Paul Cézanne, Frutta, 1879-80 ca., olio su tela, 46,2 x 55.3 cm,
San Pietroburgo, Museo Statale Ermitage Fotografia © Museo Statale Ermitage /Vladimir Terebenin, Leonmard Kheifets, Yuri Molodkovets
Una mostra a Roma. Complesso del Vittoriano
(fino al 2 febbraio 2014)
Testo di Luisa Chiumenti
Una mostra molto particolare si è aperta al Vittoriano: una esposizione che vede il grande pittore francese Paul Cézanne, alla luce della originale e variegata influenza che egli ebbe sulla pittura italiana del Novecento. Nonostante le difficoltà iniziali, come ha sottolineato Alessandro Nicosia, il Vittoriano ha deciso di accogliere questa importantissima mostra, che si prospettava fra l’altro assai laboriosa per l’alto numero dei prestigiosi prestatori, fra cui i più importanti Musei del mondo. Si è così realizzata, con il lavoro di un Comitato scientifico di grande prestigio e grazie alla disponibilità e alla collaborazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il Comune di Roma ed altre importanti Istituzioni, oltre a laboratori didattici fortemente impegnati nel fare comunicazioni culturali, una mostra diversa e innovativa, in un dialogo forte tra le venti opere di Cézanne e le 80 opere di artisti italiani del ‘900” non solo italiano, ma anche europeo.
Carlo Carrà, Meriggio, 1927, cm 88 x 69, Olio su tela,
Collezione privata Giorgio Pulazza
Una visita alla mostra rende quindi possibile al visitatore, nella immediatezza dell’immagine, “sfogliare” il romanzo collettivo del ‘900 italiano in una “avventura intellettuale”, come ha annotato Alessandro Nicosia, “particolarmente suggestiva anche in paragone con il grande cambiamento d’epoca che stiamo vivendo”. “Di ciò che si pensa si può solo dar prova”, diceva Cézanne; e questa mostra é effettivamente rilevante, perché non ha soltanto un valore artistico e tecnico, ma anche storico, in quanto presenta la particolare posizione di ogni artista nel proprio percorso creativo, nei confronti con la figura di Cézanne, in una sorta di “lezione” etico-culturale, che va nel profondo dell’essere umano.
Mario Sironi, Nudo con fruttiera (Venere), 1923 ca., Olio su tela, cm 100 x 75,5,
GAM – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino
La curatrice, Maria Teresa Benedetti, dà, nel suo saggio, gli elementi essenziali per capire tutto ciò: siamo nel 1906, anno della morte di Cézanne e un anno dopo, al Grand Palais, si apre una grande mostra, ma non certo dovuta alla risonanza dell’ artista, ma proprio perché, dopo la conclusione della sua parabola terrena, si é subito capita la forza comunicativa e la potenzialità popolare di un artista che era davvero un grande “comunicatore”. Ed ecco che Soffici, arrivato a Parigi, rimane come folgorato da Cezanne ed é importante oggi rileggere un suo articolo pubblicato da una rivista d’arte pubblicata a Siena e che spiega il fraintendimento che avvenne dell’opera di un Grande che avrebbe avuto luna forte influenza poi sulla pittura italiana che seguì. Ed ecco ad esempio Morandi, che si considerava addirittura un Cézanne redivivo e che avrebbe, secondo alcuni, interpretato “la virtù” estrapolata dall’arte di Cézanne, mentre Picasso ne avrebbe interpretato “il vizio”.
Giorgio Morandi, Natura morta, 1929, Olio su tela, cm 39 x 52,7,
Rovereto, MART, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto –
Collezione L.F. ©Archivio Fotografico Mart
Si tratterebbe infatti di due modi diversi di rappresentare l’esistenza, entrambi desunti dall’arte di Cézanne, che sosteneva sia nei suoi scritti (si pensi alle numerose sue lettere), che nell’opera pittorica, alcuni principi tipicamente italiani. Tra essi quello per cui la pittura non sarebbe altro che “un modo per sistemare l’Universo accanto a noi”: “io vedo”, asseriva,” nelle bottiglie e nelle mele, la sfera e la geometria e rappresento la realtà, ma dentro c’è la sua razionalizzazione”. E ancora, con un significativo senso italiano dell’immagine, diceva di mettere “ tanta manifattura sia per rappresentare Cristo e la Vergine, quanto i bagnanti o un sasso sulla terra”.
Umberto Boccioni, Natura morta di terraglie, posate e frutti, 1916, cm 35×50, Museo del Novecento, Milano
Ed è da mettere bene in luce quanto Cézanne fosse amante della cultura e dell’arte, ma soprattutto della meditazione e della riflessione e attraverso il suo comportamento, condannando vivamente la perdita dell’intimità ed asserendo che la vita in città non era altro che dannazione dell’uomo moderno, con l’illuminazione a gas, ad esempio, che considerava del tutto innaturale: E terribile sarebbe stata per lui anche quella vasta illuminazione elettrica che venne attuata per rendere visibile anche in lontananza la Tour Eifell.
Fausto Pirandello, Bagnanti di schiena, 1955 ca.
Olio su cartone, cm 101,5 x 69, Collezione privata
La curatrice, ricordando una mostra che ella stessa aveva curato nel 2002, una piccola, ma preziosa mostra, che si era presentata al grande pubblico come una vera e propria “primizia”, ha posto in evidenza, con la presente mostra, i singoli percorsi di ogni artista, che ha subito l’influsso diretto o indiretto, ma sempre suggestivo, di Cézanne, visto come una sorta di “guida”, un “Caronte bonario”, con cui si realizzò un così forte legame con la nostra tradizione.
Ricordiamo che la mostra si avvale di un prestigioso catalogo edito da Skira, Milano
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Tel. 063225380
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