Balthus_The Cardplayersm
A Forlì, Musei di San Domenico: “Piero della Francesca. Indagine su un mito”.
(fino al 26 giugno 2016)
di Luisa Chiumenti
E’ stata realizzata a Forlì, negli spazi prestigiosi del “Musei San Domenico” una mostra di grande respiro, dal titolo: “Piero della Francesca. Indagine su un mito” che per la prima volta, riunisce un certo nucleo di opere di Piero, “artista tanto sommo quanto “raro”, ma soprattutto illustra l’influenza che ebbe la sua arte per i secoli successivi fino a tutto il Novecento. Ed è così molto interessante, ad esempio, leggere i diari e gli scritti e la corrispondenza siglata dai numerosi artisti che vennero in Italia appositamente per vedere e studiare le opere di Piero. Fu davvero prodigioso ad esempio, il fascino che subì Austen Henry Layard (1817-1894), nobile diplomatico inglese, viaggiatore instancabile cultore d’arte ed archeologo attento e appassionato (sua fu la scoperta delle statue di Ninive), dalle opere di Piero. Era infatti imprescindibile per Layard, che ogni persona colta ed amante dell’arte, e in particolare un archeologo, raggiungesse una vasta e profonda conoscenza di ogni espressione artistica. Da ricordare come egli fosse anche membro e grande attivista della “Arundel Society” , Associazione britannica sorta nel 1848 proprio per incentivare la conoscenza della storia dell’arte, in particolare attraverso la riproduzione fotografica. Ed eccolo così recarsi ad Arezzo e salire sui ponteggi del grande complesso di San Francesco, per poter ammirare e fotografare gli affreschi di Piero della Francesca.
Piero Della Francesca_Madonna della Misericordia
Non molte, in effetti le opere di Piero, esposte nella mostra di Forlì : dal primo dipinto noto, la “Madonna con il Bambino” (collezione Contini Bonacossi e ora Alana di Newark) al “San Girolamo in preghiera con un donatore” (opera d’esordio proveniente dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia), olio su tavola (1458 circa), una delle poche firmate dall’artista, recentemente restaurato, alla “Santa Apollonia” (ora alla National Gallery of Art di Washington), facente parte in origine, del grande polittico dell’altar maggiore della chiesa di Sant’Agostino a Sansepolcro. Ma fermiamoci dinanzi alla “Madonna della Misericordia” del Museo civico di Sansepolcro, una sorta di “simbolo” per Bernard Berenson, che considerò Piero campione di “un’arte non eloquente”. Sotto la direzione generale di Gianfranco Brunelli, la mostra ha quindi impostato un confronto di altissimo livello con i più grandi maestri del Rinascimento, da Domenico Veneziano al Beato Angelico, da Paolo Uccello ad Andrea del Castagno, Filippo Lippi, Fra Carnevale a Francesco Laurana e documenta assai bene come Piero della Francesca sia stato un vero e proprio “mito” per gli artisti italiani ed europei, fino alla prima metà del XX secolo e oltre: da Marco Zoppo a Francesco del Cossa, Luca Signorelli, Melozzo da Forlì, Antoniazzo Romano e Bartolomeo della Gatta ma anche Giovanni Bellini.
Giovanni Bellini_Compianto
Un’indagine approfondita portata avanti dai curatori, mette quindi in evidenza quanto sia stato importante l’influsso che Piero, in una sorta di “ ripresa” che ebbe, dopo secoli di oblio, nell’ambito della pittura moderna, con i suoi riflessi non solo sulla pittura dei Macchiaioli, da Borrani a Lega a Signorini, ma anche e soprattutto su quella di molti artisti europei: da Johann Anton Ramboux a Charles Loyeux, fino alla fondamentale riscoperta inglese del primo Novecento, con Roger Fry, Duncan Grant e al Gruppo di Bloomsbury. Ed ecco infatti come Roger Fry, artista e critico, formatosi a Cambridge, nel suo viaggio in Italia con la moglie, artista anch’essa, recatosi ad Arezzo per vedere gli affreschi di Piero e rimasto profondamente affascinato da quella visita, dichiarava, in uno scritto al padre, di essere rimasto colpito soprattutto dalla “modernità dell’atteggiamento di Piero”, vedendo nella sua opera “la guida più certa ai principi del moderno disegno decorativo” attraverso l’opera di Puvis de Chavannes. Egli rivaluta soprattutto la profondità resa da Piero nella pittura murale nel conciliare profondità e superficie, riuscendo a fondere l’importanza del contorno con gli effetti di luminosità e di unità tonale, producendo un efficace ritratto “en plain air” (cfr. Catalogo “Piero della Francesca.
Piero Della Francesca_San Girolamo e donatorem
Indagine su un mito” – Silvana editoriale – a cura di Antonio Paolucci, Daniele Benati, Frank Dabell, Fernando Mazzocca, paola Refice e Ulisse Tramonti). Ma la prospettiva è senza dubbio l’eredità somma che ci ha lasciato Piero, ampiamente documentata dalla mostra di Forlì particolarmente dalle bellissime tavole a tarsie lignee di Cristoforo Canozi da Lendinara (1485-’86). Oltre cinque secoli costituiscono il filo conduttore della mostra Piero della Francesca, che fa comprendere le varie fasi di un percorso artistico che ottiene una grande fortuna in vita, quando venne considerato “il monarca della pittura” (Luca Pacioli), al periodo in cui venne dimenticato, fino alla riscoperta. Ed ecco il postimpressionismo, che accoglie echi pierfrancescani attraverso Degas e Seurat, arrivando fino ai puristi come Puvis de Chavannes e per arrivare fino a tempi più vicini a noi dobbiamo pensare alla sua influenza ancora sugli italiani del periodo di Guidi, Carrà, Donghi, De Chirico, Casorati, Morandi, Funi, Campigli, Ferrazzi, confrontati con fondamentali artisti stranieri come Balthus e Edward Hopper.
Piero della Francesca, Santa Apollonia
Promossa e realizzata dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì in collaborazione con il Comune di Forlì, la mostra si è avvalsa di un comitato scientifico presieduto da Antonio Paolucci e formato da eminenti studiosi e specialisti fra cui Frank Dabell, Guy Cogeval, Fernando Mazzocca, Paola Refice, Neville Rowley, Daniele Benati, Ulisse Tramonti, James Bradburne, Marco Antonio Bazzocchi, Luciano Cheles, e Maria Cristina Bandera e Giovanni Villa. Ma ora, invitando il lettore a visitare la bella mostra per avvicinarsi anche a quei “volti di Piero, appena sfiorati da un’ombra di passione che portano ad eternare le sue figure, innalzandole al di sopra del caos, della mediocrità, in una pace sovrannaturale che ce le mostra ancora oggi come rivelazioni”, terminiamo con un passo del saggio di Paolucci: “A un certo momento, nella storiografia critica del Novecento, Piero della Francesca è sembrato la dimostrazione perfetta, antica e perciò profetica, di una idea che ha dominato a lungo il nostro tempo; di come cioè la pittura, prima di essere discorso, sia armonia di colori e di superfici”.
Per informazioni:
www.mostrapierodellafrancesca.com