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Una grande mostra a Forlì, nelle sale dei Musei di San Domenico
(fino al 15 giugno 2014)
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Testo di Luisa Chiumenti
Dopo la grande esposizione dedicata al Novecento, la Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, in collaborazione con il Comune di Forlì, ha promosso una nuova bella esposizione, che offre al grande pubblico, in una lettura profondamente innovativa, l’illustrazione di un altro periodo molto variegato e affascinante della storia dell’arte italiana. Siamo di fronte infatti a quella produzione artistica che venne denominata Liberty, ma anche Art Nouveau (in Francia), Jugendstil (in area tedesca e mitteleuropea) e Modern Style nei paesi anglosassoni, e che si é diffusa, tra Otto e Novecento, a livello internazionale promuovendo uno stile e un gusto nuovi, tesi a superare lo storicismo e il naturalismo che avevano dominato gran parte del XIX secolo, superando ogni identità regionale per aspirare ad un linguaggio artistico nazionale comune, basato sul progresso e la modernità. La bellezza che ne derivava realizzava un vero e proprio “sogno”, pur innervato da quel forte impulso al progresso scientifico e tecnologico che veniva allora portato avanti dalle grandi Esposizioni, come quella nazionale di Palermo nel 1891-1892, quelle dell’arte decorativa moderna di Torino nel 1902, e di Milano nel 1906, che celebrava il traforo del Sempione.
La mostra mette in evidenza molto bene, attraverso una interpretazione nuova, rispetto agli studi del passato, come il movimento abbia segnato specificatamente “uno stile”, chiaramente apprezzabile attraverso una serie di capolavori della pittura e della scultura, che pur “firmati” da artisti che avevano formazione diversa, come Segantini, Previati, Boldini, Sartorio, De Carolis, Longoni, Morbelli, Nomellini, Kienerk, Chini, Casorati, Zecchin, Bistolfi, Canonica, Trentacoste, Andreotti, Baccarini, miravano a contenuti e messaggi simili, sia nella rappresentazione del mito o dell’allegoria, che nel paesaggio che lascia lo spettatore davvero “incantato” davanti ai vari dipinti.
I valori decorativi vengono, in questo movimento, confrontati con quelli pittorici e plastici nelle sezioni dedicate alla grafica, all’illustrazione, ai manifesti pubblicitari e alle infinite manifestazioni dell’architettura e delle arti applicate. Così i ferri battuti di Mazzucotelli e Bellotto; le ceramiche di Chini, Baccarini, Cambellotti, Spertini, Calzi; i manifesti di Dudovich, Hohenstein, Boccioni, Terzi, Mataloni, Beltrame, Palanti; i mobili di Zen, Issel, Basile, Bugatti, Fontana; i vestiti di Eleonora Duse, i merletti di Aemilia Ars e gli arazzi di Zecchin vivono di nuovi confronti. Ed é per questo che dalla esposizione scaturisce la consapevolezza che il Liberty sia stato davvero “uno stile della vita”, con le sue linee sinuose e fluttuanti, di cui forse protagonista imperante è la donna, nella sua fragilità forse, ma anche “superba e carnale”, nell’ immagine che dà “del piacere e della libertà”.
Molte le possibili connessioni con la letteratura, il teatro e la musica, che vengono segnalate in mostra attraverso la grafica e i libri illustrati, ma anche attraverso gli stessi dipinti e le sculture. Curatori della mostra sono stati Maria Flora Giubilei, Fernando Mazzocca e Alessandra Tiddia e mentre il prestigioso comitato scientifico è stato presieduto da Antonio Paolucci, la direzione generale dell’esposizione è stata affidata a Gianfranco Brunelli.
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