Testo di Anna Maria Arnesano e foto di Giulio Badini
Il Sikhismo è una religione con intendimenti filosofici, morali, politici e militari, nata nel XV secolo nel nord-ovest dell’India in un’epoca di grandi tensioni tra induismo e islamismo, di cui tenta un superamento sincretico, e predicata fino al XVII secolo da un succedersi di dieci guru profetici. Impostata su un rigido monoteismo privo di clero, di santi e di immagini religiose, di uguaglianza, fratellanza e parità tra tutti gli adepti, si fonda sull’etica dei comportamenti individuali per vincere passioni e vizi insiti nell’Ego e fare trionfare invece le virtù, componenti dell’Essere Supremo, per sottrarsi al karma ed al ciclo delle reincarnazioni con la meditazione, la preghiera, la lettura del sacro testo, la carità, i pasti collettivi e un’integerrima condotta morale. I sikh, i discepoli, si caratterizzano per il divieto di taglio di baffi, barba e capelli, raccolti questi ultimi in vistosi turbanti, e l’uso di un pettine rituale, di un pugnale ricurvo, di un bracciale di ferro e di biancheria intima.
Il forte senso religioso e di appartenenza ha sempre posto i sikh in contrasto con le autorità dominanti, prima gli imperatori moghul musulmani e l’impero britannico, oggi con il governo centrale, arrivando a sfociare in ribellioni, omicidi e massacri per l’affermazione di un utopico stato teocratico. Il sikhismo rappresenta oggi la 5° religione per numero di adepti, 25 milioni, di cui 19 in India, concentrati soprattutto nello stato nord-occidentale del Punjab, caratterizzato oltre che dalla religione anche da una cucina varia e gustosa, da una musica e da un’architettura peculiari, misto di linee rette e di curve sinuose, esportate in tutto il mondo assieme alle comunità di emigranti. Il Punjab, consta di un’enorme pianura tra le prime propaggini himalayane e il deserto del Thar, tagliato dopo il 1947 dal confine con il Pakistan; grazie all’intraprendenza lavorativa e imprenditoriale dei sikh, costituisce uno degli stati più ricchi e progrediti dell’India.
Una delle manifestazioni più famose e sentite del sikhismo risulta costituita dall’ Holla Mohalla, festa che si celebra per più giorni a marzo attorno al tempio in marmo bianco di Anandpur, il luogo più sacro per i sikh dopo il celebre Tempio d’Oro di Amritsar, dove per 25 anni visse l’ultima guida spirituale, il Guru Gobind. Fu proprio qui che egli nel 1699 diede vita alla Kalsa, una confraternita di guerrieri mistici campioni e difensori anche con le armi della nuova religione, tuttora esistente. Da allora il festival di Holi, la festa dei colori che in tutta l’India si celebra con spargimento di acqua e di polveri colorate, ad Anandpur divenne la celebrazione marziale dei cavalieri della fede sikh, con canti, preghiere, pasti collettivi ma anche con duelli rituali di personaggi in abiti blu dalle vivaci decorazioni color zafferano, incredibili turbanti adorni di anelli d’argento e affilate sciabole, rievocazioni di antiche battaglie in abiti d’epoca, sfilate di colonne militari dai pittoreschi costumi tra tamburi, insegne e garrire di bandiere al vento.
La presenza ad Anandpur suggerisce la visita al vicino posto di confine indo-pakistano, con la suggestiva cerimonia di chiusura serale, allo stupefacente Tempio d’Oro di Amritsar, capolavoro dell’arte sikh, nonché alla città di Chandigarh, capitale del Punjab dopo il passaggio al Pakistan della storica Lahore, per ammirare il visionario progetto urbanistico razionalista dell’architetto svizzero-francese Le Corbusier, che la creò dal nulla nel 1950 per volere di Nerhu, e ai giardini moghul di Pinjore, luoghi di svago e di delizia degli imperatori musulmani nel XVII secolo, ricchi di padiglioni moreschi, fontane, fiori e alberi secolari.