Testo di Anna Maria Arnesano e foto di Giulio Badini e Archivio
La prima impressione che si ricava visitando le Filippine, una destinazione poco battuta dal turismo europeo nonostante il suo ingente patrimonio paesaggistico, naturalistico ed etnografico, è quella di essere capitati in un posto sbagliato. Questa nazione dell’estremo sud-est asiatico è infatti la meno orientale e la più latina dell’Asia, del tutto avulsa dalle vicende storiche e culturali del continente e l’unica a netta prevalenza religiosa cattolica e di tradizioni europee, con chiese barocche e i riti pasquali simili a quelli della Castiglia, inseriti però in una lussureggiante cornice tropicale. Anche la gustosa cucina si discosta dai sapori speziati e piccanti dell’oriente, mischiando la fantasia culinaria cinese al tradizionalismo dei piatti spagnoli. Un paese che ci si aspetterebbe di incontrare nei Carabi o nell’America centro-meridionale, non nell’estremo asiatico. Altra anomalia la geografia. Le Filippine, grandi quanto l’Italia, sono formate infatti da ben 7.107 isole, punte emerse 50-60milioni di anni fa di una catena vulcanica sottomarina, disseminate su un tratto di mare tre volte più esteso a nord della Malaysia tra il Mar Cinese meridionale ad ovest e l’oceano Pacifico ad est. Poco al largo di quest’ultimo si apre una delle maggiori fosse oceaniche, profonda 10.540 m, punto di contatto tra le placche continentali asiatiche e pacifiche e causa di intensa attività vulcanica e sismica, passata e presente. Le undici isole maggiori concentrano gran parte della superficie e dell’ingente popolazione (83 milioni, con densità di 277 ab/kmq, causa prima della povertà e della rilevante emigrazione anche verso altri continenti), mentre le restanti sono in gran parte disabitate, di ridotte dimensioni e spesso senza nome.
I 17.500 km di coste (il doppio degli Usa) si presentano assai frastagliate e con pochi approdi, per la presenza di scogliere e banchi corallini, ma in compenso offrono un gran numero di candide spiagge da sballo. Territorio in prevalenza montuoso, con 37 vulcani in parte attivi a sfiorare i 3.000 m, presentava prima delle recenti deforestazioni vaste foreste pluviali equatoriali con piante alte 40-50 m, tra le più produttive al mondo per il legname pregiato. L’ 8,2 % risulta in qualche modo protetto, a tutela di mille specie animali e di diecimila piante, con forti differenze tra isola e isola, alcune endemiche, altre pervenute in epoche remote da terre vicine e lontane in condizioni geografiche diverse dalle attuali. Il clima è tropicale caldo umido, con intense piogge monsoniche e forti venti, capaci di degenerare in alluvioni e tifoni. Assai frammentata anche la composizione etnica, con un numero imprecisato di etnie e gruppi linguistici, ognuna con usanze e costumi propri favoriti dall’isolamento. Il popolamento parte molto da lontano, addirittura con l’homo erectus, giunto in questo arcipelago in epoca preistorica su esili canoe a bilanciare, come in tutte le altre terre emerse dell’estremo oriente e del Pacifico.
I Negritos, pigmei dalla pelle scura e capelli crespi che vivono nelle regioni più remote di alcune isole, sono soltanto uno dei tanti retaggi di queste colonizzazioni preistoriche. La sua posizione mediana ne ha fatto da sempre un punto di arrivo e di convergenza da terre limitrofe ma anche lontane: da Taiwan derivano le risaie terrazzate, dai malesi dell’Indonesia la pesca, dall’India induismo e buddismo, arabi e persiani portarono l’islamismo, i cinesi il confucianesimo, gli spagnoli il cattolicesimo oggi imperante. Vennero infatti scoperte nel 1521 da Magellano, che vi perse la vita, e rimasero spagnole per tre secoli e mezzo, influenzandone profondamente la cultura; seguirono il colonialismo Usa nel 1898 e l’invasione giapponese nel 1942, con l’indipendenza arrivata soltanto nel 1946. Ma guerriglia comunista e musulmana, crisi economiche e politiche, povertà, sovrappopolazione e corruzione ne fanno ancora una nazione instabile.
L’eccessiva frammentazione insulare suggerisce di puntare alla scoperta del paese indirizzandosi ad alcune isole, magari le maggiori e più significative, come quella di Luzon nel nord e Palawan nel sud-ovest. Luzon, la più estesa e popolata ospita la capitale Manila e nel 1991 è stata interessata dalla devastante eruzione del vulcano Pinatubo, una delle più violente del XX secolo, dopo cinque secoli di quiescenza. Le montagne settentrionali della Cordigliera Centrale e della Sierra Madre, alte fino a 3.000 m, ospitano le più belle, estese ed elevate risaie a terrazze del sud-est asiatico, come quelle di Banawe (patrimonio Unesco), capolavoro di ingegneria idraulica su pareti precipite scavate 2-3 mila anni fa, nonché diverse minoranze etniche dalle curiose abitudini, come gli Ifugao, gli scavatori delle terrazze e popolo indomito di ex tagliatori di teste che si sono strenuamente opposti a tutte le dominanze esterne, oppure gli Igorot, che per secoli hanno seppellito i loro defunti su asperità e caverne delle pareti rocciose, riesumandone per tre volte ogni cinque anni i resti per onorarli con sontuose cerimonie. Palawan invece è una propaggine lunga e stretta protesa verso il Borneo malese, selvaggia e di natura carsica, coacervo di gruppi tribali come i Batak, negritos di origine australoide. Da non perdervi le grotte di Talon, da cui proviene un fossile umano vecchio di 22 mila anni, il fiume sotterrano nel parco nazionale di Puerto Princesa (sito Unesco), il più lungo corso ipogeo navigabile del mondo (4,5 km su 8) tra saloni e gallerie adornate da concrezioni alabastrine, e infine lo straordinario arcipelago di Bacuit, insieme di baie delimitate da falesie verticali, faraglioni e pinnacoli di roccia vulcanica affacciate su deserte spiagge coralline lambite da lagune azzurro-turchese e verde smeraldo, a loro volta circondate da un mare cristallino ove immergersi alla scoperta di strabilianti giardini di corallo.
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