu quello di scegliere fra gli innumerevoli luoghi monumentali di Roma, quello che potesse ospitare “al meglio” un “evento”, che era stato già più volte presentato Il tema “Habemus Papam. Il gallo è morto”, così legato alla figura di Pietro e del ruolo del Pontefice, ha in Roma un impatto ben diverso da quello che può avere avuto in Germania, perché a Roma ancora oggi risiede il successore di Pietro che fra l’altro, con Paolo, patrono della città, viene festeggiato il 29 giugno e se a Roma la statua di Pietro è ovunque (da Ponte Sant’Angelo alla sommità della Colonna Traiana), è l’ intera città che parla di lui: dalla Basilica Vaticana, al tempietto di San Pietro in Montorio, a San Pietro in vincoli, al Carcere Mamertino dove fu prigioniero.
Indagando quindi su ciascuno di questi luoghi, la curatrice ha saputo scegliere quello che maggiormente legava Pietro alla Storia e in particolare ad un evento narrato negli Atti di Pietro, quello della piccola Chiesa di Santa Maria in palmis (la Chiesa del Quo Vadis) ed è la Severi che ricorda quanto avvenne in quel luogo: “Ancora una volta il protagonista è Pietro che, per porsi in salvo, sta fuggendo da Roma. Ma sull’Appia, al secondo miglio, vede Cristo che gli sta venendo incontro. Meravigliato Pietro domanda: Dove Vai? Quo Vadis? E Cristo gli risponde che sta andando a Roma a farsi crocifiggere per la seconda volta. Pietro comprende che deve tornare a Roma per stare vicino ai fratelli ed accettare il martirio. È un nuovo segno che Dio manda a Pietro. Potremmo anche questa volta porci la domanda: e se Cristo non forse apparso? Cosa avrebbe fatto Pietro? Ma, per il pensiero cattolico che non accetta il determinismo, la storia è sempre frutto di scelte liberamente operate”. Ed ecco un secondo concetto portato avanti dall’opera e legato al Giubileo della Misericordia: quello appunto della “misericordia divina nei confronti di Pietro che, pur avendo rinnegato Cristo per tre volte, è perdonato.
Ed è così che il secondo miglio della Via Appia è stato giustamente scelto come il luogo più adatto ad accogliere l’opera di Woytek, poco lontano dalla chiesa del Quo Vadis, negli spazi della Sala Appia dell’ex Cartiera Latina, una struttura di archeologia industriale adattata a sede degli uffici del Parco Regionale dell’Appia Antica, ricavati nei suggestivi ambienti di produzione della carta. L’opera di Woytek ha così la possibilità di immergersi nella Storia e, sia pure per un breve periodo, di diventarne parte integrante, arrivando a Roma da lontano, proprio come “pellegrina” per il Giubileo della Misericordia, percorrendo l’antica Via Appia fino al secondo miglio, che coincide con la localizzazione dell’ex Cartiera Latina.
L’opera, di notevole qualità estetica, mostra una figura molto allungata, che “sembra ispirarsi”, come nota Stefania Severi, “alla plastica gotica se non fosse per la sua impostazione “aperta”, cioè non riconducibile entro un solido geometrico di riferimento. L’accentuato dinamismo dell’insieme e il pathos, che la gestualità enfatizzata e l’espressione del volto trasmettono, rimandano altresì alla plastica barocca. Opera dunque da ispirare ammirazione e tale, nei contenuti, da indurre alla riflessione”. Per quanto riguarda l’allestimento all’interno della Sala Appia, interessante è stata la scelta di collocare la scultura e i pannelli, in modo tale che costituisse il punto focale di riflessione, grazie alla disposizione radiale dei musicisti e dell’attrice protagonisti della performance. La performance è accompagnata dalle musiche di Timo Jouko Herrmann integrate con altre musiche abbinate alla lettura di F. Dostoevskij “Il grande inquisitore” (da I fratelli Karamazov), già proposta in Germania, cui sono state aggiunte letture da: Vangelo di Marco, Atti di Pietro, H. Sienkiewicz Quo Vadis, Evangelii Gaudium e Gaudium et spes.
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Paola Saba
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