Testo di Luisa Chiumenti
In collaborazione con Skal International: “Rural Tour. Agricoltura e turismo: i motori della ripresa”.
La scelta di Tarquinia, patrimonio Unesco per le tombe dipinte, quale sede del Forum, come ha sottolineato l’Assessore al Turismo, è stata un’occasione privilegiata per realizzare una sorta di “vetrina” delle più interessanti peculiarità che una attenta valorizzazione del territorio è in grado di offrire al “turista”, al “viaggiatore” o in unica parola scaturita dal dibattito, coordinato dal Giornalista Rai Osvaldo Bevilacqua l’”Ospite”. E uno dei temi di maggiore importanza è quello legato alla ricettività di un ambiente e nessun territorio come quello di Tarquinia presenta, su 10.000 abitanti, un numero così elevato di Agriturismi di ottimo livello qualitativo.
Quello che oggi può offrire l’ambiente in tutta la sua complessa e articolata potenzialità è stato pertanto messo molto bene in luce dalle parole del dottor Alessandro Antonelli, Presidente della Università Agraria di Tarquinia, un Ente pubblico riconosciuto come personalità giuridica fino dal 1894, creato proprio “per riunire tutte quelle associazioni istituite precedentemente per la comunità, per la coltivazione ed il godimento collettivo dei fondi”. E’ da sottolineare come tali associazioni si possano addirittura considerare derivate da quelle che, nel tardo medioevo erano rappresentate dalle Arti e dalle Corporazioni (dall’ Arte degli Ortolani, a quella dei Lavoratori del frumento, citata nelle “ Riformanze della metà del ‘400”), strettamente legate alla realtà economica e sociale del territorio, per la quale l’agricoltura era la principale risorsa. La documentazione archivistica, conservata sia presso l’archivio Storico Comunale che presso la sede dell’Ente, a iniziare dal XVI secolo, ricostruisce molto chiaramente le vicende legate alla storia amministrativa, economica e sociale dell’Arte degli Agricoltori. L’Università Agraria (Ente forse anacronistico rispetto ad altri Enti pubblici) evidenzia, con il suo operato, come appunto si debba contare non sulla eccellenza, ma su tante valenze concomitanti, orientate alla gestione di un “territorio che appartiene a ciascun cittadino”, quello degli “usi civici”, costituente il 20% dell’intero territorio di Tarquinia, pari a 6.400 ettari “vergini” e portatori di importanti valori di un ambiente “non antropizzato”, in un insieme di vincoli e gravami che oggi non darebbero più alcuna opportunità di tipo produttivo, se non rendendoli più duttili e studiandone una modernizzazione concettuale, attraverso l’esperimento di un agriturismo gestito direttamente, in condivisione, nella eccezionale disponibilità di terreni (di cui molti boscosi), conservati intatti nel tempo, proprio grazie agli “usi civici”.
Si tratta di una terra “ che appartiene ai cittadini in modo indiviso” e che oggi dovrebbe vedere una opportuna svolta nel “rendere dinamico il diritto e scardinarlo dalla logica strettamente agricola”. Ciò viene in effetti raggiunto puntando sul “biologico” e “diversificando” gli allevamenti con gli animali maremmani che vivono “in purezza”, ancora allo stato brado nei boschi, con una forte integrazione tra fauna e flora, accuditi tuttora dai “butteri”, che si dedicano da sempre all’allevamento dei loro cavalli. Così le vecchie strutture delle Aziende originarie sono state rimodernate e, inserite nei boschi, hanno avuto il grande pregio di tutelare il paesaggio, conservando, come “usi civici”, i vincoli paesaggistici, culturali, idrogeologici che, come deterrente, riescono a conservare, ancora “vergine”, quel territorio che “i nostri nonni vedevano dall’alto di Tarquinia”. E la provincia di Viterbo sarà la prima in assoluto ad ottenere la “certificazione ambientale”, con tutte le carte in regola per attrarre un “turista consapevole, ossia un vero e proprio “viaggiatore”. Ed è così che, in un mondo in cui tutto si è velocizzato e globalizzato e il turismo è stato rivoluzionato, l’Italia può mostrare numerose micro-imprese che hanno fatto dell’Agriturismo un modello vincente, ma è comunque necessario, come ha sottolineato la dott.ssa Coccia, un oculato piano di coordinamento.
Se infatti ognuno di noi non può non percepire il profondo cambiamento che sta subendo l’economia attraverso nuove tecniche produttive derivanti anche dall’avvento delle tecnologie digitali, delle energie rinnovabili, della robotica, del riciclo e del riuso delle materie prime, è chiaro che anche lo sviluppo del turismo in una terra come l’Italia, così ricca di un patrimonio culturale e monumentale di grande eccellenza e altamente certificato, debba avere un suo specifico adeguamento e valorizzazione.
Ma come ha sottolineato il dott. Augusto Minei, presidente dello Skal (bell’ acronimo di quattro parole svedesi auguranti Salute, Amicizia, Lunga Vita e Serenita’), è stata proprio tale Associazione internazionale che ha oltre 80 anni di vita (con 23.000 soci e riunisce tutti i rami dell’industria del turismo e dei viaggi e da circa due mesi, è la prima associazione al mondo, avente una rappresentanza in Cina), a far scaturire, nell’ambito del Forum, proposte innovative e molto interessanti.
In particolare il prof. Percario, vice presidente dello Skal e docente di Economia del Turismo ( CST – Centro Studi Superiori sul Turismo e sulla Promozione Turistica di Assisi), ha fatto luce su una possibilità che l’Italia metta a frutto proprio quella sua peculiarità di patrimonio artistico e monumentale eccellente e “diffuso” sul territorio, attivando quelle giuste strategie che siano orientate a integrare le risorse in un’ottica di filiera in cui il turismo trovi connessioni con la cultura e l’ambiente. Ed è anche da considerare che il turista di oggi, divenuto sempre più “consapevole” cerca qualcosa di “diverso” da quello che vede e vive ogni giorno ossia cerca “ritmi di vita più meditati” e “sistemi di relazioni meno frettolose”. Pertanto un modello di sviluppo sostenibile per il turismo è da vedere nella ricerca e nella messa a punto di un miglioramento dell’ambiente nella destinazione prescelta in modo che il viaggiatore contribuisca in certo modo a tale miglioramento con le proprie stesse esigenze e richieste di conoscenza e di appropriazione della tipicità dei luoghi: dal paesaggio agrario, a quello urbanizzato, a quello archeologico e monumentale, cercando di entrare nel vivo delle ascendenze e delle radici storiche. Ed ecco aprirsi l’immagine di una “green vision” o meglio una “green Economy” , come è scaturita dalla proposta fondamentale insita nella corposa e appassionata relazione del prof. Percario, promotore dell’idea di “creare una vera e propria “etichetta Green Italy”, destinata a raccogliere tanti “Green Village” , ciascuno con la propria unicità e specificità, ma sempre orientata verso un approfondimento delle peculiarità e delle radici locali.
Una filosofia di vita sintetizzata nel territorio per far rivivere le realtà sociali con prestazioni oculate nei confronti dell’ospite che vuole vivere un’esperienza: “dalla destinazione all’emozione, con le tre “L” collegate alla tutela del paesaggio: leisure-landscape-learning”.