Marilyn Monroe si fa fotografare tra una ripresa e l’altra. Hollywood, California, USA. 1960
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Una grande mostra a Torino dedicata alla celebre Eve Arnold
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Testo di Michele De Luca
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Al grande fotogiornalismo e ad una delle più importanti protagoniste femminili della fotografia contemporanea, Eve Arnold, è dedicata una notevole mostra al Palazzo Madama di Torino, che in oltre ottanta scattiripropone mezzo secolo di storia inquadrato dall’obiettivo della fotografa americana che amava ripetere: “Lo strumento nella fotografia non è la macchina bensì il fotografo”. Nata a Philadelphia nel 1912 da genitori russi (è scomparsa a Lindra nel 2012, alle soglie del centesimo anno di età), esordisce nella fotografia per caso (come lei stessa ricorda – e come è capitato a tanti altri grandi fotografi – fu il dono, nel suo caso da uno spasimante, di una macchina fotografica Rolleicord a farle scattare l’interesse per questo medium).
Già nel ’46 dirige un laboratorio fotografico ed inizia a studiare con Alexey Brodvitch alla New School for Social Research di New York. Quindi comincia, nel 1951, a collaborare con la Magnum, divenendone membro sei anni dopo. Conosciutissima per aver immortalato alcuni miti del cinema, come Marlene e Marilyn (a cui ha dedicato ben cinque volumi fotografici), in immagini che fanno ormai parte dell’immaginario collettivo, Eve Arnold deve la sua solida fama in particolar modo all’impegno civile che sorregge tutto il suo lavoro, alla sua visione estremamente critica del maccartismo, dell’apartheid e della povertà che caratterizzarono la società statunitense del dopoguerra, negli anni in cui il giornalismo fotografico di “Life Magazine” era all’apice della sua popolarità pre-televisiva e viveva una stagione davvero irripetibile. Circa la sua “scelta di vita”, la Arnold ha detto: “Che cosa mi ha spinto e mi ha fatto andare avanti nel corso dei decenni? Qual è stata la forza motrice? Se dovessi usare una parola sola, sarebbe curiosità”.
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Marlene Dietrich negli studi di registrazione della Columbia Records. New York, 1952
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La mostra ci fa rivivere l’intero arco della produzione di più di cinquant’anni di questa fotografa che, dovunque è andata per il mondo, ha cercato con lunghi soggiorni di approfondire la conoscenza dell’uomo, lungi da approcci superficiali e da ogni “effettismo”. Scruta il temperamento britannico, tra il tradizionale attaccamento alle istituzioni e i nuovi fermenti (il movimento per i diritti della donna); in ben cinque viaggi nell’Unione Sovietica (1965) fotografa i prigionieri politici rinchiusi in un ospedale psichiatrico; nel 1979 riesce ad avere l’autorizzazione per due viaggi di tre mesi in Cina (“l’incarico più emozionante della mia vita professionale”, ha affermato): qui è testimone (le foto scattate sono raccolte nel suo libro più famoso, In China) del clima di euforia di un paese che si gettava alle spalle i fantasmi della Rivoluzione; che si sarebbe di lì a poco spento in piazza Tienammen.
L’esposizione torinese nasce dalla collaborazione tra la Fondazione Torino Musei, Magnum Photos e la casa editrice Silvana Editoriale (che ha pubblicato il catalogo), con il sostegno della Versicherungskammer Bayern di Monaco. Dunque, la curiosità per la vita, in ogni suo aspetto, è la chiave di lettura che ci consegna la stessa Eve Arnold per accostarci alla sua opera e al suo personalissimo sguardo sul mondo. Documentarista e ritrattista, nel corso della sua lunga e prolifica carriera, ha spaziato con disinvoltura tra generi molto diversi. Il suo nome è legato innanzitutto ai ritratti dell’alta società e dei divi di Hollywood: personaggi del calibro di Marilyn Monroe, Joan Crawford, Liz Taylor, Marlene Dietrich, ma anche presidenti, reali, politici come Indira Gandhi e attivisti come Malcolm X, che la scelse personalmente per documentare la sua battaglia per i diritti civili. Famosi sono inoltre i suoi grandi reportage nelle regioni più remote del pianeta – dall’India all’Afghanistan, dalla Cina alla Mongolia – che le furono commissionati da “Life”, dal “Sunday Times” e dalle più prestigiose riviste dell’epoca e per i quali ottenne importanti riconoscimenti internazionali nel campo della fotografia. Presto notata da Henri Cartier-Bresson, si è distinta per essere stata la prima fotografa donna a essere ammessa nel collettivo dell’agenzia Magnum, dapprima come freelance nel 1951, e dal 1957 come membro effettivo.
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Manifestazione per Indira Gandhi. Uttar Pradesh, 1978
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Sin dall’inizio della carriera entra in contatto con numerose celebrities, da lei chiamate “personalities”, che ritrae in modo inedito. In questi scatti si alternano immagini ufficiali a fotografie quasi rubate, momenti intimi e quotidiani che ci raccontano di un’epoca in cui le celebrità non erano ancora ossessionate dal controllo della propria immagine, ma si concedevano con generosità ad artisti della statura della Arnold. Celebri in questo senso gli scatti fatti a Marilyn, che Eve segue per oltre un decennio, dal 1950 al 1961, nei vari set cinematografici, arrivando a conquistare l’amicizia dell’attrice. Accanto ai servizi patinati, che hanno consentito alla fotografa, di estrazione sociale modesta, di potersi mante- nere, si dedica con passione alla fotografia sociale e documentaristica, che la porta a visitare i luoghi più remoti del pianeta: fu tra i primi fotografi americani a essere ammessa in Cina negli anni settanta, ottenendo un permesso speciale da Pechino, e documentò la condizione della donna in Afghanistan e nei Paesi arabi attraverso alcuni scatti, presenti in mostra, dedicati all’uso del velo. Accanto al fotogiornalismo, di cui è considerata una pioniera, la grande fotografa si è interessata anche a temi sociali legati al cambiamento dei costumi e delle abitudini nel mondo americano, come si può vedere nella eccezionale sezione che documenta la sfilata di modelle nere ad Harlem.
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