Testo di Annarosa Toso foto di Annarosa Toso e Archivio
Israele, da almeno un decennio, è meta turistica altalenante. Dai picchi record ottenuti nel 2000 dopo la visita di papa Carol Woitila, ai fermi negli arrivi dovuti alla seconda Intifada, Israele è passato da ricrescite straordinarie a situazioni di stallo, causate dalle schermaglie non sempre incruente che periodicamente coinvolgono le due parti. Gli ebrei israeliani difendono la terra dei padri assegnata loro nel 1948 come risarcimento dell’olocausto, mentre i palestinesi si sentono espropriati in casa propria. Ma questo tocca poco il turista che decide di andare in Israele, vuoi per quel forte legame affettivo se si tratta di persone della comunità ebraica, vuoi per fede cristiana se si tratta di pellegrini o per pura cultura se si tratta di persone desiderose di immergersi nella vasta storia del Paese. In una settimana, anche con il sistema fly and drive, si può visitare tutto il paese da sud a nord. Ci si può concentrare sulle tradizioni di uno Stato dalle attrattive uniche come la suggestiva Gerusalemme, il sito di Masada, il Mar Morto con le sue incredibili e salatissime acque, Haifa con i giardini di Bah, fino al viaggio di ritorno passando per le spiagge di Eilat.
Si possono mettere da parte i pregiudizi e arrivare fino alle Gole del Golan o attraversare il posto di blocco per entrare a Betlemme. Con calma e con il tempo giusto per fotografare quel muro condannato dalla comunità europea, ma indispensabile per la sicurezza degli israeliani, che non esitano ad evidenziare le statistiche sugli attentati prima e dopo la costruzione del muro. I controlli i sicurezza eseguiti da personale israeliano, da qualsiasi aeroporto si parta, sono minuziosi, farciti con domande che sembrano ovvie, ma non lo sono. Tra l’altro sui voli per Israele e viceversa si possono imbarcare tutti i tipi di liquidi nel bagaglio a mano e se la sicurezza israeliana li considera non pericolosi, non si capisce perché per partire in aereo verso altre destinazioni, dobbiamo privarci delle nostre bottigliette di acqua o di qualsiasi altro liquido superiore a 100 centilitri. Ma tant’è. Il paese è tecnologicamente avanzato, aldilà di quanto il turista possa immaginarsi. Una piacevole sorpresa scoprire che il pullman che per una settimana ci ha trasportato per tutto il Paese, aveva collegamento wi-fi che ha consentito agli occupanti di restare aggiornati con il mondo, di telefonare con skype, di controllare le proprie caselle di posta elettronica. Insomma senza perdere quelle abitudini di cui siamo tutti ormai schiavi.
La lingua ufficiale in Israele è l’ebraico moderno, ma anche inglese e arabo sono considerate lingue correnti. In Israele vivono ebrei provenienti da oltre 80 paesi del mondo e il risultato è una gioventù strepitosa che vive con gioiosità e fatalismo l’età verde, in attesa degli obblighi militari che sono di tre anni per gli uomini e due per le donne. Il totale della popolazione è intorno agli otto milioni di abitanti di cui oltre un milione sono arabi israeliani e una piccola percentuale è composta da cristiani ortodossi. A Tel Aviv e a Gerusalemme abita la maggiore concentrazione di arabi israeliani che vivono in tranquillità, ma a dignitosa distanza dagli ebrei israeliani, finché va tutto bene e non succede nulla di grave. In caso contrario, quando accadono attentati, si deve tener conto delle rappresaglie di Israele, che con ogni mezzo difende la sua popolazione e non esita ad usare mezzi forti. A Tel Aviv, città vivacissima “dove non si dorme mai”, si arriva in tre ore e mezzo di volo e da qui partono tutti gli itinerari per la visita del Paese.
A pochi chilometri si trova Jaffa, vecchio borgo marinaro completamente ristrutturato e porto più antico del Mediterraneo. Qui si riuniscono giovani, artisti per trascorrere piacevoli serate, nei tanti bar e ristorantini tipici, ma anche solo passeggiando. E’ un posto di moda sempre frequentato fino a tarda notte, che attira oltre i locali anche i turisti. La leggenda o meglio una parabola ci racconta che in questo luogo il profeta Giona fu inghiottito da un pesce grande – nella storia non si accenna però alla balena – e una statua ne ricorda l’avvenimento. La sorpresa di Tel Aviv è scoprire che molte attività commerciali sono funzionanti anche di notte, oltre alle classiche aperture di bar e ristoranti. Inoltre la maggior parte degli alberghi internazionali sono costruiti sul lungo mare e regalano splendidi panorami. Ma è Gerusalemme che ti prende il cuore. Sede del governo e capitale, la città trasuda fascino da ogni pietra e da ogni angolo. Meta sacra per tutti i credenti, dal punto più panoramico si scorgono il muro di cinta con la porta dove entrò Gesù la Domenica delle Palme, la spianata delle moschee, il muro del pianto, la cupola del Santo Sepolcro, una delle chiese più visitate al mondo. Tante le emozioni, entrando in quella chiesa sacra, custodita da secoli da una famiglia islamica che ogni giorno ne apre e chiude la porta.
La città vecchia ospita quattro quartieri, ognuno abitato da un diverso gruppo religioso: ebraico, musulmano, armeno e cristiano. Questo è il luogo che più di ogni altro al mondo riunisce in poco spazio le tre religioni monoteiste. E poi il muro del pianto dove donne e uomini sono divisi nelle preghiere e dove è difficile trovare uno spazio tra le fessure delle pietre per lasciare come tradizione un bigliettino a quel Dio che è anche nostro, una supplica, una richiesta di aiuto.
Un accenno sui Kibbutz. Nati come insediamenti agricoli, i kibbutzim (al plurale) sono diventati in molti casi degli hotel, offrendo però al visitatore la visione di uno stile di vita, in molti casi ancora attivo. Molti tour operator inseriscono nei loro tour, almeno un pernottamento nei kibbutzim ed è sicuramente una bellissima esperienza mischiarsi nella sala ristorante con le famiglie ebraiche e tentare di capire quella scelta di vita. Per chiudere, qualche parola sulla fortezza di Masada. Fatta costruire da Erode quale eventuale rifugio in caso di pericolo, Masada poteva vantare magazzini per le provviste ed enormi cisterne per l’acqua.
Tutto quello che è arrivato a noi è il racconto di un ebreo sopravvissuto, Flavio Giuseppe. Un puzzle di storia e leggenda ben miscelate, con tanti tasselli vuoti e con un finale tragico, quello della morte cruenta di quei mille ebrei zeloti che avevano occupato Masada nel 66 d.C. Dall’alto, si scorgono ancora gli accampamenti dove le guarnigioni romane per circa due anni sostarono e studiarono l’assedio. Per Israele, Masada, riscoperta all’inizio del 1800, non è solo il sito storico per eccellenza, ma anche un luogo sacro e un simbolo della resistenza.
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